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1982. CODA, IL CANTO DEL CIGNO

L’ultimo disco di un’avventura straordinaria, il più incompreso

Parte XIV

CODA uscì il 19 novembre ’82, a scioglimento avvenuto, circa due anni dopo la tragica scomparsa di Bonzo. Era il peggiore periodo possibile, ovvero tra la pubblicazione dei primi due dischi solisti di Robert Plant, PICTURES AT ELEVEN e THE PRINCIPLE OF MOMENTS, che contribuirono a confondere e distrarre non poco il pubblico, e nel bel mezzo della campagna denigratoria che denunciò la presenza di messaggi subliminali e satanici nei magnifici solchi analogici di Stairway To Heaven. Nella celebre biografia non autorizzata

Il martello degli dei, Stephen Davis attribuisce l’uscita di queste registrazioni a meri obblighi contrattuali nei confronti dell’Atlantic Records. Jimmy Page inizialmente sostenne che la spinta più grande era provenuta dall’eccessiva diffusione di bootleg con materiale in studio degli Zeppelin per poi, più di recente, confessare: “…È stato in assoluto il nostro album più difficile da assemblare. Non per pagarci le tasse, come ha scritto qualcuno, ma per onorare un contratto. Dovemmo usare degli outtake perché non avevamo altro”. E ancora: “Volevo che fosse una celebrazione del gruppo in tutta la sua stravaganza e immediatezza”.

Il suo lavoro di ricerca fu in ogni caso immane, anche se poi in scaletta finirono solo otto tracce, di pregevole fattura compositiva sebbene per buona parte prive di quella carica incendiaria che ha portato la band a vendere trecento milioni di dischi.

La prima, We’re Gonna Groove, secondo le note di copertina venne catturata ai Morgan Studios di Londra nel giugno del ’69, anche se in seguito venne indicata come proveniente non dalle epiche sessioni di LED ZEPPELIN II ma da un concerto alla Royal Albert Hall del 9 gennaio ’70, al pari di I Can’t Quit You Baby. Nel primo caso, si trattava di un blues di Ben E. King e James Bethea (in origine intitolato Groovin’), spesso utilizzato in apertura di concerto e rivitalizzato dal genio chitarristico di Page.

Il secondo, un pezzo nero come la pece scritto da Willie Dixon e registrato da Otis Rush nel ’56, aveva fatto la sua comparsa sullo storico esordio del Dirigibile. In entrambe le versioni, il pubblico in sala venne cancellato in fase di mixaggio. Poor Tom fu incisa agli Olympic Studios di Barnes al termine delle sessioni di LED ZEPPELIN III mentre il boogie Walter’s Walk è datato maggio ’72, quando a Stargroves venne registrato HOUSES OF THE HOLY, grazie allo studio mobile dei Rolling Stones con Ed Kramer come ingegnere del suono. Si sussurra che la voce di Plant sia stata sovraincisa così come le chitarre degli estratti della Royal Albert Hall e ancora vari effetti elettronici, harmonizer e timpani, da una live version di Moby Dick, di Bonzo’s Montreux, registrata da Bonham ai Mountain Studios nel settembre ’76. Un piccolo capolavoro che non è mai stato suonato dal vivo e uno dei pochi pezzi in cui è possibile sentire stridere il pedale della grancassa, come in Since I’ve Been Loving You o The Ocean. La seconda facciata di CODA è aperta dal rock’n’roll di Ozone Baby, uno scarto di PRESENCE, con Darlene, un doo-wop anni 50 sorretto dal piano di Jones e dall’interpretazione vocale di Plant, e Wearing And Tearing, la risposta al punk dilagante nel Regno Unito, a completare la release. Curioso come la stampa e il pubblico si siano quasi completamente divisi su questi ultimi tre titoli. Alcuni li considerano una versione futuristica degli Zeppelin che il destino ci ha tolto, altri poco più che b-sides di scarso valore.

Le vendite non andarono male eppure il «New York Times» scrisse testualmente: “Una tempestiva risposta alle preghiere dei negozianti, dei discografici atterriti dal continuo calo di vendite e degli adolescenti bianchi americani. Non c’era bisogno che fosse particolarmente buono per essere semplicemente quel che il dottore aveva ordinato; e non lo è”. Fatto sta che la Atlantic Records ha sempre inserito il postumo CODA nella discografia ufficiale in studio della band – non considerandola una raccolta, come per esempio ODDS AND SODS degli Who o BASEMENT TAPES di Bob Dylan – e che Page ha saputo elevare esponenzialmente il valore dell’album al momento di farlo rimasterizzare da George Marino e immetterlo di nuovo sul mercato in edizione limitata.

CODA DELUXE

CODA racchiude canzoni che abbracciano quasi tutta la carriera della band, tranne i “middle years” perché il materiale inedito dell’epoca venne incluso in PHYSICAL GRAFFITI, e il “companion audio” appare decisamente più corposo rispetto agli extra di PRESENCE e IN THROUGH THE OUT DOOR, ristampati in contemporanea. Trattasi di due dischetti contenenti nel complesso quindici tracce, tra cui tre delle quattro bonus apparse nel ’93 nella versione Cd di THE COMPLETE STUDIO RECORDINGS: Baby Come On Home, un pezzo soul del ’68 scritto in onore di Bert Berns quando ancora i nastri erano firmati New Yardbirds, Traveling Riverside Blues, direttamente dagli studi della BBC, e Hey Hey What Can I Do, edita nel ’70 come lato B di Immigrant Song. In scaletta si sprecano poi “rough mix”, interessanti più che altro quelli di If It Keeps On Raining (cut primordiale di When The Levee Breaks con testo differente) e Bring It On Home, e alternate version (come Desire che riprende The Wanton Song con Jones al Clavinet). Ma le vere gemme sono Four Sticks e Friends, registrate con l’Orchestra Sinfonica di Bombay da Plant e un ispiratissimo Page: “Sapevo che sarebbe stato stimolante recarci negli studi della EMI a Bombay e suonare strumenti come tabla, sarangi e mridangam. In quel periodo sarebbe stato inappropriato utilizzare quelle tracce per i Led Zeppelin. Era il ’72 e stavamo preparando il quarto album. HOUSES OF THE HOLY non era ancora uscito allora”. Da non perdere la blues jam Sugar Mama, sempre del ’68, e St. Tristan’s Sword, uno strumentale tendente al funky, in grado di esaltare le qualità tecniche di Page e Jones.

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