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Back Zeppelin. Con un solo limite: non si è mai concretizzata

È una delle reunion più attese, sognate e favoleggiate della storia del rock. Con un solo limite: non si è mai realmente concretizzata

Parte XVI

Nel 2014 si è stati davvero vicini all’impresa di vedere i tre martelli degli dei di nuovo insieme per un tour celebrativo di 14 date, ma quando tutto sembra possibile, Robert Plant fa retromarcia (rifiutando 800 milioni di dollari, si racconta), perché “i ritorni li fanno quelli annoiati, io non lo sono”. È proprio il cantante l’anello debole, o quello forte, a seconda dei punti di vista, quello cioè che frena il ritorno sulle scene dei Led Zeppelin. Basti pensare che pur di non spegnere l’entusiasmo di Jimmy Page, il più intenzionato a tornare on the road, Plant autorizza l’amico a ingaggiare un nuovo cantante e di utilizzare senza problemi il nome Led Zeppelin.

In quei mesi circola il nome di Steven Tyler, in rotta con gli Aerosmith, poi prende consistenza l’ipotesi Myles Kennedy: poi tutto sfuma, anche perché il frontman degli Alter Bridge seduce Slash, che lo ingaggia nella sua band. Con Kennedy c’erano stati discorsi ben avviati e persino qualche prova informale, ma non se ne fa nulla, senza una ragione precisa. Il cantante confessa di averci sperato, ma di non aver più sentito nessuno.

Curiosamente, Page non ha invece mai preso in considerazione Chris Robinson, con cui aveva riletto il repertorio dei Led Zeppelin, agganciandosi ai suoi Black Crowes, per due memorabili concerti in Grecia dell’ottobre 1999, documentati sull’album LIVE AT THE GREEK.

Siamo partiti dalla fine, ma ora riprendiamo il filo cronologico originale e scopriamo cosa è successo dopo quel 4 dicembre del 1980, quando i Led Zeppelin diramano il comunicato del loro scioglimento. In termini di carriere soliste, quella di Robert Plant si rivelerà la più continua, mentre Jimmy Page e John Paul Jones, sembrano ormai vivere d’incertezze. Dubbi che minano anche i rari ritorni sul palco, spesso celebrativi e per beneficenza, del dirigibile.

Il primo risale al 13 luglio 1985, quando in diretta mondiale decine di artisti famosi e famosissimi si esibiscono al Live Aid, il festival organizzato in più città quasi contemporaneamente da Bob Geldof (cantante dei Boomtown Rats e, tre anni prima, protagonista di The Wall, il film di Alan Parker ispirato al disco omonimo dei Pink Floyd), con lo scopo di raccogliere fondi per contrastare la carestia in Etiopia.

Naturalmente i Led Zeppelin sono tra i più attesi e, nonostante i cinque anni di assenza, il cambio di gusti del pubblico con l’avvento del synth pop, il loro nome è ancora leggendario. Accompagnati alla batteria da Phil Collins (e da Tony Thompson degli Chic), che compie un volo transoceanico per esibirsi sia con i suoi Genesis a Londra che con i Led Zeppelin a Philadelphia, nei venti minuti della loro esibizione (Rock And Roll, Whole Lotta Love e Stairway To Heaven) i tre superstiti appaiono sfilacciati e un po’ impacciati nei loro abiti di scena, così brutalmente anni 80 da cancellare quasi il ricordo degli adoni che furono.

È proprio Collins a demolire quel concerto: “Credevo fosse una cosa di basso profilo e invece si trattò di una vera reunion. Mi sentivo fuori posto e Tony Thompson non fu d’aiuto. Robert non si sentiva bene con la voce, mentre Jimmy era fuori. Insomma, fu una vera cagata”. Strano che nessuno gli abbia mai detto che nei Led Zeppelin nulla è di basso profilo.

Il 14 maggio 1988, il gruppo torna su un palco per celebrare i 40 anni dell’Atlantic Records, l’etichetta che lo ha lanciato, questa volta con il più affidabile Jason Bonham, figlio di John, alla batteria. Il concerto si tiene al Madison Square Garden di New York, luogo di tante fortune per i Led Zeppelin. E stavolta i tre eroi appaiono più solidi e sicuri (Plant si esibisce anche a metà pomeriggio, come solista) e chiudono l’evento suonando in bello stile Kashmir, Heartbreaker, Whole Lotta Love, Misty Mountain Hop e l’inevitabile Stairway To Heaven.

Poi nel 1990, in occasione del matrimonio di Jason Bonham, il gruppo si riunisce privatamente per un breve concerto, sembra non documentato. Cinque anni dopo, in dicembre, i Led Zeppelin vengono finalmente inseriti nella “Rock And Roll Hall Of Fame”. E così, dopo la sentita presentazione di Joe Perry e Steven Tyler degli Aerosmith, il gruppo si prende il palco del Grand Ballroom Waldford Astoria Hotel di New York per eseguire le meno prevedibili Bring It On Home (con Perry e Tyler), Long Distance Call Blues, Baby Please Don’t Go e, per chiudere, una When The Levee Breaks abbinata a For What It’s Worth. Resta da citare il ritorno in grande stile del 10 dicembre 2007 all’O2 Arena di Londra, un evento che ha fatto registrare una richiesta record (un milione di biglietti) per soli ventimila posti a sedere.

Complici, le nuove tecnologie, la produzione gigantesca, tra luci e impianto audio di altissimo livello, il tutto è stato preparato nei minimi dettagli, con tanto di date di uscita del film al cinema e di relativi Cd, Dvd e cofanetti vari, pochi giorni dopo il concerto. La band, sempre con la sicurezza Jason Bonham seduto alla batteria, si è presentata preparata, motivata e pronta a dare un’immagine degna del mito che si è creato in questi decenni di assenza discografica.

Il risultato è racchiuso in CELEBRATION DAY: sedici canzoni in tutto, la sintesi di una storia leggendaria che, almeno per chi scrive, sarebbe giusto chiudere qui.

Continua

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