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BASTA! OGGI NON SOPPORTO PIÙ NESSUNO

Il pianto di un neonato, un antifurto che suona, un vicino di treno che parla al telefono ad alta voce: in certi momenti alcuni comportamenti di chi ci sta intorno ci innervosiscono più di altri. Gli scienziati ci spiegano perché a volte siamo più “sensibili”

Bill Foster è un uomo distrutto: ha perso il lavoro ed è stato lasciato dalla moglie. Un giorno si trova imbottigliato nel traffico. Il nervosismo cresce. In un minimarket gestito da un coreano la rabbia esplode quando il proprietario si rifiuta di cambiargli delle monete: in poco Bill distrugge il negozio insultando il coreano perché non parla bene la lingua.

Le prime scene del film

Un giorno di ordinaria follia, di Joel Schumacher, con Michael Douglas, sono restate nella memoria di tutti. Del resto a chi non è mai capitato d’innervosirsi, o di esplodere in un accesso d’ira, sottoposto a situazioni di stress insignificanti, come un bambino che non smette di piangere o un vicino di posto, in treno, che parla al telefono ad alta voce?

Serve a evolvere

«Arrabbiarsi quando le circostanze lo giustificano è non solo umano, ma sostanzialmente adattivo», spiega Charles Spielberger, professore emerito alla Università della Florida del Sud (Usa). In altre parole, la rabbia è un sentimento naturale che permette all’uomo di autodifendersi e quindi di evolvere. «Le sue cause tipiche sono la presenza di un ostacolo al soddisfacimento di un desiderio e l’imposizione di un danno fisico o psicologico», precisa Valentina D’Urso, docente di Psicologia generale all’Università di Padova. Talvolta però può essere sproporzionata allo stimolo.

Sopportiamo meno

«In situazioni di elevato stress il nostro livello di sopportazione degli stimoli disturbanti tende ad abbassarsi», spiega Giampaolo Perna, psichiatra del Centro europeo per i disturbi d’ansia ed emotivi di Milano. «In condizioni di fatica psicofisica chi ha un temperamento più irritabile vede ridursi la capacità di controllo che ha sede nella corteccia cerebrale, l’area maggiormente sottoposta alle regole sociali, e l’istinto ha il sopravvento». Così ci basta un rumore improvviso o la risposta scortese di un collega e “scattiamo” come serpenti in assetto di difesa.

Il pianto ripetitivo e il cervello

Perché alcuni comportamenti di chi ci sta intorno ci innervosiscono più di altri? Due le spiegazioni. «Il motore di un’auto che resta acceso a lungo sotto la nostra finestra, le grida di un bambino, una luce intermittente o un raggio di sole che ci infastidisce alla guida sono stimoli mal tollerati perché ripetitivi e costanti», aggiunge Perna. «In quanto ritmici e insistenti, hanno maggiore presa sul sistema nervoso centrale». Stimolazioni di questo tipo hanno, infatti, la capacità di spingere il nostro cervello a reazioni forti, negative come in questi casi ma talvolta anche positive: lo dimostrano le ninne nanne o i mantra, la cui ripetitività genera rilassamento. «Ovviamente gioca anche l’esperienza personale: se abbiamo avuto un bambino che ci ha tenuti svegli per anni con i suoi pianti, le grida di un neonato risveglieranno in noi a lungo sensazioni sgradevoli», prosegue lo psichiatra.

Il significato simbolico

Le cose che ci fanno irritare hanno però anche un significato simbolico. Probabilmente anche per Bill Foster è così. Non a caso infatti questo americano medio, oppresso da uno stato ingiusto, sfoga il suo primo accesso d’ira su un coreano che accusa di rubargli i soldi senza nemmeno il riguardo di imparare l’inglese. «Molto spesso il motivo della rabbia è banale ed è solo il pretesto che fa esplodere mille contraddizioni e tensioni sociali», spiegano Rosario Sorrentino e Cinzia Tani in Rabbia. L’emozione che non sappiamo controllare (Mondadori). La rabbia ingiustificata è quindi sintomo che il problema non è in chi ci provoca, ma in noi: «In casi del genere il senso di frustrazione e di impotenza può portare a cercare dei pretesti che consentano di esprimere la rabbia e forniscano una giustificazione apparente», spiega Anna Oliverio Ferraris, docente di Psicologia dello sviluppo all’Università La Sapienza di Roma. Così, per esempio, non è strano osservare anziani esprimere disappunto davanti all’irruenza dei giovani: forse, oltre a una minore soglia di sopportazione tipica dell’età avanzata, si nasconde in loro la frustrazione del tempo che passa lasciando disillusioni e risentimento. «Il più delle volte dietro la rabbia c’è la sensazione di non essere sufficientemente apprezzati o rispettati, di vedere sminuite o non riconosciute le proprie capacità», spiegano Sorrentino e Tani. Un meccanismo evidente negli anziani che si percepiscono socialmente isolati, ma talvolta anche nei giovani sul posto di lavoro. In ufficio anche i soprusi, piccoli e grandi, possono alimentare il nostro nervosismo che nasce dall’impossibilità di esprimere rabbia nei confronti dei superiori. È, infatti, la frustrazione a far montare la rabbia: «Come nel caso del pianto di un bambino: a un adulto possiamo dire di smettere, a un bambino no. E così ci sentiamo impotenti», spiega Perna. Ancora peggio succede ai timidi che, timorosi di far valere le proprie ragioni, stanno zitti e maturano rancore: «Se la rabbia costruttiva ci spinge a lottare per far valere le nostre ragioni, la rabbia trattenuta dei timidi diventa rancore: questa non risolve nulla ma anzi aumenta l’irritabilità», prosegue lo psichiatra. «Se la prima attiva la parte sinistra del cervello, legata alle emozioni positive, la rabbia rancorosa ha sede nell’emisfero destro, coinvolto nelle emozioni negative». In altre parole sono i miti che, incassando giorno dopo giorno, arrivano a esplodere. Con conseguenze talvolta tragiche.

Una spia d’allarme

Questa irritabilità però ha un vantaggio: ci aiuta a capire cosa non va in noi. Uno studio su 131 soggetti presentato a dicembre da Sonya Deschênes, sotto la supervisione dello psicologo Michel Dugas della Concordia University (Usa), ha dimostrato che la rabbia è componente e causa di molti disturbi nevrotici: il nervosismo non espresso sembra, infatti, capace di favorire l’insorgenza di stati d’ansia e depressione. «Così», conclude Perna, «l’intolleranza verso gli altri e verso il mondo può essere per il terapeuta una porta d’accesso ai nostri problemi più profondi».


I 3 tipi di rabbia

Esistono tre tipi di modi di “perdere le staffe”. Le ha catalogate lo psicologo dell’Università del Massachusetts (Usa) James Averill che, nel 1982, pubblicò uno studio fondamentale nell’ambito delle ricerche sull’ira. Ciascun tipo di ira assolve a funzioni diverse.

1. La rabbia malevola:
ha lo scopo di rompere o peggiorare i rapporti con l’altra persona, di vendicarsi per un torto subìto e di esprimere disapprovazione.

2. La rabbia costruttiva:
tende a modificare il comportamento altrui, a rendere più stretta la relazione con la persona con cui ci si arrabbia, a imporre la propria libertà e indipendenza, a ottenere che gli altri facciano qualcosa di utile a se stessi.

3. La rabbia esplosiva:
serve solo a dare sfogo alla tensione e a manifestare aggressività, con la possibile funzione aggiuntiva di rompere il rapporto.


I rumori più irritanti

I nervi scattano spesso in città. La prima causa è l’inquinamento acustico.

1. Motorini con marmitte “truccate” (32 per cento)
2. Clacson nelle ore di punta (17 per cento)
3. Sirene di antifurti durante la notte (16 per cento)
4. Traffico stradale intenso (15 per cento)
5. Moto di grossa cilindrata (12 per cento)

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