
CATTIVI SI NASCE?
Lo ipotizzano alcuni recenti studi, secondo i quali alcuni disturbi del comportamento e della personalità sono collegati a particolari geni, ereditati dai genitori. Ma gli scienziati avvertono che su ciascuno di noi influiscono anche l’ambiente e i fattori di rischio (fumo, alcol, droga, inquinamento) ai quali sono state esposte le nostre madri in gravidanza
Parte Seconda
Quasi ogni giorno gli scienziati individuano geni specifici associati a comportamenti umani e a componenti della personalità.
Queste notizie colpiscono l’attenzione soprattutto se riguardano il gene di una psicosi o di un disturbo della personalità e del comportamento: l’essere umano, per sua natura, è morbosamente attratto dal male e sapere che le ragioni di comportamenti sbagliati e violenti o della tendenza a delinquere sono scritte nel DNA potrebbe costituire un comodo alibi per alleggerirsi la coscienza.
Un gene non basta
Ma le cose non stanno proprio così, come spiega Valter Tucci, psicologo, genetista, direttore del laboratorio di genetica ed epigenetica del comportamento all’Istituto italiano di tecnologia di Genova e autore di I geni del male (Longanesi, 2019): «Un gene non è sufficiente a spiegarci lo spettro di variazione di certi comportamenti».
Le varianti genetiche responsabili di un tratto complesso della personalità o del comportamento sono moltissime e sono sparse ovunque nel genoma, cioè nell’insieme del nostro patrimonio genetico. «Ecco perché, per comprendere la struttura genetica di un certo tipo di comportamento, non dobbiamo aspettarci che il nostro bersaglio sia un solo gene e nemmeno cento, bensì l’intero genoma», sottolinea Tucci.
Il DNA è plastico
Oggi i genetisti lavorano molto con l’epigenetica, cioè con il ramo della biologia molecolare che studia alcuni meccanismi di regolazione del nostro DNA. Siamo abituati a pensare al DNA come a una struttura statica che reca al suo interno le informazioni genetiche provenienti dal padre e dalla madre. Ma, al contrario, il DNA è molto plastico e capace di adattarsi in funzione di diversi fattori, per esempio ambientali, che provocano, di volta in volta, attraverso meccanismi epigenetici, l’“accensione” o lo “spegnimento” dei geni. Oltretutto si è capito che i cambiamenti dovuti ai meccanismi epigenetici (come per esempio i meccanismi di differenziazione cellulari) sono ereditabili, cioè si possono trasmettere da una generazione all’altra. «I meccanismi epigenetici sono una strada promettente per capire come la personalità di un individuo si sviluppi e come la biologia dei nostri comportamenti dipenda dall’interazione tra geni e ambiente», afferma l’esperto.
Fattori di rischio nell’infanzia
Se durante l’infanzia un bambino è esposto ad alcuni fattori di rischio, ha più probabilità di sviluppare comportamenti criminali nell’adolescenza e nell’età adulta. «Alcune complicazioni alla nascita, come carenze di ossigeno, oppure la mancanza di contatto con la madre, possono essere connesse con comportamenti violenti e antisociali mostrati dall’individuo nel corso della vita», osserva Tucci.
Lo stress prima della nascita
Numerosi studi condotti su donne fumatrici in gravidanza hanno indagato anche gli effetti del fumo di sigaretta sul feto. La nicotina, infatti, passa attraverso la placenta e ha notevoli ricadute sul cervello fetale. «Uno studio ha messo in rilievo che adolescenti esposti a fumo prenatale presentavano riduzioni nel volume dell’amigdala (una parte del cervello che gestisce le emozioni e soprattutto la paura) e in altre strutture, inclusa la corteccia», fa notare lo scienziato e aggiunge: «Si è visto che DAT1, uno dei geni legati alla dopamina, che è un neurotrasmettitore (sostanza che veicola le informazioni tra i neuroni), interagisce con gli effetti del fumo in gravidanza. Questa interazione è stata associata con un aumento delle aggressioni, della disubbidienza alle regole e della tendenza a mentire». Simili effetti si ritrovano anche in bambini nati da donne che in gravidanza hanno fatto uso di alcol e droghe. Inoltre: «Un’analisi condotta su cordone ombelicale, placenta e sangue materno ha evidenziato che i forti traumi psicologici subiti dalla madre in gravidanza comportano, sul nascituro, delle alterazioni del funzionamento di geni chiave nella gestione dello stress».
Effetti dell’inquinamento
Ma sotto la lente c’è anche l’inquinamento. «Da alcuni studi è emerso che donne esposte ad alti livelli di eteri bifenili polibromurati, una comune miscela di sostanze chimiche usata per rendere ignifughi prodotti plastici e apparecchiature, avevano un rischio maggiore di avere figli con comportamenti violenti e riduzione del quoziente intellettivo, oltre ad altri segni tangibili di riduzione del neurosviluppo», continua Tucci. In altre ricerche, comportamenti aggressivi e delinquenziali sono stati associati all’esposizione della madre in gravidanza ad alti livelli di ossido di zolfo, un prodotto inquinante comune in molte città. Il problema, sottolinea Tucci, è che tutti questi prodotti passano attraverso la placenta e provocano infiammazioni del cervello, stress ossidativo e infine danni cerebrali.
L’ora della cattiveria
Nei pazienti con malattia di Alzheimer o altre forme di demenza si manifesta spesso la cosiddetta “sindrome del tramonto”: un improvviso peggioramento di stato confusionale, agitazione e aggressività alla fine della giornata. I ritmi circadiani del nostro organismo (dal latino circa diem, intorno al giorno) scandiscono – grazie all’alternanza giorno-notte – la secrezione di ormoni e di altre sostanze biologiche, le variazioni di temperatura e di parametri del sistema circolatorio. Questi ritmi sono regolati da un “orologio biologico” presente in ogni cellula del nostro organismo. «L’orologio possiede un gruppo di geni, chiamati “geni clock”, che cambiano espressione, interagiscono e si autoregolano nell’arco delle 24 ore e a ogni ciclo ripetono le medesime oscillazioni», spiega il genetista. «I ritmi circadiani, preposti al ritmo sonno-veglia, regolano anche l’aggressività, influendo sui processi di degradazione di alcune sostanze che sono alterate in diversi disturbi del comportamento».
Il cambiamento dei ritmi circadiani può influenzare sia lo stato fisiologico di una persona sia i suoi comportamenti. Alcuni studi hanno dimostrato che i lavoratori notturni sono più a rischio di stress e le statistiche indicano che la maggior parte dei conflitti personali e professionali sul luogo di lavoro si verifica durante i turni di notte. Al centro del nostro cervello c’è una zona molto piccola chiamata nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo. «Qui si trovano circa diecimila neuroni che ricevono messaggi direttamente dalla retina e quindi sono informati della quantità di luce presente all’esterno. Questi neuroni comunicano con molte aree del cervello tra cui due zone dell’ipotalamo (zona subparaventricolare e nucleo dorsomediale), con le quali si scambiano informazioni importanti per il ritmo sonno-veglia, per le attività motorie, per i comportamenti alimentari e per quelli legati alle reazioni emotive, come l’aggressività. Ecco perché alcuni studi hanno dimostrato che le risposte aggressive avvengono più spesso in alcuni momenti della giornata», conclude Valter Tucci.
Molti comportamenti di attacco verso i nostri simili sono però generati da un’altra area dell’ipotalamo chiamata nucleo ventromediale e dipendono da alcune proteine che si legano agli estrogeni (ormoni femminili) prodotte da un gene chiamato Esr1. Le ricerche stanno evidenziando sempre più l’importanza delle interazioni tra geni e ormoni nella regolazione dei nostri comportamenti.