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CHE FINE HANNO FATTO AIDS, MUCCA PAZZA, INFLUENZA, AVIARIA…?

Aids, mucca pazza, aviaria e suina. Tivù e giornali ci hanno bombardato per anni. Poi più nulla. Sono state debellate o bisogna ancora averne paura?

Suina, aviaria, Aids, mucca pazza: per anni, i mass media non hanno parlato d’altro. Ci hanno bombardato di notizie, pronostici, commenti di medici. Ci hanno spaventato e poi il silenzio. Che fine hanno fatto queste malattie? Sono sotto controllo o dobbiamo ancora averne paura?

Aids: pochi casi in Italia

Partiamo dall’Aids, la Sindrome da immunodeficienza acquisita provocata dal virus Hiv ed esplosa agli inizi degli anni 80 quando negli Stati Uniti si registrano i primi casi tra gli omosessuali maschi e i tossicodipendenti. Il virus, purtroppo, non è affatto sconfitto: ogni giorno nel nostro Paese si registrano nuovi casi; ogni anno sonno migliai italiani contraggono l’Hiv, il 90 per cento per via sessuale. E non solo tra gli omosessuali: la metà dei contagi è dovuta a rapporti eterosessuali e solo il 25 per cento a incontri gay maschili. In 30 anni il virus dell’Hiv ha contagiato oltre 60 milioni di persone nel mondo, quanto l’intera popolazione dell’Italia, e ne ha uccise la metà. E se oggi è ritornato alla ribalta è soprattutto grazie al recente caso della bimba americana nata da madre sieropositiva e guarita grazie a una terapia d’urto: dosaggi massicci di farmaci antiretrovirali fin dalla nascita. La dottoressa Hannah Gay dell’University of Mississippi Medical Center, negli Usa, non ha più riscontrato nel sangue della piccola tracce significative del virus. L’Hiv è tenace perché mutevole e capace di nascondersi nell’organismo restando inattivo anche per anni dopo il contagio. Per questo non abbiamo ancora prodotto un vaccino. L’Hiv si annida in particolari “nascondigli”, le cellule della memoria centrale del sistema immunitario. Gli antiretrovirali hanno fatto effetto sulla bambina perché il sistema immunitario di un neonato non è ancora sviluppato e non ha un numero significativo di cellule della memoria. In pratica, la terapia ha colpito il virus prima che potesse ripararsi nei suoi nascondigli. Il caso della bimba del Mississippi conferma che la strada da battere per annientare l’Aids potrebbe essere quella di stanarlo dai suoi nascondigli. Obiettivo che gli stessi proffessionisti cercano di raggiungere mettendo a punto un farmaco capace di riattivare il virus nascosto nei depositi per poi “allenare” le difese del corpo a combatterlo. Un risultato che risolverebbe la dipendenza dai farmaci a cui sono sottoposti i sieropositivi: il cocktail di farmaci antiretrovirali chiamato Haart, se assunto sin dalle fasi iniziali, quando il virus non ha del tutto danneggiato il sistema immunitario, è efficace nel 90 per cento dei casi ed è in grado di prolungare la fase priva di sintomi dell’infezione sino alla vecchiaia. Un traguardo importante, ma non sufficiente se si considera che, per via degli elevati costi economici, l’Haart rimane inaccessibile nei Paesi dove la diffusione del virus è maggiore. In Africa nel 2010 è morto oltre il 70 per cento dei malati di Aids e ogni anno nel mondo, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), vi sono 1,7 milioni di decessi, praticamente quasi quanto l’intera popolazione della Sardegna. La trasmissione tra tossicodipendenti, che agli inizi dell’epidemia era la più frequente per via dello scambio di siringhe infette, oggi con la diffusione delle nuove droghe da sniffare e deglutire si è notevolmente ridotta e nel nostro Paese ha un’incidenza pari al 10 per cento. L’Oms stima che in tutto il mondo ci siano quasi 30 milioni di persone affette da Hiv e che, solo in un anno, ben 2,5 milioni di persone incontranno il virus.

Aviaria e suina: si, casi ci sono , ma ci sono pochi, in Oriente

Che fine hanno fatto le in”uenze mortali trasmesse all’uomo dai polli e dai maiali? Nell’aprile del 2009 la Suina provocò un’epidemia che dal Messico si diffuse a macchia d’olio SESSO In Italia il 50 per cento dei casi di contagio da Hiv è dovuto a rapporti eterosessuali, mentre il 25 per cento a rapporti gay maschili. negli Stati Uniti e poi nel resto del mondo contagiando, secondo l’Oms, almeno 482.300 persone. Partito da Hong Kong nel 1997, invece, il virus dell’in”uenza aviaria H5N1 si diffuse nel Sudest asiatico (2003), in Russia (2004), in Turchia e in Europa, provocando molta paura ma, tutto sommato, un numero contenuto di morti (meno di 200), soprattutto tra coloro che avevano un sistema immunitario compromesso. Piu tardi, un nuovo virus di aviaria con decine di nuovi contagi e decessi ha fatto tremare la Cina. Aviaria e suina sono provocate da virus influenzali di tipo A. Si tratta di virus che presentano una forte instabilità e che quindi possono facilmente trasformarsi, riuscendo a contagiare più specie. Virus influenzali di tipo A sono molto frequenti nei maiali, che funzionano da incubatori in cui il virus riesce a ricombinarsi, a trasformarsi a livello genetico, sviluppando varianti capaci di aggredire altre specie, tra cui anche l’uomo. Nel caso dell’epidemia suina del 2009, il virus H1N1 riuscì a trasmettersi dal maiale all’uomo per vicinanza diretta, ma poi per la sua forte capacità di adattamento divenne trasmissibile anche da persona a persona attraverso gocce di saliva (starnuti, tosse), ma anche portando il virus alla bocca dopo aver toccato oggetti contaminati (maniglie, telefoni, corrimano…). Ecco perché si raccomandava attenzione all’igiene e negli aeroporti di tutto il mondo si utilizzavano distributori automatici di disinfettanti per le mani. Dovremmo mantenere la stessa attenzione anche per prevenire la diffusione dei virus dell’aviaria che dagli uccelli possono trasmettersi all’uomo. Per fortuna, nell’epidemia che sta colpendo oggi la Cina, causata dal virus H7N9, il contagio finora non è mai avvenuto da persona a persona, ma attraverso il contatto diretto con l’animale malato, soprattutto con le feci o con l’ingestione di carni o uova contaminate crude o poco cotte.

Mucca pazza: si, esiste ancora ma quasi trascurabile

Il contagio per ingestione di carne infetta rievoca un altro spettro: quello del morbo della mucca pazza, divenuto famoso nel 1986 quando in Inghilterra si registrò in un capo da allevamento il primo dei 190mila casi accertati di encefalopatia spongiforme bovina. Fu confermato che la causa di questa forma di degenerazione neurologica irreversibile era riconducibile alle farine fatte con carcasse di animali (mucche comprese) e impiegate nei mangimi dei bovini. Ragione che, anni dopo, spinse l’Europa a bandire tale pratica e che portò l’Italia a vietare per un periodo la vendita della pregiata costata alla fiorentina, in quanto parte di bovino che interessa la colonna vertebrale. A provocare il morbo della mucca pazza però non è un virus, bensì un prione, una proteina patogena (che aggredisce l’organismo) capace di colpire i centri nervosi dell’animale. Secondo Stanley Prusiner, premio Nobel nel 1997 per le sue ricerche sui prioni, esistono legami tra l’encefalopatia spongiforme bovina e il morbo di Cruetzfeldt-Jakob che colpisce l’uomo, che negli anni 90 ha causato la morte di 225 persone.


Lavarsi le mani riduce del 25 per cento le infezione alle vie respiratorie

Diverse ricerche hanno dimostrato che le mani pulite sono un’importante misura di prevenzione contro infezioni gastrointestinali, respiratorie e cutanee. È una semplice pratica igienica, ma non del tutto scontata. Negli ospedali, ad esempio, ogni anno in Europa oltre quattro milioni di persone contraggono un’infezione spesso a causa della poca igiene del personale sanitario. Eppure basterebbe sfregare le mani con il sapone (meglio se liquido) e risciacquarle sotto l’acqua per almeno una quarantina di secondi, soprattutto prima e dopo l’essere andati in bagno. È stato stimato che se lavate e asciugate bene, le mani pulite possono ridurre del 40 per cento i rischi di diarrea e del 25 per cento quelli di infezioni alle vie respiratorie. Inoltre, ridurrebbero del 40 per cento le assenze scolastiche.

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