
CHI È PIÙ INTELLIGENTE FA MENO SESSO
Lo sostiene la scienza: chi ha passato anni sui libri ha avuto meno rapporti di un coetaneo non laureato. Perché la coppia funzioni, però, è indispensabile essere dotati di “intelligenza sessuale”: in queste pagine ti spieghiamo come misurarla
Prima Parte
Nella sua autobiografia del 2008, l’allora ventiseienne attaccante dell’Milan, Inter e Real Madrid Antonio Cassano raccontava: «In undici anni ho avuto solo quattro fidanzate, ma in compenso ho avuto qualche altra avventura. Diciamo tra 600 e 700 donne». Numeri decisamente fuori media: secondo la più importante indagine mai realizzata in Italia sul comportamento sessuale di nostri connazionali, quella di Marzio Barbagli, Gianpiero Dalla Zuanna e Franco Garelli i cui risultati sono raccolti nel volume La sessualità degli italiani (Il Mulino), nel 2007 il 26 per cento dei coetanei del campione barese aveva avuto fino a quel momento tra le due e le tre partner sessuali, un 21 per cento tra le quattro e le cinque e solo il 12 più di 21.
Gli intelligenti lo fanno poco
Non piacerà a Cassano conoscere il rovescio della medaglia della sua energia amatoria. Già quattro anni prima della pubblicazione dello studio italiano, infatti, una ricerca della sociologa Rosemary Hopcroft dell’Università della Carolina del Nord (Stati Uniti) aveva mostrato come la frequenza di rapporti sessuali sia inversamente proporzionale al quoziente d’intelligenza. Dopo aver raccolto dati sulla vita sessuale di un vasto numero di americani, la studiosa cercò infatti di evidenziare come status socioeconomico, intelligenza e altri fattori infiuiscano sulla vivacità della vita sessuale. «Solo l’intelligenza è associata negativamente con la frequenza dell’attività sessuale, il che ci lascia non poco sgomenti», spiega Hopcroft. Più studio, meno rapporti L’ultima edizione del National survey of family growth, indagine su salute e comportamento sessuale condotta periodicamente dai Centers for disease control and prevention di Atlanta (Stati Uniti), sembra confermare. Pare che a elevati livelli d’istruzione corrisponda un minor numero di partner: secondo la ricerca i maschi laureati hanno la metà delle possibilità rispetto ai coetanei diplomati di aver avuto più di quattro partner nel corso degli anni precedenti. Non si tratta di casi dal momento che anche un terzo studio, condotto da Carolyn Halpern dell’Università della North Carolina, ha rilevato un’alta concentrazione di giovani ancora vergini tra quelli con un QI elevato. Le ragioni? Poco chiare. Secondo alcuni studiosi potrebbe dipendere da un fenomeno evolutivo dovuto alle maggiori possibilità di successo degli intelligenti. Nel corso dell’evoluzione umana, infatti, l’attività sessuale frequente è stata necessaria ad assicurare una larga prole e quindi maggiori possibilità di prosecuzione della specie. Chi ha maggiori risorse mentali, tuttavia, sarebbe istintivamente spinto a impiegare i propri sforzi a far progredire il mondo con la propria intelligenza, più utile in una società moderna, piuttosto che riproducendosi.
Esiste l’intelligenza sessuale
Ma è proprio vero che essere intelligenti non aiuta a letto? Molti psicologi ritengono che il buon sesso parta anche dalla testa. Ne sono convinti ad esempio i sessuologi Sheree Conrad e Michael Milburn che hanno pubblicato il volume Intelligenza sessuale (Pratiche). Sono stati i primi a de”nire questo concetto, dietro al quale si nascondono tre aspetti: la conoscenza dell’anatomia e della “siologia del nostro corpo, la consapevolezza delle nostre potenzialità sessuali e la consapevolezza delle emozioni che entrambi questi fattori possono generare in noi. «L’intelligenza sessuale», scrivono la psicologa Maria Cristina Strocchi, il sessuologo Massimo Castellani e il medico Luigi Jodice in Sesso. Energia, fantasia, vitalità, gioco (Edizioni Mediterranee), «è fondamentale per creare le fantasie che poi scatenano l’attrazione». Ed è in particolare nelle relazioni stabili, in cui inevitabilmente la passione tende a ridursi col tempo, che l’intelligenza ha un ruolo fondamentale tra le lenzuola: «Conduce dal sesso adolescenziale a quello maturo», aggiunge il terapeuta sessuale americano Marty Klein in Sesso & Lode (Tea). Solo con la passione, infatti, una relazione è destinata a spegnersi come un fuoco.
Meglio complici che passionali
Chi non sembra dotato di questa forma di intelligenza non deve, però, disperare. Uno studio condotto dall’Università di Monaco ha analizzato le storie di più di 12mila donne e uomini nell’arco di 14 anni per arrivare a una conclusione semplice e apparentemente in contrasto con quanto la sessuologia e il senso comune hanno sempre sostenuto: sono affetto, complicità, rispetto e romanticismo a conservare la coppia molto più a lungo della passione travolgente. In altre parole: il sesso è altamente sopravvalutato. Secondo gli studiosi tedeschi a tenere salda una coppia sono infatti cinque aspetti: un affetto profondo inteso come complicità, i figli, un certo grado di somiglianza caratteriale (la teoria sostenuta da Platone secondo cui gli opposti si attraggono sarebbe quindi da rivedere), il dialogo, a patto che non diventi una reciproca psicoanalisi, e naturalmente l’intesa sessuale. Che tuttavia, secondo i sessuologi di Monaco, può funzionare anche se fondata su tenerezza e coccole piuttosto che sul fuoco della passione.
22,34: l’ora ideale per il sesso
Le 22,34 in punto. Una ricerca di qualche anno fa mostrava che è questo l’orario in cui, statistiche alla mano, preferiamo per dedicarci alle attività amatorie. Esaminando le storie di alcuni soggetti, Panayiotis Zavos dell’Università del Kentucky aveva individuato infatti proprio in quel preciso momento della serata l’attimo in cui statisticamente è più facile che uno dei partner prenda l’iniziativa. Il motivo? Forse attorno a questo orario le inibizioni sono in calo e il romanticismo è, per ragioni psicologiche e culturali, in aumento. E nel corso dell’anno? Sono le vacanze di Natale e quelle estive i periodi più hot: lo ha dimostrato per la prima volta uno studio del 1999 sulla diffusione di malattie veneree pubblicato sul Journal of the Royal Society of Medicine.
Gli uomini attraenti sono meno fertili
Donne, volete maggiori chance di avere un figlio? Cercatevi un uomo brutto. Uno studio delle Università di Oxford e dello University College London (Regno Unito) pubblicato sul periodico American Naturalist spiega che in molte specie (e l’uomo non farebbe eccezione) i maschi più sessualmente desiderabili producono meno sperma. Il motivo? I brutti (o comunque, tra gli animali, gli esemplari meno forti) hanno minori possibilità di accoppiarsi e questo avrebbe spinto l’evoluzione a dotarli della capacità di produrre una maggiore quantità di liquido seminale (e quindi di spermatozoi) per aumentarne le chance riproduttive.