
Come 65 milioni di anni fa un asteroide fece scomparire i dinosauri
Ci siamo sempre chiesti che cosa provocò l’estinzione dei più grandi animali esistiti sul nostro pianeta. Oggi la risposta c’è: fu un asteroide di 10 chilometri di diametro che piombò sul Golfo del Messico a causa dei potenti effetti della materia oscura, capace di far deviare o addirittura precipitare i corpi celesti più piccoli
Aveva un diametro di 10 chilometri l’asteroide che 65 milioni di anni fa precipitò nel Golfo del Messico, sprigionando un’energia 4.000 volte maggiore della più potente bomba atomica mai creata dall’uomo. Per i dinosauri, all’epoca signori del pianeta, fu l’inizio della fine. Questo evento catastrofico, infatti, innescò una spaventosa serie di eruzioni vulcaniche che interessarono per almeno mezzo milione di anni tutto il pianeta. L’anidride carbonica e quella solforosa che impregnarono l’atmosfera fecero da schermo alla radiazione solare provocando la scomparsa di molte specie vegetali, seguite a ruota dagli animali che se ne nutrivano: un’estinzione di massa, che non coinvolse solo i dinosauri, ma addirittura i due terzi delle specie viventi.
L’ipotesi “Shiva”
Da dove era piombato quel bolide cosmico? Secondo i planetologi doveva provenire dalla cosiddetta nube di Oort, un gigantesco “serbatoio” di comete e asteroidi situato in una lontana porzione di spazio oltre i confini del sistema solare. A strapparlo dalla sua culla e indirizzarlo verso la Terra sarebbe stato un evento legato alla materia oscura, una delle componenti più misteriose dell’universo.
A proporre questa nuova teoria, chiamata “ipotesi Shiva” dal nome del dio Hindu che dissolve e distrugge i mondi, è il biologo Michael Rampino dell’Università di New York. Secondo il ricercatore, la materia oscura, invisibile sostanza che costituisce il 27 per cento dell’universo, si accumulerebbe nelle regioni centrali della Via Lattea, formando un disco sottile. È questo disco che il sistema solare si trova ad attraversare ogni 32 milioni di anni, durante la sua lunghissima circumnavigazione del centro galattico. Quando ciò avviene, il gioco delle forze gravitazionali non comporterebbe alcun pericolo diretto per la vita sulla Terra, ma creerebbe uno “scompiglio” tra gli oggetti più piccoli del sistema solare come gli asteroidi e le comete che popolano la nube di Oort. Diventa così elevata la probabilità che uno di essi possa piombare sulla Terra.
Della stessa idea è Lisa Randall, fisico teorico presso l’università di Harvard, che ha pubblicato il libro Universo invisibile. La ricercatrice, insieme al collega Matthew Reece, ha condotto nuovi studi approfonditi sulla fine dei dinosauri e sulle estinzioni di massa che periodicamente hanno interessato la vita sulla Terra.
«Finora», dicono, «si era convinti che esistesse un solo tipo di materia oscura. Noi però abbiamo ipotizzato che una piccola percentuale di questa sostanza sia di natura particolare, capace di interagire non solo attraverso la gravitazione, ma anche tramite forze a noi ancora sconosciute. I suoi effetti si sarebbero manifestati più volte sulla nube di Oort, favorendo la deviazione verso il nostro pianeta soprattutto di comete abbastanza grandi da produrre sconvolgimenti ambientali su scala globale».
Danni collaterali
Rampino ritiene che i passaggi del sistema solare attraverso il piano galattico abbiano una correlazione diretta e significativa con fenomeni geologici e biologici che avvengono sul nostro pianeta, in particolare nel suo nucleo. Con il tempo, sostiene lo studioso, l’impatto con le particelle di materia oscura potrebbe produrre una considerevole quantità di calore nel cuore della Terra, innescando eventi come eruzioni vulcaniche, inversioni del campo magnetico e variazioni del livello del mare: proprio quegli sconvolgimenti che, più della caduta dell’asteroide, a lungo andare avrebbero decretato la fine dei dinosauri.
Ma esiste davvero quel disco di materia oscura al centro della galassia? Nonostante l’ipotesi dei ricercatori americani sia affascinante e teoricamente attendibile, al momento non esistono conferme. Per saperne di più si dovranno attendere i risultati forniti dal satellite europeo Gaia, che sta raccogliendo i dati sulla posizione e la velocità di un miliardo di stelle in modo da creare una mappa tridimensionale estremamente accurata della nostra galassia. Dalla distribuzione della sua densità si potrà non solo ammettere o scartare l’ipotesi del disco, ma, in caso affermativo, si potranno dedurre informazioni sul suo spessore e la sua densità e quindi sulla massa del nuovo tipo di particelle di materia oscura e su quanta materia oscura di questo tipo esista.
Il nostro sistema solare viaggia a 828mila km orari
Il nostro sistema solare si trova nel braccio di Orione, una delle espansioni di stelle che ruotano attorno al centro della Via Lattea, una galassia dalla forma a spirale molto appiattita. Anche se non ce ne accorgiamo, siamo a bordo di un pianeta che secondo gli astronomi viaggia nello spazio a una velocità media di 828mila km all’ora. Per fare un giro completo occorrono 250 milioni di anni. Il Sole, nell’arco della sua vita, ha completato 20-25 orbite intorno al centro galattico.
DUE CONCETTI BASE DI ASTROFISICA VIA LATTEA
È il nome dato alla nostra galassia. Lo si deve agli antichi Greci, che interpretarono la sua porzione visibile nel cielo notturno come uno schizzo di latte fuoriuscito dalla mammella di Era mentre allattava Eracle. Con un diametro di circa 100mila anni luce, è formata da un rigonfiamento centrale, quattro braccia principali e diversi altri segmenti secondari. Il Sole dista dal suo centro 28mila anni luce.
MATERIA OSCURA. È un ipotetico tipo di materia che è stata postulata per fornire la massa necessaria a “tenere insieme” le stelle che compongono le galassie. Diversamente dalla materia conosciuta, non emette e non assorbe luce né alcun’altra forma di radiazione elettromagnetica come raggi X o gamma o onde radio. Anche se non se ne conosce la composizione, analizzando i suoi effetti gravitazionali, gli astronomi sono riusciti a calcolare la quantità che deve essere presente nell’universo: circa il 25 per cento, contro il 5 per cento della materia visibile.
Le altre grandi estinzioni del passato
Da quando è nata la Terra sono stati ricostruiti almeno altri quattro periodi della storia del nostro pianeta che hanno rappresentato altrettanti momenti critici per la sopravvivenza della vita. Tutti potrebbero essere stati prodotti dal passaggio del sistema solare attraverso il disco di materia oscura.
– L’estinzione più gelida Verificatasi tra Ordoviciano e Siluriano, all’incirca 400 milioni di anni fa, ebbe origine da un processo di glaciazione durante il quale il livello dei mari si abbassò in proporzione diretta alla crescita delle calotte polari. Causò l’estinzione dell’85 per cento di pesci e invertebrati.
– L’estinzione più lenta Avvenuta intorno a 375 milioni di anni fa nel Devoniano superiore, comportò l’estinzione del 70 per cento delle specie viventi in un arco di tempo di 3 milioni di anni.
– L’estinzione più devastante. È quella accaduta 251 milioni di anni fa, verso la fine del Permiano. Fu talmente terribile da distruggere circa il 90 per cento delle specie terrestri oltre a gran parte dei pesci e di altre specie marine. A quel tempo la vita sulla Terra stava quasi per scomparire del tutto.
– L’estinzione più esplosiva È quella del Triassico-Giurassico, dovuta circa 200 milioni di anni fa al cambiamento climatico innescato da violenti fenomeni vulcanici. Le apocalittiche eruzioni magmatiche portarono alla frantumazione del super continente Pangea e aprì la strada all’evoluzione dei dinosauri che avrebbero dominato il mondo per i successivi 135 milioni di anni.