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COME FUNZIONA LA PIOGGIA

Le precipitazioni sono vere spazzine dell’aria e ripuliscono le città dalle polveri. Ma portano giù di tutto: dalla sabbia del deserto alle plastiche…

«Lavare la macchina per far piovere non funziona»: la battuta è di Arthur Bloch, autore di libri sulla celebre “legge di Murphy” (secondo i cui principi, quando invece lavi la macchina per pulirla piove…). Il lavaggio dell’auto in effetti non influisce in quel meccanismo complesso (e vitale) che è la formazione della pioggia.Un fenomeno che, mentre noi guardiamo la pioggia autunnale dalla finestra, nel cielo grigio sta trasformando l’invisibile vapore acqueo nell’aria in gocce che piombano al suolo. Come funziona? Che cosa accade nel passaggio da cielo a terra? Stanno davvero aumentando gli eventi estremi (per esempio, di recente in Sicilia in alcune località si è abbattuta in un giorno la quantità di pioggia che cade in mesi)? Ecco una guida alla pioggia in 5 punti, tra principi fisici e curiosità.

RICETTA E INGREDIENTI

L’ingrediente di base della ricetta della pioggia è il vapore acque o in atmosfera. «Deve condensare, cioè passare allo stato liquido, e perché ciò accada si deve superare la quantità massima di umidità che può essere presente nell’aria», spiega Vincenzo Levizzani, ricercatore dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr di Bologna e docente di fisica delle nubi all’Università di Bologna, che ha pubblicato Il libro delle nuvole. Manuale pratico e teorico per leggere il cielo (Il Saggiatore). Ma per far partire il processo serve un secondo ingrediente: le minuscole particelle in sospensione nell’aria (gli aerosol), prodotte da fenomeni naturali o attività umane. «Queste particelle costituiscono i “nuclei di condensazione”, a cui il vapore acqueo si attacca formando così le goccioline che creano le nubi, con un diametro di 10 millesimi di millimetro.Unpo’ crescono con la deposizione di altro vapore, ma il fenomeno che le fa diventare davvero grandi è la collisione tra loro, con cui si “uniscono” formando gocce di qualche millimetro. Quando la gravità vince la spinta delle correnti ascensionali, iniziano a cadere: non più gocce di nube, ma gocce di pioggia».

Se fossimo ai Tropici, sulle nostre teste accadrebbe questo. Ma nelle nostre nubi le cose si complicano. «Da noi tutta la pioggia è passata in qualche modo da una fase ghiacciata. Anche in estate», spiega Levizzani. «Qui nelle nubi (del tutto o in parte ad altitudini a cui la temperatura è sottozero) ci possono essere goccioline d’acqua, ma soprattutto ci sono cristalli di ghiaccio: si formano sempre attorno a particelle (i “nuclei di ghiacciamento”) su cui il vapore acqueo si deposita e diventa ghiaccio. Poi i cristalli si scontrano e formano aggregati–i fiocchi dineve–che finiscono per cadere: scendendo la temperatura sale e quando arriva sopra gli 0 °C i fiocchi fondonoe diventano pioggia. Succede lo stesso con altri ammassi ghiacciati che nascono nelle nubi, come la grandine».

PULIZIE AEREE

«La pioggia è un naturale spazzino dell’atmosfera», dice Levizzani, «perchénella cadutarimuove le particelle presenti in aria e in parte i gas». In un esperimento, chimici del Massachusetts Institute of Technology hanno calcolato l’efficienza delle gocce nell’attrarre particelle come solfati, molecole organiche, particolato carbonioso: le gocce più piccole funzionano meglio. «Per esempio la pioggia ripulisce le città dalle polveri che stazionano su di esse. L’acqua piovana che arriva a terra non è pura, ma in realtà piuttosto sporca», sottolinea Levizzani. Va detto che – tra ciò che viene intrappolato nelle nubi come nuclei di condensazioneoghiacciamento e ciò che è raccolto nella caduta – con la pioggia scende di tutto. Janice Brahney della Utah State University ha per esempio trovato nella pioggia raccolta in parchi e aree selvagge degli Usa moltissime microplastiche (soprattutto microfibre davestiti e materiali industriali), finite nell’aria dalle zone abitate. Altro esempio? «Con la pioggia cadono giù anche le polveri del Sahara trasportate dai venti, e ce ne accorgiamo da come si riducono le auto», scherza Levizzani.

NUCLEI DI OGNI TIPO

Torniamo ai nuclei su cui si formano goccioline o ghiaccio. Fondamentali, tanto che sparare nelle nubi sostanze che servano a tale scopo (come ioduro d’argento) è alla base delle tecniche che mirano a far piovere. «Possono essere le sostanze più diverse. Per fare da base alle gocce devono essere solubili in acqua: per esempio il sale marino che viene dalla superficie degli oceani è importantissimo, nel meccanismo delle precipitazioni», dice Levizzani. Si va dalle particelle prodotte nelle combustioni a quelle emesse dai vulcani. «I nuclei su cui si forma il ghiaccio possono essere anche argille dei suoli sollevate dal vento, cellulosa proveniente dal degrado dei vegetali nelle foreste, persino batteri». Alcuni microbi userebbero la pioggia proprio come strategia di dispersione. Gli effetti sono complessi. «Particelle piccole formano goccioline più piccole, che hanno bisogno di più tempo per ingrandirsi e diventare pioggia. E possono non riuscirci affatto».

Un recente studio, guidato da Cynthia Twohy (NorthWest Research Associates, Usa), avverte per esempio che gli incendi potrebbero far diminuire le piogge, esacerbando la siccità che li scatena.

Esaminando le nubi sopra roghi negli Usa, si è visto che le particelle del fumo hanno portato alla formazione di goccioline più piccole, con meno probabilità di crescere e cadere come pioggia.

GOCCIA A GOCCIA

Non solo non ci sono più le mezze stagioni, ma anche le gocce di pioggia non sono quelle che ci aspettiamo: non a forma “classica” di lacrima. «Quelle molto piccole sono sferiche. Le più grandi invece assumono una forma schiacciata, deformate dall’aria. Le dimensioni? Gocce più grandi sono associate a grossi aggregati di ghiaccio, per esempio alla grandine che si forma nei temporali: se scendendo arriva a fondere, può generare pioggia violenta», dice l’esperto.

CALDO UMIDO

Il riscaldamento globale sta influendo sulle piogge. Il principio fisico di base? «L’aumento della temperatura provoca un aumento dell’evaporazione dell’acqua dei mari e quindi della disponibilità di vapore acqueo in atmosfera, che essendo più calda può “immagazzinarne” di più (il7%in più per ogni grado di aumento, ndr). La teoria ci dice questo. La conseguenza però non è un aumento generalizzato delle piogge, ma un cambio nel regime delle precipitazioni: nelle regioni “umide” piogge intense e alluvioni, nelle aree secche ancora più siccità», conclude Levizzani. Per citare solo le ricerche più recenti, uno studio della Newcastle University (Uk) prevede che in Europa a fine secolo saranno 14 volte più frequenti i temporali intensi che si spostano molto lentamente. Significa che una zona potrebbe restare molto a lungo sotto una pioggia violenta, con rischio alluvioni. E uno studio tedesco ha rilevato negli ultimi dieci anni un aumento degli eventi “record” in quanto a pioggia caduta in un giorno.

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