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COME MUORE UNA STELLA

Betelgeuse, stella nella costellazione di Orione, ha i giorni contati. Sta per terminare il suo ciclo vitale ed esploderà, brillando nel cosmo come un’immensa fontana di fuoco. Quando toccherà al nostro Sole, succederà lo stesso: ma che ne sarà della Terra?

Uno di questi giorni, svegliandoci una mattina, potremmo trovare una sorpresa: scoprire che in cielo brillano due soli. Non sembreranno due dischi perfetti come apparivano su Tatooine, il pianeta di Luke Skywalker in Guerre stellari, ma uno di loro sarà un’abbagliante luce puntiforme che risplenderà anche di notte. È quanto ha rivelato il fisico australiano Brad Carter, dell’Università del Queensland, secondo il quale Betelgeuse, una stella supergigante rossa, sta per finire il “carburante” che la tiene in vita e avviarsi a una fine spettacolare, evento che può verificarsi in qualsiasi momento.

A 640 anni luce dalla Terra

Situata nella costellazione di Orione, Betelgeuse ha una luminosità che cambia nel corso del tempo, a volte anche in maniera molto marcata. Queste variazioni sono dovute all’instabilità dell’astro, che si contrae e si espande, variando il suo sterminato raggio fino a mille volte quello del nostro Sole. La sua elevata massa, tra 15 e 20 volte quella del Sole, fa ritenere agli astronomi che la stella terminerà il suo ciclo evolutivo come una supernova: cioè si autodistruggerà, proiettando nello spazio quasi tutto il materiale di cui è composta alla velocità di 30mila chilometri al secondo. L’esplosione produrrà una quantità impressionante di energia e per alcuni mesi emetterà più luce dell’intera galassia. Alla fine, di Betelgeuse non rimarrà che un pugno di materia fortemente compatto: forse una stella di neutroni, la cui densità è pari a 100mila miliardi di volte quella della roccia. O forse quel misterioso oggetto dalla forza di attrazione infinita che gli astronomi chiamano buco nero.

Destini diversi

Come se fossero esseri viventi, tutte le stelle prima o poi muoiono, ma non sempre in modo così drammatico. Una volta che quasi tutto l’idrogeno del nucleo si è consumato trasformandosi in elio, le reazioni di fusione nucleare si interrompono. Gli strati esterni della stella, non più “sostenuti”, collassano e tale processo provoca un aumento della temperatura, sufficiente a innescare nuove reazioni di fusione nucleare. L’energia prodotta fa espandere l’involucro esterno di gas, che si raffredda tanto da cambiare colore e diventare rosso: si forma così una gigantesca stella color porpora. A questo punto, il destino finale dipende dalle dimensioni e dalla massa dell’astro. Se la massa è molto maggiore di quella del nostro Sole, la stella si contrae e libera una quantità di energia tale da provocare l’espulsione di nubi di materia verso lo spazio circostante. È il caso di Betelgeuse. Se invece la massa è simile a quella del Sole, la sua morte sarà molto più lenta.

La fine del Sole

Secondo i calcoli dei fisici, il nostro Sole potrebbe continuare a risplendere come oggi almeno per altri 5 miliardi di anni. A quel punto, consumato tutto l’idrogeno, comincerà a morire. Via via che il calore interno diminuirà, il nucleo si contrarrà sempre di più, mentre i leggeri strati esterni, non più vincolati dall’attrazione gravitazionale, si allontaneranno nello spazio. Il Sole diventerà enormemente più grande e i suoi gas si espanderanno nello spazio come una bufera ardente: la nostra stella a quel punto si sarà trasformata in una gigante rossa. Un’ondata di fuoco inghiottirà i pianeti più interni, Mercurio e Venere, fino a lambire la Terra. Gli oceani bolliranno e l’atmosfera evaporerà nello spazio rendendo il pianeta un grumo di minerali semiliquefatti.

Che ne sarà degli esseri umani?

Se a quell’epoca la nostra specie non sarà estinta, potrebbe già essersi trasferita sui lontani pianeti nani rocciosi, come Plutone, Haumea o Sedna, che nel frattempo si saranno riscaldati raggiungendo temperature simili a quelle attuali della Terra. Ma anche quei rifugi saranno provvisori, perché il Sole, una volta bruciato anche tutto l’elio, comincerà a raggrinzirsi e a diventare sempre più denso e freddo: alla fine diventerà quella che gli astronomi chiamano una nana bianca, che piano piano si raffredderà del tutto trasformandosi in un oscuro relitto vagante nello spazio. Anche quei remoti corpi celesti diventeranno allora inabitabili e i nostri lontani discendenti avranno una sola possibilità: cercarsi un altro sistema planetario, giovane e di belle speranze.


Un pachiderma spaziale

Se si trovasse al posto del nostro Sole, Betelgeuse si estenderebbe fino a Giove. E non solo. Come ha mostrato Visir, uno spettrometro sensibile agli infrarossi del telescopio cileno Vlt, Betelgeuse è circondata da un alone di gas molto più grande della stella stessa, che si estende fino a 60 miliardi di chilometri dalla sua superficie, arrivando fino al pianeta più lontano, Nettuno. Anche oggi è facilmente individuabile nel cielo perché si trova in alto a sinistra della cosiddetta cintura di Orione, un gruppo di tre stelle che rendono immediatamente riconoscibile la costellazione nel cielo invernale.


Cuori di fuoco come bombe H

Il cuore rovente di ogni stella è fatto di plasma, un “brodo” di materia in cui gli elettroni degli atomi vagano liberi, slegati dai nuclei ai quali appartengono. In queste condizioni estreme, il leggerissimo idrogeno, che è il costituente principale, viene “costretto” a trasformarsi in un altro elemento più pesante, l’elio. In questo processo, che è chiamato fusione dell’idrogeno, una certa quantità di materia si trasforma in energia: è lo stesso principio della bomba H, ma su una scala molto più grande.


Muore una stella, ne nascono cento

Le supernova rappresentano il più efficiente meccanismo di arricchimento chimico delle galassie. La maggior parte degli elementi che compongono la Terra e noi stessi non sono nati insieme all’universo. Durante il Big Bang, infatti, si sono potuti formare solo gli atomi più leggeri come l’idrogeno, l’elio e il litio. Tutti gli altri elementi che conosciamo, come il carbonio di cui siamo costituiti o l’ossigeno che respiriamo, sono stati sintetizzati all’interno delle stelle dalle reazioni termonucleari. Tali elementi rimarrebbero per sempre inglobati negli astri che li producono: solo in seguito all’esplosione di una supernova il materiale stellare viene restituito al cosmo e va ad arricchire le nubi di gas e polvere interstellare che poi daranno origine a nuove stelle, pianeti e galassie. Nel “ciclo vitale” dell’universo, la morte di una stella crea le condizioni per cui altre possano nascere.

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