
COME VINCERE LA PAURA DEL DENTISTA
Ci sono persone così terrorizzate da una seduta in uno studio odontoiatrico da andare nel panico al solo pensiero. Figuriamoci ad affrontarla davvero. Il problema colpisce il 15-20 per cento della popolazione, ma può essere risolto: con alcuni trucchi e, nei casi gravi, con l’aiuto di uno psicologo
Il disagio inizia quando si fissa l’appuntamento e cresce al suo avvicinarsi. Varcata la porta dello studio del dentista, al sibilo del trapano il cuore inizia a battere sempre più forte e man mano che ci si avvicina alla poltrona la paura si fa più intensa, accompagnata da tachicardia, sudorazione, senso di soffocamento e tremori, fino allo svenimento e all’attacco di panico. Accade così a chi soffre di odontofobia, la fobia specifica per il dentista e per tutto quello che riguarda il suo studio (trapani, aghi, rumori, odori). L’Organizzazione Mondiale della Sanità l’ha riconosciuta come una vera e propria malattia, stimando che af”igga il 15-20 per cento della popolazione.
«È importante distinguere tra paura e fobia», spiega Michaela Fantoni del Centro Elpis di Ispra (Varese): «Chi soffre di una semplice paura irrazionale del dentista è in grado di vincersi e di affrontare le cure. Nel fobico questo non accade. La fobia specifica blocca completamente il soggetto, che, terrorizzato dal dentista, mette in atto una serie di comportamenti di evitamento come rimandare l’appuntamento o assumere antibiotici e farmaci antidolorifici per automedicarsi. Così innesca un circolo vizioso: le condizioni dei denti peggiorano e l’intervento del dentista è destinato a diventare più invasivo».
Numerosi ricercatori identificano l’odontofobia come una fobia specifica (una paura intensa, persistente e sproporzionata nei confronti di un singolo elemento, nel nostro caso del dentista e delle cure odontoiatriche) e non solo come un semplice disturbo d’ansia. Possono sussistere fattori predisponenti legati a esperienze negative o dolorose del passato, come precedenti lavori mal eseguiti o protratti nel tempo. Altre volte la predisposizione è legata a una soglia del dolore molto bassa o a stati d’ansia pregressi. Inoltre, nell’immaginario collettivo, la figura del dentista richiama ancora il “cavadenti” del passato.
Dolore e patologie incrociate
Di solito, l’odontofobia viene associata alla paura del dolore, tant’è vero che sono più portate a soffrirne le persone con una soglia del dolore bassa.
«Alcuni studi evidenziano un’associazione fra la paura del dolore e l’amplificazione del dolore percepito, il che fa sì che l’odontofobico percepisca un dolore più forte rispetto alla sua reale entità», spiega Fantoni. «Un’altra caratteristica di rilievo spesso sottovalutata è la posizione innaturale da assumere sulla poltrona: sdraiati con la testa all’indietro e la bocca spalancata, occupata dalle mani di un’altra persona, dal trapano e dall’aspirasaliva.
Respirare diventa più faticoso, il che fa sì che l’odontofobia possa associarsi alla paura di soffocare».
Aggiungiamo la sensazione di totale mancanza di controllo della situazione: il paziente è vigile ma ignaro di ciò che sta accadendo ai suoi denti. Ciò fa sì che l’odontofobia possa incrociarsi con altre fobie o disturbi, ad esempio con la claustrofobia. Fantoni: «Il soggetto si ritrova bloccato e impossibilitato ad andarsene via in fretta, e se claustrofobico può sviluppare paura verso quello spazio senza vie di fuga rapide. In questo caso la paura del dentista può essere una conseguenza della claustrofobia o associarsi a essa (comorbidità)». Inoltre, la seduta dal dentista può creare parecchio disagio a chi soffre di problemi come nausea, gastralgia o cervicalgia, accentuando disturbi già presenti.
Quattro livelli di percezione
L’odontofobia coinvolge quattro dei nostri cinque sensi. Il primo è la percezione visiva: a impressionare può contribuire la vista della strumentazione, percepita come invasiva (trapano, pinze per l’estrazione, siringa per l’anestesia con l’ago lungo, con possibile associazione psicologica alle iniezioni muscolari dolorose). Poi viene la percezione uditiva: il rumore del trapano, un micromotore a bassa velocità, può essere associato a un martello pneumatico. Segue la percezione olfattiva: giungono al naso molti odori, da quelli dei disinfettanti (che richiamano l’ospedale) a quelli di resine e materiali per i trattamenti canalari.
Infine la percezione gustativa: il gusto dei prodotti impiegati rimane in bocca a lungo dopo la seduta.
I rimedi
«Nel terzo millennio, in casi come questo si dovrebbe prevedere un lavoro congiunto dentista-psicologo», afferma Fantoni. Fra le terapie più efficaci per trattare l’odontofobia vi è la terapia cognitivo-comportamentale, che lavora su emozioni, pensieri e comportamenti legati alla fobia, identificandone innanzitutto il livello (fobia lieve, media o importante).
Spiega la psicologa: «Se la fobia è lieve basta un lavoro di psicoeducazione: si spiega al paziente cosa gli accadrà durante la seduta e i vantaggi di farsi curare. Se la fobia è di media entità, alla psicoeducazione può seguire un lavoro di desensibilizzazione sistematica, che consiste in un approccio graduale al dentista e alle cure odontoiatriche. Ad esempio, psicologo e paziente si recano nello studio solo per esplorarlo. La seconda volta si inizia a prendere confidenza con il dentista; per rendere il primo approccio più rassicurante sarà bene che l’incontro avvenga in un ufficio o in una stanza anonima (possibilmente con il dentista senza camice e mascherina).
L’obiettivo di questo lavoro è la normalizzazione della figura di questo specialista». Prosegue Fantoni: «Nel passaggio successivo il paziente si reca nello studio, vede le attrezzature, sente i rumori e gli odori, si siede sulla poltrona del dentista, ma non viene ancora trattato. In seguito, si può rompere il ghiaccio con qualcosa di veloce e indolore, come una radiografia». L’obiettivo è desensibilizzare lo stimolo, cioè avvicinarsi pian piano all’evento temuto prendendo confidenza e consapevolezza con quello che accade dal dentista. È importante abbinare alla psicoterapia un buon training di rilassamento associato a esercizi di respirazione. «Studi sull’odontofobia dimostrano che il Rilassamento Muscolare Progressivo di Jacobson (tecnica di rilassamento muscolare basata sull’alternanza contrazione/decontrazione di alcuni gruppi di muscoli) aiuta a distendere la muscolatura», consiglia la nostra esperta. Per contro, tensione e stress abbassano la soglia del dolore. Altro aspetto fondamentale è instaurare un buon rapporto di fiducia con il dentista. Fantoni: «È buona cosa che quest’ultimo, durante la seduta, dia al paziente dei rinforzi positivi (sta andando tutto bene, ok così, tenga la bocca rilassata) e dei feedback informazionali, cioè gli spieghi cosa sta facendo (ho tolto la carie, sto otturando il dente, passo la gomma e poi ho finito), utile per dare all’odontofobico una percezione di maggior controllo ». Inoltre, dato che il paziente non può parlare, è necessario stabilire con il dentista un codice di comunicazione non verbale (ad esempio: alzi la mano e io mi fermo), grazie al quale il soggetto può percepirsi parte attiva dell’intervento. In caso di fobia grave, infine, si può ricorrere all’uso dei farmaci, ad esempio per indurre una sedazione cosciente.