
DALLA CAVERNA AI FIGLI DELLA LUCE
La scoperta di sistemi di grotte convertite in templi, e utilizzate anche dai Templari, pone domande su un segreto che alcuni sigilli del Tempio sembrano suggerire davvero esistesse. Di quale segreto si trattava?
Recentemente sono assurte all’onore della cronaca alcune grotte dello Shropshire inglese, nelle Midlands occidentali, scoperte nel secolo scorso ma rimaste praticamente nell’anonimato. Si tratta delle grotte di Caynton, un sistema sotterraneo con colonne e volte lavorate che, in quanto parte di una proprietà privata, non hanno goduto di pubblicità e pertanto sono rimaste sconosciute al pubblico. Nonostante fossero all’interno di una proprietà privata, alle grotte non era posto alcuno sbarramento all’ingresso fino al 2012, ma atti vandalici avvenuti in quell’anno ne avevano causato la chiusura, che ora è stata revocata, ma la visita è limitata a specifiche regole e tempistiche. Attualmente è sconosciuta l’epoca della loro realizzazione, alcuni ricercatori ipotizzano che siano state scavate dalla famiglia Legge, proprietaria dei terreni della zona alla metà del 1800; altri invece speculano che si tratti di strutture molto più antiche, che abbiano a che fare con i Druidi o con i cavalieri Templari. Uno schema di pensiero che è stato applicato a un’altra serie di gallerie modificate dall’uomo in epoca imprecisata, le grotte di Gilmerton, un sobborgo di Edimburgo, in Scozia, le quali ancora oggi presentano passaggi coperti da terriccio e non esplorati. Entrambi i sistemi sotterranei suggeriscono l’opera di un team di artigiani altamente qualificati, con numerosi assistenti, guidati da un “capomastro”. La disposizione delle camere e passaggi è molto elaborata e le pareti divisorie sono spesso estremamente sottili. Specialmente per le grotte di Gilmerton, si notano analogie con le città sotterranee della Cappadocia (Turchia), con i Tunnel della Stiria (Austria) o con molte delle strutture sotterranee presenti anche in Italia e associate agli Etruschi.
Tutte pre-esistenze che possono essere fatte risalire a una civiltà madre prediluviana e solo riutilizzate da chi venne dopo. Dunque, se così antiche, che siano state impiegate dai Druidi o da Templari scampati alla persecuzione è plausibile, tanto che la cava di Royston, a nord di Londra, in questo caso ricchissima di graffiti di epoca medievale (in parte associati ai Templari), e le grotte di Osimo (Marche), ma soprattutto il Sepolcreto dei Templari a Saonara, dimostrano quanto questi Ordini avessero necessità di tale tipo di luoghi per i loro rituali. Senza dimenticare che la sede dell’Ordine a Gerusalemme era proprio il Tempio di Salomone ai cui sotterranei proprio i primissimi Templari ebbero accesso esclusivo, forse in cerca o comunque autori di scoperte mai rivelate al mondo. Chi può negare che certe strutture sotterranee in Europa servissero, non solo a iniziare monaci-cavalieri, ma anche a replicare ciò che già questi svolgevano al di sotto del suolo della Città Santa?
Secretvm Templi
È noto che l’Ordine Templare fu dichiarato eretico e, dal 1307 perseguitato quasi in tutta Europa, sottoposto a processi che deformarono volontariamente i loro rituali grazie a confessioni e testimonianze artefatte. Rituali che è possibile siano proseguiti in segreto -dopo il bando messo su di loro da Filippo il Bello e la sospensione dell’Ordine comminata dal papato-anche in strutture sotterranee come queste, ritenute idonee in quanto fuori dai centri abitati e soprattutto completamente invisibili al viandante in quanto realizzate sotto terra. Ma cosa conoscevano i Templari che non è stato ancora detto? Quali indizi emergono dai loro interrogatori che suggeriscono un culto cristiano differente? Gli studiosi ufficiali di storia medievale negano che i Templari possedessero qualche segreto che giustificasse una struttura iniziatica interna allo stesso Ordine, ma le testimonianze dei processi confermano che doveva esserci un nucleo segreto e sapienziale, sebbene nessuno era in grado di definire di cosa specificamente si trattasse. Ciò che emergeva era, per i giudicanti, comunque una forma eretica di cristianesimo vista dal punto di vista cattolico, successivamente addirittura estremizzata a un qualche tipo di culto demoniaco (il Baphometto). Si trattò ovviamente di una volontaria esagerazione delle testimonianze e della lettura degli indizi a disposizione degli inquirenti reali e papali, tendenti a generare una scontata condanna, poi avvenuta. Sono stati gli stessi Templari ad averci lasciato, però, la traccia che una forma segreta e iniziatica esistesse davvero all’interno dell’Ordine, che nulla aveva a che fare con il demonio, ma che si legava a qualcosa che trascendeva il dogma secolare. Alcuni sigilli dell’Ordine, poco conosciuti, sembrano essere stati realizzati proprio per celebrare questo nucleo iniziatico e l’obiettivo che questo si proponeva. Su tali sigilli figura la scritta “SECRETVM TEMPLI” e la croce che circonda una figura caratterizzata da torso umano con scudo, testa di gallo, le gambe formate da due serpenti, 7 stelle e le tre lettere greche che formano il termine “IAO” , il nome che i Cristiani gnostici di Alessandria davano al Padre celeste. E allo gnosticismo alessandrino apparteneva anche la figura composita all’interno, in quanto trattasi di “Abraxas”, dio gnostico ingenerato e mediatore tra Dio e gli uomini. Dunque, il Segreto del Tempio esisteva davvero, visto che i Templari lo fecero incidere in alcuni loro sigilli ed era collegato alla figura gnostica di Abraxas.
Il Luz
Ma in che modo questo segreto era legato all’antico Abraxas degli gnostici? E perché? Torniamo al processo ai Templari perché è da lì che dobbiamo partire per trovare una possibile risposta. Il sergente Etienne de Troyes, testimone al processo ai Templari a Poitiers, affermò che i Maestri del Tempio, fratelli celebranti, costrinsero lui in quanto neofita, a denudarsi e a farsi baciare sul sedere. Altri testimoni, ad esempio un certo Pairaud, parlarono di cerimonie di giuramento di obbedienza agli statuti e ai segreti dell’Ordine in cui essi venivano condotti in un luogo appartato dove sarebbero stati baciati sul sedere. Queste testimonianze valsero a scomunicare l’Ordine ma si trattò di rivelazioni frutto di un fraintendimento se non addirittura falsate ed esagerate ad arte. Ciò che gli officianti facevano non era baciare il sedere, bensì il fondoschiena, nel preciso punto dove è situato l’osso sacro. Un punto energeticamente importante, sede della energia divina, ivi sopita, per tutte le tradizioni sacre, Cristianesimo compreso. Dunque, il bacio del Maestro officiante era simbolicamente l’atto che sanciva l’inizio del risveglio della coscienza dell’iniziando, così come la Bella Addormentata si risveglia al bacio del principe. Una energia che nell’Ebraismo è chiamata “Luz”. Che il Luz fosse associato all’osso sacro nel Cristianesimo ne troviamo citazione in Genesi 48:3 in cui Giacobbe dice a Giuseppe «…El Shaddai mi apparve a Luz nel paese di Canaan, e mi benedisse ». Per quanto la Bibbia parli di una città, questo è solo il significato letterale in quanto “Luz” non è una città, ma uno stato di coscienza (“Citta” in sanscrito significa “Coscienza”, e dunque ciò vale anche per la Città di Dio per eccellenza, la “Gerusalemme Celeste”) pertanto Giacobbe sta comunicando a Giuseppe (e a chi sa andare oltre la lettera) che ebbe una comunione con Dio “in lui”. Questo è dimostrato dal fatto che Giacobbe, l’incontro con El Shaddai (Dio Onnipotente), lo ha durante una visione, quindi uno stato di espanso coscienza, come leggiamo in Genesi 28: «Giacobbe fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima toccava il cielo; e gli angeli di Dio salivano e scendevano per la scala. (…) Quando Giacobbe si svegliò dal sonno, disse: “Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo!” Ebbe paura e disse: “Com’è tremendo questo luogo! Questa è la casa di Dio, e questa è la porta del cielo!” Giacobbe si alzò la mattina di buon’ora, prese la pietra che aveva messa come capezzale, la pose in orizzontale e vi versò sopra dell’olio. E chiamò quel luogo “Betel”; mentre prima di allora il nome della città era “Luz”». Il riferimento alla pietra che da orizzontale viene posta in verticale è segno del risveglio di Giacobbe che “eleva” la sua coscienza “da Luz a Betel”, dove la pietra è anche simbolo del duro osso che contiene questa energia. E se il Luz è nell’osso sacro, vuol dire che Giacobbe sta indicando che l’energia si è spostata verso l’alto assumendo un nuovo nome, “Betel”, cioè “Casa di Dio”, a indicare che egli è divenuto un uomo sacro, un tempio vivente. La questione del “Luz”, quale energia sopita nell’osso sacro è fondante in tutti gli studi dell’esoterismo cristiano. Il filosofo Gottfried Leibniz nel XVII secolo scrive nel De Resurretione Corporum: «Il Luz resiste persino all’incenerimento… è una quintessenza indistruttibile e perciò garante della resurrezione » e lo chiama “Luz Rabbinorum”. Più recentemente René Guénon se ne è occupato nel suo saggio “Il Re del Mondo” in questi termini: “il Luz è nell’essere umano il “nocciolo d’immortalità”, così come il luogo designato con lo stesso nome è il “soggiorno d’immortalità”: là si arresta, in entrambi i casi, il potere dell’Angelo della Morte. È in certo senso l’uovo o l’embrione dell’Immortale; può essere paragonato anche alla crisalide da cui deve uscire la farfalla. Tale paragone traduce esattamente il suo ruolo in rapporto alla resurrezione. Si usa situare il luz verso l’estremità inferiore della colonna vertebrale, il che può sembrare abbastanza strano, ma può essere spiegato rifacendosi a ciò che la tradizione indù dice della forza chiamata Kundalini che è una forma della Shakti considerata come immanente all’essere umano. Tale forza è rappresentata dalla figura di un serpente arrotolato su se stesso, in una regione dell’organismo sottile corrispondente all’estremità inferiore della colonna vertebrale». Nel luogo più lontano Lo Stato Maggiore Templare, o quanto meno il suo nucleo sapienziale più profondo, dovette accedere a un livello di conoscenza segreta nel momento in cui si recò in Terra Santa. Come questo avvenne non è possibile saperlo, forse trovarono dei documenti scavando sotto il tempio di Gerusalemme, ma a mio parere è la loro permanenza a contatto con “esoterismi” delle altre religioni del Libro, musulmani e cabalisti ebraici, che apportarono conoscenze profonde che si legavano proprio a questi specifici aspetti evolutivi. Già nel Corano alla sura 24, dal titolo “An-Nur”, la Luce, al passo 35 era scritto «Allah è la luce dei cieli e della terra. La Sua luce è come quella di una nicchia in cui si trova una lampada, la lampada è in un cristallo, il cristallo è come un astro brillante; il suo combustibile viene da un albero benedetto, un olivo né orientale né occidentale, il cui olio sembra illuminare senza neppure essere toccato dal fuoco. Luce u luce. Allah guida verso la Sua luce chi vuole Lui e propone agli uomini metafore». Dunque, come anche gli gnostici cristiani affermavano, bisogna andare oltre le metafore, in quanto queste nascondono ai non meritevoli la Luce divina. E la metafora è che questa “nicchia” è l’osso sacro in cui è acciambellata e custodita la scintilla o Kundalini dormiente. Questa, una volta risvegliata diviene una “lampada”, che è parte di un corpo splendente ed eterno puro come il cristallo e cangiante come un astro-stella, il cui comburente è l’olio (Sapienza) dell’Albero della Vita. “Luz”, significa infatti “Mandorlo”. In Qoelet al passo 12:5: «Quando il mandorlo fiorisce (…), l’uomo ritorna alla sua dimora eterna». Questo è il motivo per cui Gesù è spesso rappresentato in Corpo di Luce all’interno della “Mandorla Mistica”. Dunque, con queste elevate codificazioni nel Corano e nella Cabala, che ricordiamo, sono figlie dello stesso pensiero dei sapienti patriarchi dell’Antico Testamento, come non pensare che non vi sia stato un passaggio di conoscenze, che non dovette coinvolgere, quindi, solo l’architettura che portò alle cattedrali gotiche in Europa, ma anche saperi alchemici e gnostici. Contemporaneo alla presenza dei Templari in Terra Santa è infatti il mistico musulmano Muhammad ibn al-Arabi che parla dell’Osso Sacro nella sua opera “Il Nodo del Sagace” e, dunque, questa era un’informazione che i mistici musulmani, allora possessori di saperi e conoscenze che in Europa erano completamente sconosciute, già dominavano e che potè essere passata anche a quei Cristiani, “fratelli” di un’altra religione del Libro, sempre che fossero alla ricerca della stessa Tradizione Perenne. Ibn Arabi si esprime sull’Osso sacro in questi termini: «Dopo la creazione (…), lo sguardo e la funzione esistenziatrice della volontà divina si volsero altrove, verso l’Anima Universale, che è l’angelo nobile cui Dio Altissimo ispirò di scendere, mediante il governo divino, nella profondità del corpo fino alla sua parte più lontana, che è il punto del suo centro denominato Prodigio dell’Osso Sacro (Ajb al Ddhanab), il quale è il fondamento della costituzione dell’essere individuale umano, parte inalterabile e inattaccabile, luogo elettivo di direzione dell’Elemento supremo, creato dall’Intelletto divino nel momento in cui ebbe un’inclinazione verso di lui». Parole meravigliose, frutto di un’anima superiore che indicava come la grande Intelligenza Trascendente avesse posto nell’Uomo, nella sua “parte più lontana” (l’ultimo dei 33 gradini della scala rappresentata dalla colonna vertebrale) il fondamento di quella che è l’immagine divina nell’essere umano.
Il Fondamento
Perché di “fondamento” si tratta, come si legge in Proverbi 10:25: «Il Giusto è il fondamento del mondo», un passo che veniva dai cabalisti ebraici, e Maestri della conoscenza dell’Albero della Vita, associata alla sephira “Yesod”, che significa appunto “Fondamento”, l’ultima sephira prima di Malkut, che invece indica il Regno della materia. Questo perché il Luz è prigioniero nella materia, ma ad essa non appartiene essendo energia metafisica intrappolata. Come Giacobbe fonda la sua città interiore, “Betel”, sul risveglio del Luz, così è per ogni individuo che persegua il suo cammino di risveglio e trasmutazione. Un cammino che porta al risveglio della componente immortale nell’Uomo, che gli offre una nuova veste, di cui è metafora la “Veste Multicolore” del patriarca Giuseppe o “Corpo Arcobaleno” dei buddisti tibetani, o ancora il “Ricco Manto” di cui si parla in Giobbe 38:14 («La terra si trasfigura come creta sotto il sigillo e appare come vestita di un ricco manto»), in realtà un Corpo di Luce, indistruttibile ed eterno, come il Diamante (Amante di Dio) che, secondo Apocalisse è l’aspetto della Città Celeste, cioè il Luz risvegliato. Ecco perché Guenon afferma che «L’Angelo della morte non può penetrare in questa città (Luz) e non ha su di essa alcun potere». Oramai è chiaro che questi individui sapienti parlavano di quella che in Oriente è definita “Kundalini”. Gli Yogin induisti chiamano il Luz, “Madre Kundalini”, la dea-serpente giacente in sonno alla base del pilastro-spina dorsale: il chakra Muladhara. Solo se il Luz-Kundalini si ridesta, le potenze o “ruote” (chakra) del corpo di luce possono riattivarsi. In breve, questa energia da sopita e nell’osso sacro-Muladhara (Occidente) si sposta elevandosi verso l’altro polo, la Testa, il settimo chakra, Sahasrara (Oriente), passando per l’Ajna, il Terzo Occhio attivandolo. Ciò chiarisce anche il passo del Vangelo di Matteo 24:27 «Come la folgore viene da Oriente e brilla fino a Occidente, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo». Perché l’attivazione di questa energia è esattamente come un fulmine, improvvisa e potente, tanto che gli Alchimisti, figli della Tradizione Egizia e di cui i saggi musulmani furono degni custodi fino al passaggio di quest’Arte Reale in Europa, la chiamavano “Fulmine Salnitrico”. Insomma, il Luz è il “Logos” che, ridestatosi, ascende lungo la spina dorsale, e questo nella storia di Gesù è simbolizzato dalla corona di spine, metafora dell’ascensione dell’energia nella “spina dorsale” sino alla testa (o nell’Antico Testamento dalle spine del roveto ardente dove Dio si manifesta a Mosè).
Figlio della Luce
A questo punto il lettore si chiederà? “Ma questo che ha a che fare con Abraxas e il sigillo templare? Abraxas è una figura gnostica che incorpora gli opposti, li unisce e li bilancia. La testa di gallo simboleggia la perfetta vigilanza e l’annuncio di una nuova alba, una nuova luce nell’Uomo. I due serpenti come gambe sono le due energie elettromagnetiche a polarità complementare di maschile e femminile (+ e -) che la tradizione induista della Kundalini chiama “Ida” e “Pingala” e che fanno da base (ecco quindi perché sono le gambe) all’elevazione, lungo la “spina” e i sette chakra (o “sigilli” nel Cristianesimo), di “Shushumna”, la terza componente, vera attivazione della Luce nell’uomo. Ecco perché Abraxas mostra sette stelle al fianco della sua immagine. Lo scudo protettivo che porta con sé rappresenta la saggezza e l’impermeabilità all’oscurità, mentre la frusta è il rigore contro ogni manifestazione nell’uomo della stessa oscurità. Dunque il SECRETVM TEMPLI è spiegato. L’Abraxas gnostico, come Basilide alessandrino ci dice nel I secolo, è un Dio che unisce gli opposti, reggitore dell’ultimo cielo. Abraxas è il Cristo-Luz, l’energia luce o Kundalini emergente nell’essere umano secondo la visione gnostica. Lo stato maggiore dei Templari, anche grazie al contatto con scuole di saggezza europee già esistenti, tra le quali la “Scuola di Chartes”, dedicata agli studi filosofici e teologici, sorta alla fine del X secolo a Chartres e proseguita nel secolo successivo, avendo come programma lo sviluppo della teologia cristiana tramite la filosofia platonica, e al nuovo contatto in Terra Santa con i sapienti di Ebraismo e Islam, recuperarono e sposarono un altro Cristianesimo. Un Cristianesimo segreto, di cui Abraxas è simbolo secolare, perché figlio di conoscenze antiche e remote, nucleo di evoluzione e garante della vera trasmutazione in un “Ben-Hur” o “Figlio della Luce”. E come il Sole sorge dalle tenebre della notte, così l’Uomo Primevo, il Gigante Adamantino (di puro Diamante) risorge nel suo fulgore dall’oscurità della caverna che lo attanagliava.