
GLI DEI INGEGNERI
Il mistero della nostra evoluzione potrebbe essere racchiuso in un gene e nelle antiche cronache su popoli superiori venuti dal cielo
Cosa ci spinge a scavare nel nostro passato? È il desiderio di conoscenza o semplicemente l’inconscia reazione a un antico principio oppure a un futuro già vissuto, per vivere un presente, con una diversa consapevolezza?
Nella vana ricerca di risposte ci rendiamo conto che il tempo e lo spazio sono concetti relativi, sui quali l’uomo moderno può soltanto fantasticare, congetturando tesi e ipotesi poste ai confini della stessa esistenza umana.
Scopriremo mai la Storia della nostra genesi? Forse sì! Ma non sarà merito dell’uomo terrestre, perché egli vive racchiuso in quei concetti religiosi e paradigmi materialistici ai quali è stato spinto a credere. Soggiogato nel corso della sua evoluzione dalle imposizioni religiose e sociali, ha dovuto riadattarsi perdendo, con il trascorrere del tempo, la propria connessione con l’unicità dell’essere. Di conseguenza, ogni concetto filosofico o di natura scientifica che sia, sul “chi siamo” o da “dove veniamo”, se pur esternato con un’impeccabile e audace retorica, distorce senza chiarire ogni brandello di memoria che lega l’uomo al suo passato, facendolo allontanare sempre più dalla sua condizione primeva.
Il popolo venuto dal cielo
In molti, e sin dall’epoca classica, si sono cimentati nel vano tentativo di spiegare la provenienza della razza umana. Hanno cercato la genesi dell’uomo nei concetti filosofici e metafisici; altri hanno svolto ricerche empiriche e scientifiche per carpirne i segreti, ma ben poche sono state le risposte. Molte tesi proposte da eminenti studiosi arrancano con caparbietà per dimostrare l’infondatezza della teoria degli antichi astronauti, altre si spingono a congetturare i piani sottili dei concetti metafisici. Eppure, ancora oggi, esistono culture che custodiscono gelosamente un’altra storia, un altro Principio, sulle origini della razza umana, che si pone in netto contrasto con quanto ipotizzato dalla scienza ufficiale. Ad accendere forti dubbi e perplessità negli studiosi di tutto il mondo sono i voluminosi documenti, in parte riportati alla luce durante scavi archeologici, che narrano le cronache di un popolo, o forse più di uno, disceso dal cielo, che donò agli uomini parte della loro conoscenza, raggruppata nelle antiche credenze, che sono state tramandate da una generazione all’altra da tutte le culture del pianeta. Sumeri, Egizi, Maya, Aztechi, Indiani dell’India, le antiche tribù africane dei Dogon, gli aborigeni australiani, solo per citarne alcune, custodiscono nelle loro tradizioni culturali e religiose un patrimonio antropologico che racconta la storia della loro discendenza ancestrale, che non è quella ipotizzata dall’ortodossia canonica e tutte si concretano nella frase: a creare l’uomo moderno furono gli dèi che dal cielo scesero sulla Terra.
Il Dna saltellante
Per meglio comprendere un siffatto panorama ancestrale dovremmo spaziare tra le migliaia di studi, condotti in questi ultimi decenni da eminenti scienziati, che coprono l’intero contesto dello scibile umano, molti dei quali li ho riportati nel mio libro Il seme della vita genesi divina o aliena?
Tuttavia uno degli argomenti più spinosi sul quale si dibatte da decenni è la strana sequenza del Dna umano.
Il genetista orientale Sam Chang, ad esempio, considerato uno dei maggiori sostenitori della teoria non terrestre dell’uomo, insieme alla sua équipe, dopo anni di studi e ricerche, ha ipotizzato che alcuni particolari geni, definiti “geni spazzatura”, che costituiscono circa il 98,5% del genoma umano e le cui sequenze non sono codificanti, risultano essere del tutto inattaccabili da un punto di vista farmacologico e, di conseguenza, non possono essersi evoluti naturalmente sulla Terra, ma sarebbero di provenienza non terrestre. Molti commentatori, infatti, alla luce di ultime scoperte nel campo della genetica sostengono che una parte cospicua del nostro DNA, in altre parole quella definita erroneamente dalla scienza “Dna spazzatura”, è composta di elementi genetici mobili (trasposoni e retrotrasposoni), detti anche “DNA saltellante”, in grado di riscrivere e attivare – o disattivare – dei codici genetici. Il microbiologo William Brown ritiene che, attraverso specifiche disposizioni conformazionali, il Dna Satellite si colleghi al “Campo Morfico”, scoperto dal biologo inglese Rupert Sheldrake, secondo cui ogni specie, e ogni membro di ogni specie, attinga alla memoria collettiva della specie, si sintonizzi con i membri passati della specie e, a sua volta, contribuisca a un nuovo sviluppo della specie, comportando una sorta di “risonanza” fra gli individui e i gruppi della specie. Ad esempio, nel caso umano sono evidenti nei sottogruppi, nelle razze, nelle etnie, nelle gens, nelle famiglie, ecc…
Tuttavia, membri della comunità scientifica che hanno analizzato la teoria della risonanza morfica, enunciata per la prima volta dal Rupert Sheldrake, secondo il quale tale risonanza implica un universo non meccanicistico governato da leggi che sono esse stesse soggette a cambiamenti, hanno sentenziato che le sue affermazioni sconfinino nella pseudoscienza.
Il gene che cambia tutto
La notizia risale a qualche anno addietro e in breve tempo si è diffusa in tutte le sedi accademiche e scientifiche del pianeta, accendendo la fantasia di molti ricercatori, che hanno avviato una serie di analisi parallele per scoprirne la particolarissima struttura e capire il perché, rispetto al resto dei geni che costituiscono la doppia elica del nostro genoma, tali geni spazzatura sono delle roccaforti inaccessibili.
Si è anche ipotizzato che il loro nucleo sia composto da matrici sulle quali insistono tutte le informazioni che stanno alla base della Creazione, compreso l’uomo. Si tratta di una teoria molto allettate, concettualmente molto fantasiosa, eppure, da quanto ricavato dalle cronache semitiche, quando gli antichi dèi iniziarono i primi esperimenti per creare dei servitori che sostituissero gli Anunna(Ki) nel faticoso lavoro nelle miniere africane, fallirono miseramente, nonostante il loro elevato grado di conoscenze.
Ma i ricercatori si sono spinti oltre. Uno studio internazionale, pubblicato agli inizi del 2012, patrocinato dal Ministero della Scienza e della Tecnologia della Repubblica Popolare Cinese con il supporto finanziario della National Science Foundation della Cina (sviluppato dopo la scoperta dei microRNA, di cui l’acronimo miRNA, piccole molecole endogene di RNA non codificante, a singolo filamento, e definiti dal corpo scientifico come “geni spazzatura”), ha dimostrato l’esistenza di un particolare gene, il MIR 941, apparso improvvisamente nella struttura genetica umana tra i 6 milioni e un milione di anni fa, che giustificherebbe il passaggio dell’ominide del genere Homo Erectus a Sapiens e che si ritiene sia la causa che ridisegnò la struttura celebrale e gli organi interessati al linguaggio (corde vocali, laringe ecc.). Pur ammettendo che il gene MIR 941 fu innestato in un periodo compreso tra i 6/1 milioni di anni fa, chi o cosa ne determinò la causa? Gli scienziati preferiscono non rispondere a questa domanda, perché non hanno testimonianze, quindi dati sugli eventi di quel lontano passato; eppure una tesi, largamente condivisa, sostiene che l’improvvisa comparsa di questo gene nella struttura del genoma umano sia uno dei tanti “indirizzamenti” compiuti da una razza superiore per permettere all’Erectus di evolvere secondo determinate specifiche genetiche e conformanti alla “fisica” della Creazione. Le difficoltà sono innumerevoli e mettono in evidenza le agguerrite problematiche avanzate dagli accademici e dagli scienziati che supportano le teorie profuse dalla scienza ortodossa in contrapposizione ai ricercatori che avallano la teoria degli antichi astronauti. Nel tentativo di fare un po’ di chiarezza, abbiamo racchiuso tutte queste teorie nel saggio Il seme della vita – genesi divina o aliena?