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GUERRA CIVIL

Parte XIV

Nel 1936 in Spagna scoppiò il CONFLITTO fra i repubblicani e i nazionalisti di Francisco Franco. Vinse Franco. E iniziò la DITTATURA

In un caldo giorno d’estate al cimitero di Madrid due gruppi armati si confrontano, discutono, si insultano e alla fine mettono mano alle pistole. Sul campo del cimitero rimangono 4 morti e diverse decine di feriti. Se fosse un film, questo episodio potrebbe essere un foreshadowing (prefigurazione), un espediente usato per anticipare qualcosa che avverrà. E quello che accadde poco dopo quella giornata oggi lo sappiamo: la Guerra civile spagnola e l’inizio di una lunga dittatura durata 37 anni. Ma torniamo a quel cimitero. Era il 1936, il 14 luglio, e i due gruppi piangevano qualcuno: José de Castillo, tenente della Guardia de Asalto, la milizia del governo repubblicano, e José Calvo Sotelo, leader della destra monarchica ucciso per rappresaglia dai repubblicani. Solo pochi giorni dopo dalle milizie di stanza in Marocco partì un alzamiento, una rivolta che si diffuse presto in tutta la Spagna e durò tre anni.

Un Paese spaccato

La Spagna era in crisi da tempo. Era attanagliata da problemi sociali, contadini in miseria e senza terra vessati dai grandi latifondisti e operai delle aree di nuova industrializzazione, come la Catalogna e i Paesi Baschi, che vivevano al di sotto della soglia di povertà e con poche garanzie. Questo creò un terreno fertile per il radicalismo di sinistra, soprattutto da parte dei movimenti sindacali anarchici. Inoltre, dopo l’abdicazione del re Alfonso XIII, l’introduzione del suffragio universale maschile aveva portato a una proliferazione di partiti di destra e di sinistra e gli spagnoli erano divisi su posizioni tra loro assolutamente inconciliabili. Da una parte c’erano la destra monarchica e ultracattolica, rappresentata dai carlisti, dai falangisti guidati da Antonio Primo de Rivera, di stampo fascista, e dai repubblicani di destra. Dall’altra c’erano le sinistre di vario genere, dai socialisti ai comunisti stalinisti (Pce) e ai trotzkisti (Poum), dai repubblicani di sinistra fino agli anarchici (Fai) refrattari a qualsiasi forma di Stato e di governo, che rifiutavano per principio le elezioni.

Arriva Franco

Nel 1936 la sinistra, finalmente unita in un unico fronte (il Fronte popolare) vinse le elezioni. Una vittoria di misura che evidenziava bene lo spaccamento del Paese: 34% del Fronte contro 33% delle destre. Nacque un governo di minoranza guidato dai repubblicani di sinistra di Manuel Azana che divenne presidente del Consiglio e della Repubblica. Ma il Paese era instabile e le violenze e le agitazioni di prima continuarono soprattutto ai danni dei cattolici, delle chiese e dei conventi, considerati conservatori e sostenitori della destra. I falangisti, temendo attacchi da parte del nuovo governo, avevano istituito una milizia propria. E gli operai erano ancora in agitazione perché le riforme promesse tardavano ad arrivare. Insomma ognuno combatteva una sua “personale” battaglia e fu in questo clima che avvennero gli omicidi di Castillo e Sotelo.

La febbre emotiva nel Paese si stava alzando e i nazionalisti erano convinti che fosse giunto il momento di attaccare. Per questo avevano organizzato in quella stessa estate un alzamiento (sollevazione) militare che sarebbe dovuto durare solo pochi giorni. Il 17 luglio, quattro armate dell’esercito si ribellarono al governo repubblicano. Tra queste c’era anche il Tercio, la Legione straniera spagnola, comandata da Francisco Franco. Il giovane generale aveva già avuto modo di mettersi in evidenza nel 1934, durante la repressione nelle Asturie.

Ma torniamo all’alzamiento. La sollevazione partita dal Marocco, dove erano di stanza le guarnigioni di Francisco Franco, si diffuse rapidamente anche nelle città spagnole e alcune di queste caddero sotto il controllo dei ribelli. Barcellona e Madrid, in seguito alla formazione di temporanee milizie di volontari tra la popolazione, riuscirono a resistere. Fu così che quello che venne progettato come un colpo di Stato lampo si trasformò in una guerra, che durò 3 anni e costò la vita a circa un milione di persone.

La Guerra civile spagnola ebbe due conseguenze importanti: la prima fu la presa del potere di Franco in Spagna, che instaurò una dittatura di stampo fascista durata 37 anni, fino alla sua morte. La seconda fu l’aumento della tensione internazionale. Sul terreno iberico infatti si confrontarono alcuni dei Paesi che poi sarebbero stati coinvolti nella Seconda guerra mondiale. Alcuni, come l’Italia, la Germania e l’Urss, che aiutarono i rispettivi schieramenti (quello fascista i primi due, quello comunista il terzo), ebbero modo di sperimentare così i loro arsenali bellici e propagandistici.

Prove di guerra totale

Il contributo più consistente arrivò dall’Italia di Mussolini, che usò la Guerra civile spagnola a fini di propaganda, costruendo il consenso intorno al mito della crociata antibolscevica. Da tempo il duce finanziava segretamente la Falange spagnola e dopo l’alzamiento inviò 60mila volontari e 750 velivoli, compresi aerei da bombardamento e alcune navi da guerra. L’arsenale italiano, molto meno forte di quello tedesco, fu messo a dura prova: molte di quelle risorse non furono più disponibili in seguito durante il conflitto mondiale.

Al contrario, per la Germania, che inviò 20mila uomini, la Spagna e la sua guerra servirono proprio come terreno di sperimentazione di quelle armi che sarebbero poi state usate nella guerra mondiale. Come dimostra il bombardamento di Guernica avvenuto il 26 aprile del 1937. L’episodio, che suscitò la condanna della comunità internazionale e ispirò Pablo Picasso (che subito dopo dipinse il famoso quadro sugli orrori della guerra), prefigurò quello che presto sarebbe successo in molte altre città europee durante il conflitto mondiale: il piccolo centro fu quasi raso al suolo. Altri aiuti arrivarono ai nazionalisti da Paesi amici e da simpatizzanti: Portogallo, Romania e Irlanda.

Volontari

Un grande contributo umano, dall’autunno del 1936, venne dalle cosiddette brigate internazionali, costituite da operai, studenti e lavoratori di fede socialista, comunista e anarchica provenienti da diversi Paesi: Francia, Italia (gli italiani che combatterono dalla parte repubblicana furono circa 4mila), Germania, Gran Bretagna, Europa dell’Est, Stati Uniti, Cina, Cuba. Circa 39mila uomini e donne (ma le cifre restano incerte), tra cui anche dottori e infermieri. Molti di questi volontari si spesero nella difesa delle grandi città e di Madrid, e fu proprio nel tentativo di prendere la capitale che fu combattuta una delle battaglie più importanti, nella città di Guadalajara.

Franco voleva isolare Madrid per poi attaccarla frontalmente e le operazioni belliche erano affidate soprattutto ai legionari italiani, fermati dalle truppe delle brigate internazionali di cui facevano parte anche gli antifascisti (sempre italiani) del Battaglione Garibaldi. Sul suolo spagnolo, insomma, si misurarono italiani di due fazioni diverse. Alla fine a Guadalajara vinsero le forze governative e Madrid rimase nelle mani dei repubblicani, costringendo Franco a cambiare strategia, per adottarne una che si rivelò in seguito vincente.

Lo zampino di Stalin

Franco era il capo indiscusso delle truppe nazionaliste, pur non essendo stato il vero promotore dell’alzamiento ma solo uno degli esecutori. Per uno strano caso, però, i generali che avrebbero dovuto essere i leader naturali della sollevazione nazionalista, José Sanjurjo ed Emilio Mola, organizzatori del colpo di Stato del ’36, morirono a distanza di undici mesi l’uno d’altro, senza vedere la fine del conflitto. Così il “generalissimo” (cioè il comandante in capo di tutte le forze) Franco divenne anche capo provvisorio dello Stato, proclamato dalle forze nazionaliste.

Con il passare del tempo il Fronte popolare andava via via dividendosi a causa dell’influenza sovietica. Stalin infatti si era deciso ad aiutare gli spagnoli ma solo a patto che l’obiettivo fosse la conquista del potere assoluto da parte del partito. Fu così che i comunisti del Pce si trovarono in taluni casi a dover aprire due fronti: uno contro i fascisti e l’altro contro socialisti, trotzkisti e soprattutto anarchici. Con il risultato che nelle campagne e nelle strade di molte città si combatteva una guerra civile nella guerra civile.

Trionfo finale

E così nel 1938 le sorti della guerra cominciarono a essere sempre più favorevoli ai franchisti. La battaglia dell’Ebro e quella di Barcellona mostrarono la superiorità militare, soprattutto aerea, dei nazionalisti. Nel 1939 le truppe fedeli a Franco conquistarono Barcellona e Gerona, con il risultato che il presidente della Repubblica Azana fu costretto alle dimissioni. Ormai non c’era più niente da fare: il governo fuggì in Francia. Il 28 marzo 1939 Franco entrò trionfante a Madrid, con i miliziani a lui fedeli, unico leader dei falangisti, che dopo la morte di Primo de Rivera divennero franchisti. L’anonimo generale di stanza in Marocco era diventato il Caudillo (cioè “Duce”) di Spagna, fondatore di una delle dittature più longeve dei tempi moderni.

Continua

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