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I SEGRETI DI MALTA

Le isole maltesi, e gli edifici sacri ivi custoditi, sono una destinazione importante per i cercatori di saggezza e per i devoti ai Misteri antichi. Quando nacque questo culto e perché? È possibile che siano stati un luogo di pellegrinaggio in un’epoca remota, non solo negli ultimi 5.000-6.000 anni? Forse si deve tornare indietro il doppio del tempo, alla fine dell’ultima Era Glaciale…

Gli antichi templi megalitici di Malta e Gozo, l’isola più piccola situata all’estremo nord dell’arcipelago del Mar Mediterraneo, per migliaia di anni sono stati meta dei viaggiatori in tutta la regione mediterranea e oltre. Anche se in uno stato rovinoso, il loro aspetto resta incredibilmente impressionante, con blocchi di calcare che pesano da venti a quaranta tonnellate. Esistono prove che tali templi non siano stati solo un luogo di venerazione, ma che siano stati riutilizzati nel tempo e ricostruiti nel corso dei secoli e dei millenni. Le popolazioni dell’Età del Bronzo del tardo terzo millennio a.C., etichettate spesso come “invasori”, si appropriarono di vari templi, ristrutturandoli per i propri scopi. Potrebbero, infatti, aver attribuito ad essi un significato diverso da quello voluto dai costruttori originari. In effetti, definire tali strutture “templi” potrebbe non essere completamente corretto né rendere loro giustizia, poiché non sappiamo per certo quale fosse la loro funzione iniziale. La stessa forma originale delle strutture è messa in discussione: erano a cielo aperto o avevano una copertura? Oggi sono una destinazione primaria per i devoti del “Dea Movement” che vedono nei piani arrotondati dei templi la forma voluttuosa di un simbolo di fertilità, la “Dea Madre”, che è presumibilmente rappresentata nelle statue qui ritrovate e ad essa associate (1) “). Quale fu il loro ruolo in principio? Perché furono edificati? Quando?

Ipotesi di migrazione

Secondo gli archeologi tradizionali, le isole maltesi furono abitate per la prima volta intorno al 5200 a.C. da popolazioni di coloni, molto probabilmente emigrati dalla Sicilia (2). In base a questa ricostruzione i primi templi megalitici sarebbero stati costruiti solo mille anni dopo, durante il quarto millennio a.C., e l’opera di edificazione sarebbe proseguita fino al terzo millennio a.C. (3).

Che margine di attendibilità ha tale ricostruzione cronologica e in che modo i templi maltesi si inseriscono nel quadro più ampio della presenza dell’uomo sulla Terra? Due domande che non ho potuto fare a meno di pormi quando ho avuto l’opportunità di esplorare in prima persona i vari siti archeologici dell’arcipelago di Malta, durante una breve escursione a marzo 2017. Nonostante i vincoli imposti dalla Storia, così come riconosciuta accademicamente, permangono notevoli controversie in merito alla data dei primi insediamenti stabili dell’uomo sulle isole maltesi. Durante la tarda Era Glaciale, verso il 18000 a.C., quando il livello del mare era 130 metri più basso di oggi, tutte insieme le isole dell’arcipelago di Malta formavano un’unica massa terrestre che si estendeva per numerosi chilometri a nord dell’attuale costa. Inoltre, la parte sud-orientale era collegata alla Sicilia da un lembo di terra, che scomparve sotto le acque in aumento alla fine dell’ultima Era Glaciale (4). Durante il periodo dell’esistenza di quel “ponte terrestre” c’erano popolazioni umane ben consolidate in Sicilia, ed è davvero inconcepibile pensare che le stesse popolazioni non siano migrate lungo quella lingua di terra, che durante la sua massima esposizione era larga circa 40 chilometri, occupando quelle che ora sono le isole maltesi. Nella migliore delle ipotesi, la maggior parte degli archeologi insisterà sul fatto che questa è una speculazione e che occorrono prove fisiche per dimostrarla.

Realisticamente, molte delle prove potrebbero ora trovarsi sotto il livello del mare. Tuttavia, una prova esiste ed è il collegamento tra vari resti umani trovati nella grotta di Ghar Dalam, a sud-est di Malta, che risultano essere coevi ad alcuni resti di animali tardo glaciali (5). La visione convenzionale, che respinge sommariamente le prove di un’occupazione umana sull’isola prima del 5200 a.C. circa, è stata presentata da N. Fabri nel 2007: “Ghar Dalam, Heritage Malta”. Eppure, anche se le prove della presenza dell’essere umano in questa zona durante l’ultima Era Glaciale sono attualmente scarse, analizzando tutti i dati a disposizione nel dettaglio, ritengo sia una ipotesi plausibile.

L’impronta di Orione

Sicuramente i templi megalitici stessi sono costruiti con blocchi di pietra scolpita che non possono essere datati direttamente. Il radiocarbonio e gli strumenti di cui sono in possesso oggi gli studiosi possono datare l’utilizzazione delle strutture da parte di varie popolazioni umane. In alcuni casi è possibile stabilire la cronologia della ricostruzione del tempio, ad esempio se sono state usate malte contenenti sostanze ascrivibili a un determinato periodo di tempo, ma non permettono di registrare le loro origini. Un metodo proposto per datarne le basi originali è quello di verificare gli orientamenti astronomici in base ai quali sarebbero stati costruiti dagli antichi architetti, correlando tali orientamenti con il cielo notturno durante particolari epoche del passato. Tuttavia, gli eventuali riferimenti astronomici correlati ai templi sono stati elusi, se non ignorati, per decenni dagli archeoastronomi, in gran parte credo perché si sono concentrati sul periodo tradizionalmente riconosciuto, che abbraccia gli anni tra il 3.600 e il 2.500 a.C., ignorando le epoche precedenti (6). Recentemente Lenie Reedijk, che ho incontrato fortuitamente nel complesso del tempio di Mnajdra, durannte l’Equinozio di Primavera del 2017, ha dimostrato che molti dei principali templi di Malta e Gozo erano orientati verso l’ascesa o il posizionamento della stella Sirio. La “Stella del Cane”, come viene anche chiamata, fu un riferimento molto significativo per diverse culture antiche. Sirio è la stella più luminosa nel cielo notturno e si trova nella costellazione ora nota come “Canis Major” (il Grande Cane), compagna di Orione. La stessa correlazione, riscontrata a Göbekli Tepe, è stata codificata a livello temporale alla fine dell’ultima Era Glaciale, intorno al 9.700 a.C.. Qui il pilastro centrale del recinto D sembra essere una rappresentazione reale di Orione, con la sua cintura prominente e il suo cane (si veda il mio libro del 2012, “La Civiltà Perduta e le Catastrofi dal Sole” e gli appunti che ho pubblicato online www.robertschoch.com/sida.html). Anche gli antichi Egizi riverivano Sirio e Orione, che per loro rappresentavano Osiride. Dunque, non fui sorpreso di apprendere dell’ipotesi che Sirio avesse avuto un ruolo importante nell’orientamento dei templi maltesi.

Strutture di altri tempi

Secondo l’analisi di Reedijk, a causa dei cambiamenti precessionali, Sirio non fu più visibile alla latitudine di Malta intorno al 14.600 a.C. e riapparve nel cielo notturno maltese intorno al 9.200 a.C.. Sulla base degli orientamenti dei vari templi e della posizione mutevole (azimuth) di Sirio, dovuta alla precessione, Reedijk ipotizza le seguenti date per la costruzione originale dei templi maltesi: il 9.150 a.C. per il primo tempio di Hagar Qim; il 9.050 a.C., il 8.550 a.C., il 8.300 a.C. e il 4.850 a.C. corrispondenti a diverse porzioni del complesso del tempio di Tarxien; il 7.950 a.C. e il 6.150 a.C. per alcune porzioni del complesso del tempio di Mnajdra; il 5.350 a.C. e il 4.250 a.C. per i templi di Ggantija a Gozo. All’interno di questo intervallo, tra il 9150 eil 4250 a.C., Reedijk colloca anche una serie di altre costruzioni di templi maltesi (7). Mentre leggevo e digerivo il lavoro di Reedijk, è stato naturale per me inserirlo in seno alle ipotesi di studio che Katie (mia moglie, Catherine Ulissey) ed io stiamo portando avanti in merito al periodo da noi definito l’Età Oscura indotta dal Sole (SIDA), durata per circa 6000 anni, dal collasso dell’antica civiltà, avvenuto nell’Era Glaciale (rappresentata da Göbekli Tepe e dalla prima edificazione della Grande Sfinge in Egitto) intorno al 9700 a.C., fino al riemergere della civiltà a pieno titolo in Egitto, in Mesopotamia e altrove, durante il quarto millennio a.C.. Pertanto, se la datazione di Reedijk dei templi maltesi è corretta, essi rappresentano l’espressione maltese locale del SIDA (FENIX 122 pag.24). La datazione accademica convenzionale, che collocherebbe questi templi nel quarto e nel terzo millennio a.C. non rifletterebbe, dunque, le origini di queste strutture, ma l’adozione, il riutilizzo e in alcuni casi la ricostruzione di strutture molto precedenti.

L’ultima Era Glaciale e la Civiltà di quel tempo furono portate a termine dalle potenti eruzioni solari che iniziarono il periodo del SIDA. Nel cielo apparvero configurazioni distinte di plasma carico elettricamente, che assunse diverse forme: ora simili a figure umane, ora ad anelli a cascata a volte simili a cerchi nel cielo, altre a una serie di tavole impilate), ora a figure stilizzate con teste di uccelli (“birdmen”), ora ad altre forme caratteristiche come l’Aurora Boreale e l’Australide, ma molto più potenti (8). Per sfuggire alla devastazione che avveniva in superficie e agli elevati livelli di radiazioni, talvolta letali, durante i fenomeni più acuti di tali esplosioni solari, gli umani cercarono rifugio nelle caverne. In alcuni casi le eruzioni solari spinsero le particelle elettricamente cariche di plasma, che fluivano nella nostra atmosfera, fino alla superficie terrestre proiettandoli come enormi “fulmini” che incendiarono e fusero la roccia, la quale a sua volta, raffreddandosi rapidamente, si sarebbe solidificata in una sostanza vetrosa grezza, in un processo noto come vetrificazione.

Rifugi sotterranei

La domanda è: possiamo scoprire qualche prova diagnostica del SIDA a Malta? Con mia grande soddisfazione, credo che la risposta clamorosa sia “Sì”. Prendiamo in considerazione il problema delle caverne. Si scopre che Malta, oltre l’esempio diì Ghar Dalam già menzionato prima, ha una lunga e forte tradizione di trogloditismo, o abitazione delle caverne. Nell’arcipelago maltese, il dimorare nelle caverne risulta essere una pratica ben consolidata in epoca medievale, che si protrasse fino al diciannovesimo secolo, ma le sue origini potrebbero risalire a molto prima. Suggerisco di tornare alla fine dell’ultima Era Glaciale. A Misrah Ghar il-Kbir (centro-ovest di Malta) ho avuto l’opportunità di esaminare alcune di queste grotte, che ancora oggi conservano varie pareti interne in pietra, archi intagliati, nicchie e altre testimonianze di un’occupazione umana a lungo continuata. La guida locale, che aveva una preparazione accademico-universitaria, ci ha detto con orgoglio che i primi abitanti di Malta vivevano in tali grotte. Su una delle pareti della caverna è dipinto un uomo di figura stilizzata, insieme a quella che sembra una grande antilope o un erbivoro di tipo bovino, che evoca proprio le configurazioni di plasma osservabili nel cielo alla fine dell’ultima Era Glaciale. Sebbene tale ipotesi sia suggestiva, sospetto che si tratti di un dipinto rupestre di epoca più tarda, un’aggiunta moderna. Tuttavia, l’autenticità e l’antichità delle caverne non è in discussione.

Il segno della Ruota

Nelle vicinanze di queste grotte sono riscontrabili numerosi “Cart Ruts” (“Solchi di Carro”), che fino ad oggi non sono stati spiegati in modo soddisfacente. Informalmente tale groviglio di segni, tracciati nell’area di Misrah Ghar il-Kbir è indicato come “Clapham Junction” (in memoria della stazione ferroviaria che ha lo stesso nome a Londra). Sebbene siano state suggerite altre spiegazioni per tali solchi, come l’ipotesi che siano tracce di possibili antichi sistemi d’irrigazione, la maggior parte degli studi tendono a sostenere che essi siano realmente ciò che sembrano essere, ovvero solchi creati dalle ruote di carri o di carrelli, data la distanza costante che è possibile registrare tra le coppie di solchi, che corrisponderebbe a una spaziatura realistica tra le ruote di un carro. Come possono essere stati tracciati o come possono essersi formati in quello che ora è a tutti gli effetti calcare molto solido? Sembrano essere estremamente antichi e in alcuni casi simili solchi sembrano condurre senza senso fuori dalle scogliere o nel mare.

È stato suggerito che il calcare locale sia in realtà così morbido e friabile che le ruote di un carro di legno, nel corso dei secoli, possano aver lasciato traccia del loro passaggio sulla roccia. Tuttavia, pensando in termini di eruzioni solari, Katie ha suggerito un’altra ipotesi. Che cosa accadrebbe se i solchi fossero stati tracciati originariamente su un fango calcareo che solo successivamente è stato “informato” dalle esplosioni solari che hanno concluso l’ultima era glaciale? Da una prospettiva geologica si tratterebbe essenzialmente di un tipo di metamorfismo di contatto, simile alla cottura di argilla in un forno per creare terrecotte o mattoni per indurirli. Se fosse così, catturerebbe un preciso “momento nel tempo”: il giorno in cui l’Era Glaciale si è conclusa. Inoltre, potrebbe potenzialmente dimostrare che anticamente quelle persone usavano carri e mezzi con le ruote e che i vagoni esistenti, scomparsi per molto tempo nella storia dell’uomo, siano stati letteralmente inceneriti quando avvenne l’esplosione solare. Peraltro, gli stessi solchi che sembrano casualmente portare nel mare o ai margini delle scogliere avrebbero più senso se risalissero alla fine dell’ultima Era Glaciale, quando i livelli del mare erano più bassi: probabilmente continuavano sulla terraferma e le scogliere geologicamente recenti non erano ancora state formate dai successivi fenomeni atmosferici e dall’azione delle onde.

Rocce vetrificate

Tornando ai templi maltesi, Katie ed io abbiamo cercato anche eventuali prove dirette della vetrificazione, e potremmo averle trovate, anche se ci vorranno ulteriori studi per confermarle o confutarle. Alcune delle parti superiori dei vari blocchi dei templi sembrano mostrare la trama spaccata e spumeggiante della roccia vetrificata, con precise caratteristiche che si attenuano gradualmente man mano che ci si sposta verso la base del blocco, come previsto quando un calore intenso giunge improvviso, bruciando tutto dall’alto. Ancora più rilevante è che le basi di alcuni dei blocchi d’ingresso ai templi sembrino essere state scavate nella roccia, che contiene effettivamente strisce o zone di vetrificazione, sempre che ciò che vediamo oggi non siano riparazioni moderne. Supponendo che Reedijk abbia ragione nel datare parte dei templi maltesi ai tempi del SIDA e che i templi siano stati ricostruiti nel tempo, usando blocchi e pietre più vecchi ed orientandoli verso la nuova posizione di Sirio in seguito ai cambiamenti precessionali, potremmo spiegare perché alcuni blocchi mostrino la presenza di un processo di vetrificazione. In effetti, le soglie delle porte rialzate potrebbero essere state appositamente scavate nella roccia, colpita da scariche di plasma avvenute durante le eruzioni solari, causando la vetrificazione e lasciando traccia di quei tempi tumultuosi che hanno chiuso un precedente ciclo della Civiltà. Eventi che potrebbero ripetersi!

Simboli e spirali

Se ci rivolgiamo all’arte antica associata ai templi maltesi, trovo anche una precisa corrispondenza con il simbolismo solare, indice di un riferimento implicito alle eruzioni plasmatiche che rimandano alla più recenti ipotesi avanzate sulla fine dell’ultima Era Glaciale. Sfortunatamente, molte, se non la maggior parte, delle immagini associate ai templi sono andate perse. Diverse pareti erano presumibilmente intonacate e/o dipinte. Ora abbiamo solo pietra esposta. Tuttavia, i motivi che rimangono visibili includono spirali intagliate, spesso in coppia, che certamente assomigliano alle immagini che il dottor Peratt presume possano essere state osservate nel cielo durante una grande esplosione solare. Ancora più indicativo, a mio parere, è il motivo scolpito su un presunto altare (non possiamo davvero essere certi della sua funzione) trovato a Hagar Qim, che raffigura un classico schema ad anello a forma di cascata, dove i dischi sono visti sul bordo e formano una struttura simile a un albero molto simmetrico. Tale iconografia, se associata alla vita nelle grotte, può rappresentare un’altra prova a sostegno del processo di vetrificazione e della ri-datazione dei vari complessi di templi presenti a Malta, i cui resti possono considerarsi prove “fumanti” del SIDA. Le persone di quel tempo ripotarono sulle pareti la memoria del precedente ciclo di Civiltà e degli eventi che lo condussero alla fine. Veneravano antichi relitti, inclusi materiali usati e riutilizzati nei loro templi e conservavano le tradizioni dei loro antenati.

NOTE

  1. History and Anthropology, a cura di Kathryn Roundtree, edito nel 2002, volume 13, numero 1, pp. 31-51
  2. Culture and Cosmos, a cura di Tore Lomsdalen, pp. 77-105, 2013
  3. The Prehistoric Temples of Malta e Gozo, a cura di Themistocles Zammit, note di Karl Mayrhofer, 1995/2000, Union Print.
  4. Federica Foglini e altri in “Geological Society of London, Special Publications”, vol. 411, edito nel 2015
  5. “Dossier Malta, Evidence for the Magdalenian”, a cura di Anton Mifsud e Simon Mifsud, edito dalla Proprint Company Limited nel 1997)
  6. “Archeoastronomy”, studio a cura di John Cox pubblicato nel 2001 nel vol. 16, pp. 24-37
  7. “Sirius, the Star of the Maltese Temples” a cura di L. Reedijk, MaletBooks, 2018
  8. “Institute of Electrical and Electronics Engineers Transactions on Plasma Science”, a cura di Anthony Peratt, 2003, vol. 31, pp. 1192-121

di Robert Schoch, (Geologo – Università di Boston)

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