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I SEGRETI INTIMI DI ADOLF HITLER

Si dice che avesse un solo testicolo e che soffrisse di alito cattivo; che discendesse da avi ebrei e che stravedesse per Greta Garbo; persino che avesse progettato una sexy bambola gonfiabile per le truppe. E perché portava quei curiosi baffetti?

Durante la Seconda guerra mondiale, girava la storiella che Hitler soffrisse di monorchidismo, avesse cioè un solo testicolo. Nel 1943 il soldato Eugen Wasner lo testimoniò in un tribunale dicendo che l’altro gli era stato strappato da un caprone a cui aveva orinato addosso. Negli anni 60, il dottore Johan Jambor, medico dell’esercito tedesco nella Prima Guerra mondiale, disse di aver curato il soldato Hitler, ferito all’inguine durante la battaglia della Somme, e confermò che gli fosse rimasto un solo testicolo. Gli storici, però, restano dubbiosi e in mancanza di prove definitive sospendono il giudizio. Insomma, quello del testicolo mancante è ancora un mistero fitto.

Baffetti a spazzola

I “baffetti a spazzola”, in inglese toothbrush moustache, sono stati adottati da Charlie Chaplin dal 1914 e, qualche anno più tardi, da Oliver Hardy, la metà del celebre duo comico Stanlio e Ollio. Eppure, non c’è persona al mondo che non li associ al Führer. E pensare che da giovane, il caporale Adolf li portava lunghi, folti e all’insù, secondo la moda prussiana. Come e per quale motivo abbia poi adottato il taglio a spazzolino resta un mistero. C’è chi, come lo scrittore Alexander Moritz Frey, sostiene che sia stato a causa di un ordine dei suoi diretti superiori: il giovane soldato, arruolato nel 16° Reggimento di fanteria bavarese, come ogni recluta doveva avere baffi corti per poter indossare senza intralcio la maschera antigas, indispensabile nel caso di attacchi chimici da parte degli inglesi. Per lo storico Christopher Oldstone-Moore, invece, la verità è che Hitler se li tagliò così imitando i baffi militari di una volta, per darsi un’aria più marziale.

I denti guasti e l’alitosi

Hitler fu un vero fanatico di dolci, il che gli provocò molte carie e parecchie grane. Il Führer, in effetti, non si fece curare perché aveva il terrore del dentista; Hugo Johannes Blaschke, suo dentista personale, disse di lui: «Moriva dalla paura alla sola idea di doversi sedere sulla mia sedia». Una volta, Blaschke ci mise otto giorni a pulirgli la radice di un dente: fu costretto a interrompere il lavoro di continuo perché Hitler «non riusciva a tollerare il dolore». Che il Führer avesse una bassissima soglia del dolore e molti denti guasti (nel 1944 fu sottoposto a ben 10 otturazioni), lo conferma anche la studiosa tedesca, specialista di Storia della medicina, Menevse Deprem-Hennen, autrice di un libro su Hitler e Blaschke, intitolato Dentist of the Devil (Il dentista del diavolo). Vi si legge che le carie non curate provocarono al Führer diversi ascessi, una grave parodontite e un perenne alito cattivo.

Davvero amava i cani?

Hitler è passato alla storia come un grande appassionato di cani, ma questo è vero solo in parte: più che amare i cani, ne apprezzava la compagnia se sentiva di poterli dominare o se si piegavano docilmente al suo volere. Scrive lo storico Charles Patterson, autore di Un’eterna Treblinka. Il massacro degli animali e l’Olocausto (Editori Riuniti, 2003): «A Hitler piacevano specialmente i pastori tedeschi e considerava i boxer dei cani “degenerati”. E li “amava” nel senso che “amava” controllarli e dominarli». Nella Prima guerra mondiale, diventò amico di un terrier bianco, Fuchsl (Volpino), scappato attraverso le linee nemiche, che in seguito fu costretto ad abbandonare: «Gli volevo molto bene», ricorderà in seguito, «ubbidiva solo a me». Durante la Seconda guerra mondiale, il Führer tenne con sé una femmina di pastore tedesco, Blondi, che lo adorava nonostante le frustate. «Con i suoi cani, così come con ogni essere umano con cui entrò in contatto», scrive Ian Kershaw, «la relazione era basata sulla subordinazione al suo dominio». Non sorprende, perciò, scoprire la fine di Blondi: Hitler ordinò di ucciderla qualche ora prima di suicidarsi nel bunker di Berlino.

Mangiava poca carne

Il mito di un Führer vegetariano è stato diffuso soprattutto da Janet Barkas, autrice di The Vegetable Passion (La passione vegetale), e Colin Spencer, autore di The Heretic’s Feast (Il banchetto degli eretici), ma molti degli storici l’hanno smentito. Hitler soffriva di problemi digestivi, “atulenza e dolori allo stomaco e per questo fu consigliato di mangiar poca carne; in effetti ne diminuì il consumo, ma continuò ad apprezzare le salsicce bavaresi, i fegatini, la selvaggina arrosto e i piccioncini farciti, come testimoniano Albert Speer, architetto e ministro per gli Armamenti del Reich, e la sua cuoca preferita, Dione Lucas. A giudizio dello storico Robert Payne, il mito del vegetarianismo di Hitler sarebbe stato creato da Joseph Goebbels, ministro della Propaganda del Terzo Reich, per dargli un’immagine di autocontrollo superiori. L’ipotesi spiegherebbe perché Hitler, preso il potere nel 1933, abbia bandito le associazioni vegetariane in Germania e ne abbia fatto arrestare i dirigenti.

Infatuato di Greta Garbo

Tanto Hitler quanto il suo ministro Joseph Goebbels nutrirono un costante interesse per il cinema e in questa “passione” non c’era solo una buona dose di fascinazione personale: c’era anche tanta politica. In effetti, entrambi furono ben consapevoli dell’enorme potere propagandistico della settima arte. Hitler, nonostante amasse farsi fotografare accanto alle attrici, da Olga Tschechowa e Lili Dagover a Emmy Sonnemann, la star che nel 1935 sposò il gerarca Hermann Göring, ebbe un’unica, intensa “infatuazione cinematografi-ca”: quella per Greta Garbo. Il Führer se ne innamorò nei primi anni Venti, quando Greta Garbo era ancora un’attrice svedese semi-sconosciuta di nome Greta Louisa Gustafsson. Dopo aver bucato lo schermo nel film La leggenda di Gösta Berling, diretto da Mauritz Stiller nel 1924, la “divina” fu invitata in Germania nel 1925 per girare Die freudlose Gasse (La via senza gioia), per la regia dell’austriaco Georg Wilhelm Pabst. Sul set tedesco, Hitler la tempestò di lettere d’ammirazione, mazzi di rose rosse e inviti a cena, ma lei non cedette. Nel 1926, grazie all’interessamento del produttore Louis Mayer, della Mgm, la “divina” passò a Hollywood, ma Hitler non la dimenticò e le inviò numerosi inviti affinché visitasse la Germania e vi girasse qualche film propagandistico. Lei naturalmente rifiutò. Hitler continuò ad adorarla sullo schermo, ignaro del fatto che la “divina” non solo lo detestasse, ma che lo avrebbe anche ammazzato, se avesse potuto. Questo dettaglio emerge dalla biografia Garbo, redatta da Barry Paris e pubblicata in Usa nel 1996. Secondo Paris, durante la Seconda guerra mondiale, la diva confessò a un’amica: «Se non fosse scoppiata la guerra, avrei ucciso Hitler. Sarebbe stato facilissimo. Avrei potuto accettare un suo invito, estrarre la pistola dalla mia borsetta e sparargli diritto alla tempia. Sarebbe stato facile perché, come sai, io sono l’unica persona che i suoi gorilla non avrebbero mai perquisito».

Discendente di avi ebrei

Che il Führer potesse avere antenati ebrei era una voce che circolava già ai suoi tempi: messa in giro da nemici politici, questa diceria si appoggiava ad alcune incertezze genealogiche presenti nella sua famiglia d’origine. Adolf Hitler, in effetti, era figlio di Alois Hitler che, a sua volta, era il figlio illegittimo di una cameriera, Maria Schicklgruber; quest’ultima non rivelò mai il nome del padre, ma i maligni supposero che fosse un giovane, ricco ebreo. La diceria è probabilmente falsa, ma l’ipotesi che Hitler avesse antenati ebrei non è del tutto peregrina. Nel 2010, alcuni ricercatori belgi hanno analizzato il Dna estratto dai campioni di saliva di 39 parenti di Hitler. I risultati sono stati eclatanti: nel corredo genetico della famiglia è stato rintracciato un cromosoma, l’Aplogruppo E1b1b1, abbastanza raro nell’Europa Occidentale, ma comune tra gli ebrei sefarditi e ashkenaziti, tra i popoli del Mediterraneo e i Berberi del Maghreb. Lo studioso Jean-Paul Mulders ha detto in un’intervista al settimanale belga Knack: «Hitler era probabilmente imparentato proprio con coloro che disprezzava di più».

Bambole gonfiabili

Poco tempo fa gli storici hanno scoperto un progetto elaborato da Hitler nel 1941, mantenuto segreto e denominato “Progetto Borghild”. Nel 1940, grazie alla vittoriosa Campagna di Francia, il Terzo Reich aveva conquistato Francia, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo. L’11 novembre 1940, il grande capo delle SS, nonché comandante della polizia, Henrich Himmler aveva firmato una nota ufficiale nella quale si lamentava della promiscuità sessuale dei soldati tedeschi che, sensibili ai richiami delle prostitute francesi, rischiavano la propria salute nei bordelli di quel Paese. Nel 1941, Hitler diede incarico al tecnico tedesco di Dresda, Franz Tschakert, di progettare una speciale sexy-bambola gonfiabile in grado di soddisfare i desideri delle truppe senza metterne a repentaglio la salute (e il borsellino). Per volere di Himmler, la bambola fu modellata con le caratteristiche di una Barbie “ariana”: pelle chiarissima, capelli biondi, occhi blu; Hitler la volle alta 176 cm e con grandi seni. Alla fine del 1941, Borghild (così venne battezzata la sexy-doll) fu presentata ai gerarchi nazisti con grande successo, ma nel 1942, dopo la devastante disfatta di Stalingrado, l’intero progetto venne sospeso. I prototipi di Borghild costruiti da Tschakert furono in seguito distrutti durante i bombardamenti degli Alleati su Dresda.

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