
Il FLUSSO di Coscienza – LA PSICOLOGIA DELLA “TRANCE AGONISTICA”
Sarà capitato sicuramente a ciascuno di noi nella propria vita di immergersi in un compito e sentirsi totalmente assorbiti nel suo svolgimento, quasi ad essere catapultati in una dimensione parallela in cui il tempo non esiste più e il mondo circostante sembra scomparso.
Nulla di strano, in Psicologia questo fenomeno si chiama il Flusso (Flow in inglese), altrimenti detta Trance Agonistica.
Nel 1975 Mihaly Csikszentmihalyi ne concettualizzò il significato come uno stato psicologico soggettivo di massima positività e gratificazione che un soggetto può vivere durante lo svolgimento di una attività e che induce una sensazione di “completa immersione nel compito”.
Tutto nacque da uno studio compiuto sulla creatività umana (Getzels & Csikszentmihalyi, 1976), laddove il pittore preso a soggetto dello studio lavorava ignorando fame, fatica e disagio. Ne emerse un quadro nuovo e del tutto affascinante in cui la motivazione nello svolgere un’attività ritenuta di un certo valore per il soggetto, i così detti lavori che premiano da sé e per sé a prescindere dal prodotto finale o da eventuali rinforzi esterni, inducevano l’individuo ad una estraneazione dal contesto e dal tempo fino al raggiungimento dell’obiettivo prestabilito. Come recitano i manuali moderni di Psicologia “Questa condizione è caratterizzata da un totale coinvolgimento dell’individuo: focalizzazione sull’obiettivo, motivazione intrinseca, positività e gratificazione nello svolgimento di un particolare compito”.
Si è cercato di comprendere la base neurofisiologica all’origine di questo meccanismo cognitivo e, secondo uno studio di Csíkszentmihályi del 1956, si appurò che in ogni momento ciascun individuo riceve una grande quantità di informazioni provenienti dall’ambiente circostante ma la mente può gestire solo un certo numero di “dati” alla volta, stimati in circa 126 bit al secondo.
Una conversazione “pesa” circa 40 bit, cioè un terzo della nostra capacità e questo è il motivo per cui non è facile focalizzare l’attenzione su altre attività quando si sta tenendo un discorso. Per lo stesso motivo ogni individuo è in grado di decidere su cosa vuole concentrare la propria attenzione.
Tuttavia, quando si è nel così detto Stato di Flusso si è completamente assorbiti nell’azione e, senza prendere coscientemente una decisione, si perde la consapevolezza di tutte le altre realtà come il tempo, le persone, ogni forma di distrazione e persino delle stesse esigenze fisiologiche. Ciò si verifica perché tutta la nostra attenzione è focalizzata e occupata da una particolare azione e quindi, dei suddetti 126 bit, non resta alcuno spazio per altre attività.
Csikszentmihalyi è stato il primo occidentale a descrivere questo processo psicologico ma, come lui stesso affermò, non è stato il primo a definirlo. Se osserviamo il mondo orientale, per millenni i devoti di religioni come come l’Induismo, il Buddhismo ed il Taoismo hanno perseguito il superamento della dualità tra mente e corpo come elemento centrale dello sviluppo spirituale, sviluppando una serie di pratiche (e teorie) il superamento di tale dualità, attraverso la pratica spirituale.
I praticanti di varie scuole di Buddhismo Zen applicano concetti simili a quello di “flusso” nella pratica della loro meditazione ma lo stesso può essere definito per discipline come l’Aijutsu, l’Aikidō, il Kendō e moltissime altre Arti Marziali. Nella tradizione yoga si fa riferimento allo stato di “flusso”, per esempio, per quanto riguarda la pratica dello Samyama ovvero la focalizzazione della psiche sull’oggetto della meditazione. Lo stesso concetto può essere esteso a qualsiasi altra attività, dallo sport allo studio fino ad arrivare alla produzione artistica.
Sono stati svolti diversi studi che dimostrano la possibilità di vivere la flow experience praticamente in tutti i settori come ad esempio nell’arte e nella scienza (Csikszentmihalyi, 1996), nell’esperienza estetica (Csikszentmihalyi e Robinson, 1990), nello sport (Jackson, 1995) o nella scrittura letteraria (Perry, 1999) e molti altri ancora. All’interno dello stesso concetto, inoltre, ricade ciò che da sempre è stato definito “estro creativo” e “intuito creativo”, in quanto è proprio in questo momento di totale compenetrazione nell’oggetto target della nostra attenzione che si attuano meccanismi in grado di far emergere le migliori idee e le risposte più interessanti. Fuori da ogni dubbio, quando un soggetto è nel Flusso, le ricerche dimostrano come l’individuo funzioni al pieno delle sue capacità.
La capacità di cogliere e sfruttare questi momenti porta all’attivazione e allo sviluppo di capacità personali nonché alla possibilità di poter vivere uno stato di benessere generale collegato a forti emozioni positive e a un senso di autostima e “creatività”.
Di non minore importanza coloro che riescono e imparano a gestire uno Stato di Flusso sviluppano molta più resilienza nelle situazioni avverse, riescono quindi a sopportare meglio lo stress e il dolore, senza negarlo ma “passandoci attraverso”.