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JIMMY PAGE, L’ALCHIMISTA CHE AMAVA “CREARE” UN NUOVO ORDINE ALLA MUSICA

“La mia vocazione è nella composizione; dirigere e orchestrare la chitarra come se fosse una vera e propria armata”. È la verità: James Patrick Page ha sempre avuto una visione che trascende i generi. Come un alchimista, ama “creare” e dare un nuovo ordine alla musica

Parte IV

Ancora bambino, viene intervistato dalla BBC: nonostante imbracci una chitarra acustica pronto per suonare skiffle, dichiara di voler diventare un ricercatore scientifico. Nato a Heston il 9 gennaio del 1944, Jimmy è un ragazzo timido e riservato che, come molti altri della sua generazione, è stato folgorato da Buddy Holly: nel marzo del 1958, il chitarrista americano fa il suo primo e unico tour inglese e partecipa a uno show televisivo. Jimmy, come il suo futuro compagno di avventure John Paul Jones, ne viene letteralmente conquistato.

A 16 anni, fa parte già di un gruppo e nel 1961 viene scritturato come chitarrista solista da Neil Christian and The Crusaders. Il suo nome inizia a farsi largo nella “Swingin’ London”, prima ancora di Beck, Clapton, Beatles e Rolling Stones. Jimmy però non vuole “bruciarsi” e abbandona le scene per dedicarsi prima alla pittura e poi al lavoro di session man in studio, così da evitare i tour e salvaguardare la sua cagionevole salute. Quando gli offrono di entrare negli Yardbirds al posto dell’amico Eric Clapton, rifiuta e suggerisce il nome di un altro suo compagno, Jeff Beck. Sarà quest’ultimo a regalargli la Telecaster del 1958 con cui registrerà il primo album dei Led Zeppelin. Da apprendista alchimista, Jimmy sta cercando la formula giusta.

A guidarlo, la voglia di sperimentare e soprattutto l’ambizione di giocare un ruolo determinante. “Entrai negli Yardbirds dopo un loro concerto davvero assurdo a Oxford; andai nei camerini e Paul Samwell-Smith stava letteralmente lasciando il gruppo, disgustato da quell’esibizione. Sapevo che avevano un tour da terminare, così mi offrii di prendere il suo posto. Non appena Chris Dreja fu pronto a sostituirmi al basso, passai alla chitarra e iniziò così quel breve periodo in cui io e Jeff suonammo insieme”. Fu lui a tentare di tenere insieme la band, arginando in qualche modo l’altalenante umore di Beck e l’assoluta anarchia che vigeva in studio e in tour. I Led Zeppelin, all’inizio noti come New Yardbirds, sono il risultato di queste esperienze.

La notte tra il 24 e il 25 settembre, John Henry Bonham muore. “Io e Bonham abbiamo parlato di come avrebbe dovuto essere il prossimo album: doveva picchiare duro. Durante il tour dell’80 stavano venendo fuori cose interessanti e toste. Magari la band si sarebbe sciolta, non lo so. Ma quello che so è quello di cui abbiamo parlato con Bonham e che noi volevamo fare realmente”. La “formula perfetta” ha esaurito il suo potere e l’alchimista si ritrova senza più una visione.

Sono anni difficili per Page, di cui già da tempo si vocifera una dipendenza da eroina mai confessata. C’è una foto di quel periodo di lui che sponsorizza la chitarra midi Roland GR-700: lo sguardo spento, i vestiti lisi e una scarpa – una “polacchina” – bucata. Schiavo del passato, Page cura la pubblicazione del disco postumo dei Led Zeppelin CODA e tiene un profilo bassissimo, iniziando a lavorare a dei provini per la colonna sonora del Giustiziere della notte 2 (Death Wish II) di Michael Winner. Le sue apparizioni dal vivo sono pochissime e piuttosto appannate, per usare un eufemismo. Si parla insistentemente di un progetto in compagnia di Chris Squire e Alan White denominato XYZ (Ex Yes and Zeppelin), che porta alla stesura di ben 7 brani. Alan White conferma: “Ho la cassetta con quelle session e so che gola farebbero ai fan!”. Non ne verrà fuori nulla ufficialmente. Page tenta di coinvolgere Robert Plant, che però è già immerso nella sua carriera solista.

Il 20 e 21 settembre del 1983, il chitarrista partecipa al concerto organizzato per raccogliere fondi per le cure di Ronnie Lane, affetto da sclerosi multipla. Al suo ingresso sul palco, viene investito da un applauso fragoroso. Il primo brano è Prelude (dalla colonna sonora di Death Wish), suonata con una Telecaster marrone. Dopo Who’s To Blame e City Sirens, Page si lancia in una versione strumentale di Stairway To Heaven: è la prima volta da quando gli Zeppelin si sono sciolti che Page suona una loro canzone. È il tripudio. Jeff Beck commenta: “Jimmy sembra sempre sull’orlo del baratro, ma poi è capace di simili prodezze… e il pubblico lo ama!”. La sua presenza al Pistoia Blues (16 luglio1984) insieme a un gruppo di vecchie glorie del blues inglese – The Alexis Korner Tribute All Star Band – si ricorda più per quanto riuscì a bere nel corso della giornata che per le note che riuscì a tirar fuori dalla chitarra. Il periodo è complicato, l’alchimista sta cercando di ritrovare la for mula, ma mancano gli ingredienti. Per la prima volta nella sua fortunata carriera, si affida agli amici: con Roy Harper pubblica WHATEVER HAPPENED TO JUGULA e con Paul Rodgers forma The Firm. Ma i risultati non hanno la stessa forza del passato. Anche il suono della chitarra di Page è cambiato: s’è fatto più cupo, più nervoso, ha perduto l’impeto e la potenza di un tempo. L’alchimista non ha più il controllo della sua visione. Dopo aver assistito a un concerto dei Firm a Birmingham, Plant si lascia sfuggire un commento malinconico: “Ho pianto, ho pianto di cuore. Non ho vergogna ad ammetterlo. Quell’uomo mi manca disperatamente. Non ho mai capito quanto fosse bravo. In tutti questi anni, non mi ero mai seduto semplicemente in mezzo al pubblico a guardarlo suonare”.

Anche il passato si rivolta contro di lui: ogni tentativo di riportare gli Zeppelin senza Bonham sul palco si rivelano fallimentari, solo in parte compensati dalle reunion private – il compleanno della figlia di Plant, Carmen, nel 1990, e la festa di nozze di Jason Bonham, nel 1993. L’alchimista prova allora la carta solista: OUTRIDER del 1988 finisce presto negli scaffali dei dischi scontati, malgrado la sua buona qualità. Page sembra a fuoco negli strumentali, ma quando scrive canzoni, soffre terribilmente la mancanza di un alter ego. E Robert Plant, allora come oggi, rimane l’unico capace di stare al passo con le sue intuizioni, arrivando perfino a migliorarle. Non a caso, sarà proprio con lui che Page ritroverà la forza di andare avanti.

Ventisette anni sembrano un’eternità, se comparati ai 12 anni di attività dei Led Zeppelin. Di fatto, sarà il catalogo dei Led Zeppelin a monopolizzare la seconda vita di Page. La nuova collaborazione con Robert Plant nasce sulle ceneri del repertorio del dirigibile, al quale i due danno una “nuova veste”, senza coinvolgere John Paul Jones. Pochi anni prima Page tenta, mosso forse proprio dal desiderio di far ingelosire Plant, la carta David Coverdale, e in parte recupera la sua identità di rocker e alchimista del suono, ma anche qui manca la “visione”, la formula magica che rese unici e imbattibili gli Zeppelin. WALKING INTO CLARKSDALE rimane l’ultima creazione “nuova” di Page, fatta eccezione per occasionali brevi pezzi strumentali – uno è possibile ascoltarlo nel film Might Get Loud, un altro è un brano acustico suonato in solitudine di cui anni fa Page fece pubblicare un video.

Il passato, come una sirena, continua a richiamarlo a sé, a blandirlo, a ricordargli quella visione sublime e unica, impossibile da replicare. Le parole di Eddie Kramer sono esemplari: “Mi piacerebbe che Jimmy facesse qualcosa di significativo oggi. Penso che stia vivendo nel passato. Robert è flessibile, Jimmy non lo è. Jimmy ha un unico modo di vedere, quello e basta”. È difficile smettere di considerarsi un “creatore”, l’ingranaggio portante, l’alchimista supremo, colui che ha il potere di mettere ordine nel caos. Jimmy Page è un angelo caduto che possiede ancora tutta la grazia e la forza del passato, ma ha perso la direzione e, forse, la motivazione per osare sfidare quelle regole che egli stesso tanti anni fa ha infranto e superato.


La discografia solista

Death Wish II
Atlantic, 1983

La prima uscita solista di Jimmy Page è la colonna sonora di un brutto film di Michael Winner, suo vicino di casa e fan degli Zeppelin, ed è un semplice pretesto che permette al chitarrista di reimbracciare la chitarra. City Sirens e Who’s To Blame sono due belle canzoni, così come lo strumentale Prelude, ispirato a un preludio di Chopin. Il resto è musica funzionale alle immagini.

Whatever Happened To Jugula
Beggars Banquet, 1985

Roy Harper, con il quale Jimmy ha una lunga e solida amicizia, lo invitò in studio a Lytham su consiglio di Tony Beck. I due lavorarono intensamente agli arrangiamenti delle canzoni e Page suonò sia le chitarre acustiche –principalmente Ovation – che quelle elettriche. Hangman anticipa il sound dei Firm, ma è tutto il disco che risplende del perfetto connubio tra il songwriting di Harper e le soluzioni chitarristiche mai banali di Page.

The Firm
Atlantic, 1985

Mean Business
Atlantic, 1986

L’esperienza in coppia con Paul Rodgers ha beneficiato dello scorrere del tempo. Siamo molto più vicini ai Bad Company che agli Zeppelin, ma i 9 minuti di Midnight Moonlight dal primo album e All The Kings Horses e Spirit Of Love da MEAN BUSINESS ci restituiscono un Page ispiratissimo e per nulla schiavo del suo passato.

Outrider
Geffen, 1988

A oggi, l’unico album vero solista ufficiale del chitarrista. Doveva essere un doppio, ma fu ridotto drasticamente perché parte dei demo furono rubati, costringendo Page a concentrarsi su ciò che già aveva. È un lavoro a corrente alternata, con qualche strumentale ispirato – Liquid Mercury e soprattutto Emerald Eyes – e canzoni che invece mancano della scintilla che ci si aspetta da colui che ha insegnato al mondo cosa sia una hard rock song. Anche il cameo di Plant sembra poco più di una formalità, idem per il contributo di Chris Farlowe, che non sembra essere stato sfruttato a pieno. Un’occasione mancata che lasciò l’amaro in bocca, ma almeno permise al chitarrista di tornare a suonare dal vivo, soprattutto in America.

Coverdale Page
EMI, 1993

Prendete le migliori canzoni di questo disco, unitele a quelle più ispirate di FATE OF THE NATIONS di Plant e avrete un potenziale nuovo disco dei Led Zeppelin. Jimmy Page è in gran forma e lo dimostra nel blues di Don’t You Leave Me This Way, con un solo da brividi, o nella rocciosa Shake My Tree e nella fin troppo Zeppelin Pride And Joy. Peccato solo per la voce di Coverdale, che in più momenti suona quasi irritante nel disperato tentativo di emulare quella di Plant.

No Quarter: Jimmy Page And Robert Plant Unledded
Mercury, 1994

Senza John Paul Jones, Page e Plant tornano a interpretare il repertorio del dirigibile dandogli una nuova veste, a volte più scarna – la bellissima Nobody’s Fault But Mine e l’ipnotica No Quarter – a volte enfatizzando il sapore mediorientale con l’apporto della Maroccan String Band e dell’Egyptian Ensemble con risultati sublimi. Nella sua fragile essenzialità, Thank You ci ricorda il potere lirico della chitarra di Page, che si ripete nell’inedita acustica Wonderful One e nell’ipnotica Yallah, registrata nella piazza del mercato di Marrakech.

Walking Into Clarksdale
Mercury, 1998

Diviso con Plant, è a tutt’oggi l’ultimo disco di materiale inedito pubblicato da Page. Fragile e dal suono crudo (opera di Steve Albini), sembra registrato dal vivo, senza troppe sovraincisioni, e si regge sulla voce spinta al limite di Plant e i suoni della chitarra di Page. Il chitarrista si supera su When The World Was Young e nella complessa Upon A Golden Horse. Ma a risentirlo oggi, sembra più un disco di Plant: mancano i riff – quello di Burning Up non può dirsi memorabile – e le chitarre sembrano costantemente al servizio e a supporto della voce. Ciò non sminuisce però il peso delle composizioni e degli arrangiamenti, che ci restituiscono il miglior Page dai tempi di Ten Years Gone e In The Light.

Lucifer Rising And Other Sound Tracks
Jimmy Page Recordings, 2012

Uscita solo su vinile nel giorno dell’equinozio di primavera del 2012 sull’etichetta personale di Page e ristampata su Cd nel cofanetto SOUND TRACKS, è la raccolta ufficiale di quanto il chitarrista aveva inciso per la colonna sonora di Lucifer Rising, il film di Kenneth Anger ispirato alla figura di Aleister Crowley. Si tratta per lo più di registrazioni fatte utilizzando l’archetto di violino sulla chitarra elettrica. I 20 minuti del primo lato del vinile sono quanto di più spettrale e satanico si possa pensare, e sono consigliati agli ultras di Page.

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