
LE PIRAMIDI DELLA LOMBARDIA
Sono a Montevecchia, sono tre e sono alte tra i 40 e i 50 metri. Per alcuni studiosi richiamano specularmente le più note piramidi di Giza e, proprio come quelle egizie, sono collocate in modo da rispecchiare la disposizione delle stelle che formano la costellazione di Orione
Sono tre, hanno una forma piramidale e la loro disposizione richiama le più note piramidi di Giza, in Egitto: Cheope, Chefren e Micerino. Sono le piramidi di Montevecchia, un comune di circa 2.500 abitanti in provincia di Lecco, nel Parco del Curone, dove sono stati trovati i resti del più antico insediamento preistorico lombardo.
Il primo a teorizzare l’esistenza delle piramidi fu un architetto appassionato di archeologia, Vincenzo Di Gregorio, autore de Il mistero delle piramidi lombarde, che negli anni Novanta partì dal nome del paese, Montevecchia appunto, per ripercorrerne a ritroso la storia. Prima scoprì tracce dell’Impero romano, poi terrazzamenti celtici costruiti dai popoli indoeuropei che tra il IV e il III secolo a.C. si diffusero in gran parte d’Europa. Infine si imbatté in tre colline perfettamente geometriche. Non potendo effettuare scavi, iniziò ad analizzare la cartografia e a eseguire misurazioni sul posto, scrutandolo dall’alto e scattando foto aeree con obbiettivi a infrarossi. Decise di consultare esperti, tra cui Adriano Gaspani, archeoastronomo e astrofisico, che ha confermato con i suoi studi la modellazione artificiale delle colline.
Chi le ha costruite?
Le piramidi di Montevecchia, alte dai 40 ai 50 metri, sarebbero artificiali, ma nessuno le ha realizzate portando blocchi di pietra: si tratterebbe di una formazione naturale rocciosa, plasmata successivamente da mani umane. Come spiega Di Gregorio, «l’artificialità è da ricercare nell’opera di scultura che ha portato qualcuno ad asportare tonnellate di roccia per trasformarle in un “surrogato” di piramidi. Le pareti hanno la stessa inclinazione, gli stessi spigoli e tra loro sono ortogonali, cioè perpendicolari. All’epoca le tre colline avrebbero avuto un aspetto simile alle piramidi di Giza: fatte di pietra calcarea, si sarebbero viste bianche sul fondo della vegetazione». Resta il mistero: chi le ha plasmate? Senza evocare l’intervento degli alieni, come fatto oltreconfine per le piramidi bosniache scoperte nel 2005, Di Gregorio ha cercato di rintracciare gli autori nella storia, prendendo in prestito i segreti tramandati dall’iconografia e dalle leggende greche: «Alcune popolazioni di origine orientale sono giunte seimila anni fa dalla zona del Mar Nero portando tecniche agricole, religioni e conoscenze astronomiche.
Non è stata la stessa mano a costruire le piramidi egizie, ma la stessa cultura, tramandata da popolazioni che si sono diffuse in territori vastissimi (dall’Europa all’Africa e alla Cina), praticavano l’agricoltura, veneravano il sole e gli astri – in particolare Orione – e vedevano nella piramide uno dei simboli principali. Penso che la modellazione delle piramidi di Montevecchia sia iniziata intorno al 3400-3300 a.C. e abbia avuto un’interruzione nel 3123 a.C.; la terza piramide è incompiuta». Nessuno sa se le tre colline nascondano cunicoli e camere, perché gli scavi non sono mai stati autorizzati. La teoria delle piramidi lombarde non è stata accolta dalla comunità scientifica – archeologi ed egittologi restano scettici – ma la notizia della loro scoperta ha fatto il giro del mondo, incuriosendo appassionati di storia e di mistero.
Enigmi astronomici
Le piramidi lombarde riflettono a terra la costellazione di Orione? Ne Il Mistero di Orione, scritto nel 1994, l’ingegnere Robert Bauval pubblicò una teoria che non convince l’egittologia accademica, ma che ha ricevuto l’appoggio di alcuni studiosi: esisterebbe una connessione tra la costellazione di Orione e la pianta delle piramidi di Giza. Lo schema formato dalle tre piramidi sulla piana di Giza corrisponde all’allineamento delle stelle della Cintura di Orione: due molto luminose allineate e una terza, più debole, spostata verso Est. Chi ha costruito Cheope, Chefren e Micerino intendeva riprodurre sulla Terra una delle costellazioni più venerate nell’antico Egitto che raffigurerebbe Osiride, il Dio della Resurrezione, e il Nilo rappresenterebbe la Via Lattea. Di Gregorio ha applicato il “metodo Bauval” a Montevecchia: «La cima della terza piramide non solo non è allineata, ma si trova a destra rispetto alle altre, come le tre stelle della Cintura di Orione viste da qui e in una disposizione speculare rispetto a quelle egizie. La distanza tra la piramide di Micerino e la linea che unisce le cime di Cheope e Chefren ha la stessa proporzione di quelle di Montevecchia». Non mancherebbe la raffigurazione della Via Lattea: il fiume Adda. Coincidenze?
Coinvolti anche i monaci
Pur confermando la modellazione artificiale delle colline, altri esperti pensano che i pendii sono stati prima lisciati durante l’Età del Ferro, intorno alla metà del primo millennio a.C., da una tribù celtica locale appartenente alla cultura di Golasecca: è la cultura celtica più antica, distribuita dal Piemonte alla Lombardia. I terrazzamenti sarebbero invece opera dei monaci benedettini appartenenti a un monastero posto nei pressi di Rovagnate, in provincia di Lecco, che intorno al 1000 d.C. intervennero sulle colline per sfruttarle dal punto di vista agricolo. Il perché quei pendii vennero modellati, con forme piramidali, resta un mistero. L’indagine, secondo l’archeoastronomo, dovrebbe essere allargata ad altre colline della zona – almeno sette – che sono state terrazzate dai monaci ma non sono mai state studiate.
La scoperta più recente
Una roccia sembra essere stata posizionata ad hoc sulla sommità di una delle tre colline, il Belvedere Cereda: larga 70 centimetri e lunga sei metri e mezzo, non è una pietra locale ed è allineata nella posizione Est-Ovest. Una seconda lastra con l’estremità arrotondata è infissa verticalmente: da quella posizione si vedevano levare il sole agli equinozi e alcune stelle delle costellazioni di Orione, dell’Aquila, di Pegaso e della Vergine. Questi massi testimonierebbero che in epoca celtica, intorno alla metà del I millennio a.C., le piramidi sarebbero state utilizzate come luogo di culto e osservatorio, cinto da mura. Forti della loro posizione, le colline di Montevecchia hanno costituito nei secoli un punto strategico anche per misurare il movimento degli astri, calcolando stagioni e date significative. E così, pur restando avvolto da misteri, il cerchio si chiude, tornando ad ammirare Orione e le sue stelle.