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L’ILLUSIONE FA VIVERE BENE. BASTA CREDERCI!

Hai un sogno? Non mollare perché chi crede in quello che desidera vive meglio e raggiunge obiettivi più elevati. Come dimostrano le ultime ricerche scientifiche

Florence Foster Jenkins era una cantante lirica americana vissuta tra il 1868 e il 1944. Priva di senso della melodia e del ritmo, è citata come la peggiore cantante della storia. Eppure grazie ai suoi spettacoli autofinanziati, la Jenkins divenne un mito: le sue esibizioni attiravano un grande pubblico desideroso di osservare da vicino questo fenomeno da baraccone. Florence infatti non fu mai cosciente della sua incapacità canora, arrivando a credere che i fischi del pubblico fossero in realtà ovazioni. Il caso della cantante rappresenta ciò che alcuni psicologi hanno definito “paranoia positiva”: un autoinganno che fa vivere serenamente. Almeno finché il soggetto non si risveglia dalla sua illusione. «L’inganno però non può durare per sempre», spiega Italo Conti, psicoterapeuta romano, autore di Autoinganni (Franco Angeli, 2012). «Esistono sempre alcuni attimi di chiarezza in cui si vede improvvisamente la realtà per quello che è». Così la delusione è dietro l’angolo. In fondo è, all’opposto, la stessa illusione di chi è immotivatamente convinto della propria inadeguatezza. «Entrambe le posizioni sono disfunzionali, cioè non adatte a vivere serenamente. In tutti e due i casi infatti non c’è “essibilità, ma una certezza incrollabile, positiva o negativa, che impedisce il cambiamento». Entro certi limiti, però, le convinzioni positive sono essenziali al nostro benessere psicofisico. «L’illusione è parte dell’esperienza umana», aggiunge Conti, «perché ci dà stabilità: vivere in un mondo prevedibile è un’esigenza fondamentale di ognuno».

Ci fa vivere bene

Non potendo, ad esempio, accertarci ogni giorno che il nostro partner non abbia cambiato idea su di noi, ci illudiamo che il suo amore sia eterno. Razionalmente sappiamo che non è così. Lo dimostra la nostra fiducia verso il futuro: una ricerca su oltre 500 persone, articolata in quattro diversi studi e condotta oltre dieci anni fa da Michael Robinson e Carol Ryff delle Università dell’Illinois e del Wisconsin (Usa), aveva evidenziato infatti che le persone tendono a credere che saranno più felici e soddisfatte nel futuro rispetto al presente. «È una tendenza naturale, a meno che non siano disponibili evidenze contrarie», sottolineano i ricercatori. Anche più di recente, nel 2007, un sondaggio dell’istituto di indagini americano Pew Research Center ha confermato: la percentuale di americani che si aspetta novità positive dai successivi cinque anni è da più di quarant’anni circa quattro volte quella di chi si aspetta un peggioramento delle proprie condizioni di vita. Certo gli Stati Uniti non sono l’Italia: «Le illusioni positive sono molto radicate nella mentalità statunitense. Da noi l’autoconvincimento non funziona: la tradizione culturale europea è da sempre più disincantata», precisa Conti. E questo nonostante l’illusione “buona” giochi un ruolo decisivo nella salute mentale: «Ci consente di adattarci alla vita e di riprenderci dopo un evento stressante come una malattia », aggiungono Robinson e Ryff. Proprio di fronte ai problemi di salute questa forma di paranoia positiva è fondamentale: lo dimostrano i ricercatori ungheresi Zsuzsanna Tanyi, Antal Bugán e Kornélia Szluha in un articolo apparso quest’anno su Psychiatria Hungarica in cui gli autori mettono in luce il ruolo positivo delle illusioni nell’affrontare una malattia come il cancro. Uno di questi esperimenti è descritto nel volume Illusioni. Quando e perché l’autoinganno diventa la strategia più giusta (Giunti), in cui la psicologa americana Shelley E. Taylor racconta di un suo studio su 73 pazienti colpite da tumore alla mammella. Quasi tutte dopo la diagnosi affermavano di sentirsi più serene in molti ambiti della vita. «Abbiamo scoperto che molti di questi riadattamenti positivi sembravano fondati su idee sbagliate o distorte che abbiamo finito per chiamare illusioni positive. Per esempio, molte delle pazienti dicevano di poter esercitare un controllo diretto sulla malattia per impedire che si ripresentasse, mentre dalle cartelle cliniche noi sapevamo che avevano già delle metastasi». Un’assurda illusione come quella della Jenkins? No, perché le pazienti wmantenevano comunque una buona dose di lucidità. Dopo la guarigione, una di loro ha affermato: «Non avrò mai più il cancro». Per poi aggiungere, rendendosi conto dell’autoinganno: «O altrimenti lotterò come ho lottato questa volta». Un’ottima strategia, quindi. Anche perché illudersi fa star bene fisicamente. Un caso celebre è citato, già nel 1957, dallo psicologo Bruno Klopfer della University of California: un paziente affetto da un cancro inoperabile guarì assumendo un “innovativo” farmaco chiamato Krebiozen, nient’altro che acqua distillata. È l’effetto placebo che, nonostante da solo non curi i tumori (quello raccontato da Klopfer rimane un caso inspiegabile), certamente influisce positivamente sull’esito di molte malattie psicosomatiche.

Pensa che vincerai

Infine, le persone capaci di illudersi positivamente raggiungono obiettivi più elevati. Lo ha capito Richard Wiseman che su questa teoria ha fondato uno dei suoi quattro “principi della fortuna”, regole d’oro che ci aiutano ad attirare gli eventi positivi: «I fortunati sono convinti che la buona sorte continuerà ad assisterli anche nel futuro», spiega lo psicologo, «e così facendo spesso fanno in modo che ciò avvenga. Le ricerche hanno dimostrato infatti che questo genere di pensiero ha il potere di influire su molti ambiti della vita». È il principio della “profezia che si autoavvera”, che già nel 1968 gli psicologi Robert Rosenthal e Lenore Jacobson misero alla prova in un esperimento. Per qualche mese i ricercatori monitorarono l’andamento scolastico degli studenti di diverse classi americane dopo aver comunicato ai loro insegnanti che alcuni alunni erano stati definiti dei prodigi in erba. Risultato: questi alunni incominciarono a migliorare le loro performance, spinti dall’illusione di essere più bravi degli altri. L’“effetto Pigmalione”, nome del fenomeno successivamente attribuito dagli psicologi, è alla base anche del New Thought, la corrente di pensiero positivo in voga negli Usa da decenni che ha ispirato Bill Gates nella creazione del colosso informatico Microsoft. Secondo chi ha studiato le menti (e la vita) di chi ce l’ha fatta, sono i nostri stati d’animo a influenzare la mente e gli eventi esterni. In fondo basta imparare a dominarli.

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