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MARGHERITA DI SAVOIA, REGINA DI CUORI E DI PERLE

Musa di poeti e icona di stile, paladina dell’arte e della cultura, nobildonna frivola e benefattrice pietosa, convinta monarchica ma curiosa di ogni novità, sportiva audace e attenta alla condizione femminile, la regina Margherita è stata una donna tanto forte quanto ricca di contraddizioni.

Una vera e propria influencer ante litteram, alla quale hanno dedicato di tutto: oltre alla celeberrima pizza di Gennaro Esposito, i biscottini detti “margheritine” a Stresa, un panforte a Siena, un rifugio sul Monte Rosa, un paese in Puglia, un ospedale a Torino, delle grotte a Frosinone, dei giardini a Bologna, un lago in Etiopia, una rosa in Belgio. Un destino privilegiato ma tragico, come quello di altre primedonne, da Lady Diana a Jackie Kennedy. «Era una vera e seria professionista del trono e gl’italiani lo sentirono. Essi compresero che, anche se non avessero avuto un gran Re, avrebbero avuto una grande Regina», scrisse di lei Indro Montanelli.

Margherita arriva al trono quando l’Italia, già unita ma diseguale, si prepara a entrare nel Novecento affrontando uno sviluppo tumultuoso: nascono le ferrovie, l’industria, la scuola pubblica, le prime organizzazioni dei lavoratori, mentre si passa dalla carrozza all’automobile, dai valori risorgimentali al sogno coloniale, al nazionalismo e al fascismo, dal romanticismo al futurismo. Un tempo denso di cambiamenti politici, sociali e culturali, che la Regina – stretta fra due epoche – affronta a testa alta, coronata di splendidi diademi e confortata da innumerevoli fili di perle.

LA PRINCIPESSA TRISTE

Nata il 20 novembre 1851 a Palazzo Chiablese, appendice del Palazzo Reale di Torino, Margherita è figlia di Elisabetta di Sassonia e di Ferdinando di Savoia, duca di Genova, eroe del Risorgimento e fratello del re Vittorio Emanuele II. Rimasta orfana di padre a quattro anni, affidata a due governanti, trascorre un’adolescenza poco felice nel palazzo dov’è nata, lontana dalla madre e dal nuovo marito di lei, Nicolò Rapallo, ex-ufficiale del defunto consorte.

Margherita non lo ama e – come il re – non perdona alla madre le nozze segrete con l’amante. La giovane non è destinata a un futuro da regina, ma un tragico incidente scompiglia i piani dinastici. Al cugino principe Umberto I era già stata promessa Matilde d’Asburgo-Teschen ma pare che l’arciduchessina, di carattere piuttosto ribelle, sorpresa a fumare prima di un ballo, avesse nascosto il mozzicone nell’ampio abito di tulle che in un attimo prese fuoco, trasformandola in una torcia umana. Un incidente piuttosto comune, purtroppo, a quei tempi, quando una mise raffinata poteva nascondere una condanna a morte.

NOZZE DA FAVOLA MA…

Bisogna trovare al più presto una nuova sposa e la scelta cade su Margherita, appena sedicenne. Bionda, occhi chiari e lineamenti dolci, figura non perfetta (naso importante e gambe corte, ma dissimulate da un buon portamento), la giovane è intelligente, ben educata e devota alla patria. Le nozze sono celebrate con grande sfarzo nel Duomo di Torino, che nel 1868 non è più capitale del Regno. Esattamente dieci anni dopo Margherita salirà al trono divenendo tecnicamente la prima regina d’Italia, perché Maria Adelaide d’Asburgo-Lorena, moglie del re, era morta prima dell’unificazione nazionale.

Con Umberto, impacciato e severo, Margherita costruisce un’alleanza «professionale», basata sul senso del dovere, come le viene ricordato rudemente dallo zio in un momento di crisi. Seguirà così la sorte di tante first lady infelici, costrette a convivere con concorrenti più amate e a cercare altrove affetto e autostima. Donnaiolo impenitente, Umberto la tradisce regolarmente con nobildonne e servitù, ma soprattutto resterà legato per tutta la vita alla bellissima Eugenia Attendolo Bolognini, duchessa Litta Visconti Arese, detta la bella Bolognina, che incontra appena può a Monza.

Dal canto suo, Margherita amerà il barone Luigi Beck-Peccoz, compagno di soggiorni montani e di scalate, al quale però non sacrificherà mai la ragion di stato. Anche con l’unico figlio, dato alla luce a Napoli nel 1869, quando è appena diciottenne, Margherita non avrà mai un rapporto sereno: forse nutre sensi di colpa perchè Vittorio Emanuele III, affetto da una forma di rachitismo, ai suoi occhi esigenti sembra “inadatto a rappresentare degnamente la dinastia”. Lei pretende che il ragazzino eccella in tutto, a dispetto dei suoi limiti fisici, e così facendo gli causa insicurezze e complessi.

ICONA DI STILE

Regina a fianco di Umberto I dal 1878 al 1900, Margherita diventa un’icona della monarchia sabauda, grazie a un talento naturale nel gestire la propria immagine e le pubbliche relazioni. Dopo le nozze, la coppia intraprende un tour della penisola per ”sponsorizzare” la monarchia: lei a ogni tappa si informa sui costumi tipici e sulle usanze delle “donne del popolo”, e li asseconda con abili trovate. Ama mostrarsi in pubblico e sentire il calore della gente. Prima di stabilirsi a Napoli, ad esempio, prende lezioni di mandolino e impara alcune classiche canzoni napoletane. È una perfezionista e una shopping addict: le ricevute per acquisti di abbigliamento, gioielli, accessori, mobili e suppellettili rivelano una smania compulsiva. Sfoggia ovunque, soprattutto a balli e ricevimenti in onore di teste coronate organizzati al Quirinale, gli abiti sontuosi di Worth, il couturier parigino più alla moda, e vistosi gioielli che la fanno apparire “una statua votiva” …anche se i maligni insinuano che ogni nuovo giro di perle (ne indossa fino a 15 contemporaneamente) sia donato dal real consorte solo per farsi perdonare l’ennesimo tradimento.

Tanto successo mondano si riassume nel cosiddetto “Margheritismo”, il movimento culturale-sociale-artistico fiorito attorno alla corte, e Margherita è chiamata anche la prima rivista italiana di moda, edita a Milano da Treves.

REGINA DELLE LETTERE E DELLE ARTI

Ma la regina prende anche lezioni di canto, di pianoforte (per eseguire l’amato Beethoven), di latino; legge molto, traduce in francese i versi della Browning, discute con competenza di Dante, Shakespeare, Hugo, compone poesie e apprezza i poemi indiani. Piace a Garibaldi e fa perdere la testa persino a un fervente repubblicano come Giosuè Carducci che, sedotto dalla «bionda e gemmata sovrana», le dedica un’ode, attirandosi le ire dei suoi. Margherita è appassionata di cinema: ospita a Monza i fratelli Lumière e dal 1895 frequenta regolarmente la Mostra del cinema di Venezia, nata per festeggiare le nozze d’argento dei sovrani.

Alla sua passione per la musica si deve invece il sostegno all’Accademia di Santa Cecilia e la tradizione dei concerti al Quirinale, che contribuirà a far conoscere la musica sinfonica e cameristica europea.

SPERICOLATA E AMANTE DELLA VELOCITÀ

Pare che la regina avesse un ricchissimo parco auto, con vetture battezzate con nomi di uccelli: Sparviero era la famosa 500 24/32 HP con la quale percorse ben 5000 km, poi Aquila, Airone, Allodola. Fa addirittura un giro d’Europa in macchina con il pilota Alessandro Cagno, indossando tutti i vestiti locali. Per lei viene creato “Cigno”, il primo camper della storia, dotato di una camera e di un bagno. Curiosa fino alla fine, a settant’anni partecipa a un’immersione a bordo del sommergibile Angelo Emo, nelle acque di Sanremo. Soprattutto, è un’intrepida alpinista: affronta molte vette dell’amata Valle d’Aosta, persino i 3.387 metri del Colle del Gigante, che raggiunge a piedi e a dorso di mulo, e non disdegna di accamparsi sui ghiacciai. Per i suoi meriti è nominata Presidente onoraria del gruppo femminile del Club Alpino inglese. Grazie alle sue imprese sportive e ai lunghi soggiorni estivi, decreta il successo internazionale di stazioni sciistiche come Gressoney e Courmayeur.

DAMA DI BENEFICENZA

Al lato frivolo della vita, la regina affianca quello filantropico. Ama ripetere: «A che varrebbe essere principi se non si potesse fare il bene che si vuole?». In questo modo conquista il cuore del popolo, in un paese reso fragile da calamità naturali e malattie come il colera e la tubercolosi, per la quale vuole un “dispensario” che diventerà l’ospedale Umberto I di Roma. Nascono in suo onore e grazie al suo sostegno scuole, anche per ciechi, ospedali, associazioni caritative. Margherita sostiene l’istruzione e la formazione professionale ed è attenta alle donne, più fragili e svantaggiate, per le quali fa nascere la scuola di merletto di Burano, che promuove la moda del pizzo nelle toilette femminili, e quella per la lavorazione del corallo. D’ora in poi, il Made in Italy delle scuole di arti applicate troverà spazio nelle Esposizioni nazionali e internazionali, mostrando l’eccellenza della produzione manifatturiera del nostro paese.

LE SEDUTE SPIRITICHE

Sebbene sia una cattolica fervente, mediatrice del disgelo tra i Savoia e la Chiesa dopo la Presa di Porta Pia, la sovrana si interessa anche di occultismo. Impossibile per una nobildonna dell’epoca resistere al fascino di una moda che, nata negli Stati Uniti a metà Ottocento, ha contagiato velocemente le corti e i salotti europei.

Da Henry James a Victor Hugo, da Conan Doyle a Sigmund Freud a Lombroso e poi Boccioni, Capuana, D’Annunzio, Marinetti, Pirandello: sono tanti gli intellettuali, gli artisti, gli scienziati, i politici sedotti dall’occulto. Garibaldi ha presieduto una società spiritica, Mazzini e D’Azeglio credono nella reincarnazione.

La passione per lo spiritismo unisce i regnanti di Casa Savoia, da Vittorio Emanuele II a Umberto II alla regina Margherita, che confida al suocero di aver ricevuto diverse “comunicazioni di fantasmi”, ma forse non gli dice di aver previsto, in una seduta, la sua morte.

NON C’È DUE SENZA TRE

Certo non prevede la morte del marito, sopraggiunta – come in una tragica conferma del detto popolare – al terzo tentativo di regicidio.

Nel primo, avvenuto a Napoli nel 1878, il re è ferito lievemente al braccio da una coltellata sferrata dall’anarchico Passanante, che si lancia sulla carrozza in corsa. Lei, che gli è seduta accanto, con notevole sangue freddo getta un mazzo di fiori in faccia all’aggressore e ordina all’attendente di aiutare il re. Il tutto avviene così in fretta che le carrozze non fermano la loro corsa, in una scena che ricorda la morte di John F. Kennedy a Dallas. Fino all’ultimo la regina mantiene il controllo di sé, ma una volta a corte crolla: «Si è rotto l’incantesimo di Casa Savoia», commenta, e per lo shock soffrirà di violente emicranie e nevralgie per tutta la vita. Quasi vent’anni dopo il re subisce un secondo attentato, senza conseguenze, ma il 29 luglio del 1900 l’anarchico Gaetano Bresci impugna una pistola e non fallisce. Si era esercitato al tiro in America, dov’era emigrato e da dove era tornato apposta per vendicare la sanguinosa repressione dei moti di Milano ad opera del generale Bava Beccaris.

La regina, che quel giorno non è a Monza, reagisce con una certa teatralità. Recupera gli abiti insanguinati e il proiettile mortale e li ripone, come reliquie, in un prezioso cofanetto appositamente realizzato, alimentando il mito del “re martire”. E con grande signorilità concede all’eterna rivale, la duchessa Eugenia, di vegliare la salma dell’amato.

L’AUGUSTA REGINA MADRE

Dopo la scomparsa di Umberto e l’ascesa al trono del figlio Vittorio Emanuele III, Margherita assume il ruolo di regina madre, che per un quarto di secolo, fino alla morte avvenuta a Bordighera nel 1926, riempirà di incontri con personaggi famosi, eventi mondani e attività filantropiche, dividendosi fra la Palazzina di Caccia di Stupinigi, residenza estiva, e la villa ligure, in inverno.

A 60 anni sfoggia con orgoglio i capelli ingrigiti (che non vuole più tingere) ma, instancabile e incapace di restare troppo a lungo al chiuso, si mantiene giovanile nello spirito e nel fisico, senza mai tralasciare le passeggiate all’aria aperta e l’amore per la botanica.

Nel 1910 Fanny Salazar Zampini, nella biografia destinata al pubblico britannico, scrive che «è ancora una delle più eleganti donne in Italia. Nessun’altra conosce meglio l’arte di come valorizzarsi al massimo e di come mantenere la propria bellezza. La sua carnagione e la sua figura sono ancora l’invidia della società italiana. […] La simpatia per il suo stato di vedova è unita all’ammirazione per la forza con cui ha affrontato la tragedia della sua vita».

Ma, al contempo, Margherita continua a esercitare una discreta ma tenace influenza sulla corte. Molti non le perdonano il sostegno alla guerra, nonostante i suoi scrupoli religiosi e, più tardi, le simpatie per Benito Mussolini, tanto che nell’ottobre del 1922 i quadrumviri vanno a Bordighera per informarla dell’imminente marcia su Roma. Certo il fascismo ha saputo approfittare abilmente della popolarità della regina e persino della sua morte.

Il suo funerale viene trasformato in uno sfarzoso evento nazional-mondano, che ricorda quello della Regina Elisabetta d’Inghilterra, con tanto di riprese dell’Istituto Luce e proiezioni nei cinema. Il treno che porta il feretro a Roma deve fermarsi ben 92 volte per permettere alla folla commossa di porgerle l’estremo saluto, prima che Margherita di Savoia, unica sovrana, sia accolta nel Pantheon, dove finalmente riposa.

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