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NOTE, VERSI, E AVVOCATI

“I mediocri imitano, i geni copiano”. Lo sosteneva Pablo Picasso. E a quanto pare, i Led Zeppelin la pensavano allo stesso modo.

Parte XVIII

Soprattutto per i milioni di dollari in ballo, ha fatto parlare parecchio la causa intentata ai Led Zeppelin dall’amministratore fiduciario degli eredi di Randy California.

Nel 2014 Jimmy Page e Robert Plant sono stati accusati di aver copiato parte di Stairway To Heaven da Taurus, uno strumentale composto dal chitarrista degli Spirit nel 1967. Non è una novità per i quattro del dirigibile, che fin dagli esordi si portano dietro la spiacevole fama di grandi esponenti dell’arte del plagio. Diversi traditional e blues, infatti, sono stati oggettivamente più di una vaga ispirazione per i loro riff e i testi.

Però, a tale proposito, va anche osservato che proprio nell’ambito del folk e del blues da sempre forte è la tendenza a rielaborare, scopiazzare o a citare brani altrui. Come una volta ha detto B. B. King: “Io non penso che qualcuno rubi qualcosa, tutti prendiamo in prestito”. E, in fondo, lo fanno anche i Led Zeppelin. Rispetto ai bluesman e agli autori senza nome delle ballad popolari, però, hanno un successo sconvolgente, tanto da essere a loro volta saccheggiati da colleghi altrettanto rapaci, e pertanto quello che non è richiesto ai primi, ovvero citare le fonti, a quanto pare a loro viene invece ordinato.

D’altronde, l’atteggiamento un po’ arrogante soprattutto di Page non è che aiuti molto. Il chitarrista evidentemente ha un’idea tutta sua del copyright e quando, per esempio, si basa sui traditional, che sono esenti dal pagamento dei diritti, non solo li firma come interamente suoi perché ha cambiato l’arrangiamento, ma più volte per questo riprende versioni più recenti di altri artisti che, legalmente, dovrebbero essere citati e retribuiti.

“Ho sempre cercato di portare qualcosa di fresco a tutto ciò che ho utilizzato”, confessa candidamente a «Guitar World» nel 1993, dandosi la zappa sui piedi. “Ho sempre fatto delle variazioni e credo che nella maggior parte dei casi non si può capire quale sia la fonte originale. Forse non in ogni caso, ma nella maggior parte”. Semmai, per Page, il guaio sono i testi: “Robert avrebbe dovuto cambiarli, ma talvolta non lo ha fatto e ciò ha causato la maggior parte dei problemi. Non potevano processarci per le parti di chitarra della musica, ma ci hanno inchiodato sul testo”.

Ovviamente il cantante non ci sta e in un’intervista del 2006, riportata da Barney Hoskyns in Trampled Under Foot: The Power and Excess of Led Zeppelin, ricorda che quando usarono per Whole Lotta Love alcuni versi di You Need Love di Willie Dixon, “io dissi a Jimmy che quella non era una nostra canzone e lui mi rispose di stare zitto e continuare”. Affermazioni un po’ pesanti, queste, che naturalmente non sono sfuggite all’avvocato querelante Francis Malofiy il quale, nel corso della causa di Stairway To Heaven, citando la sua brava lista di brani della band chiacchierati, osserva che “il tentativo di Page di spostare la colpa da se stesso a Plant non è del tutto legittimo, perché più volte, in aggiunta ai testi e alle melodie copiati da Plant, lui ha ripreso intere composizioni tradizionali”. E conclude che “non c’è alcun modo perché qualsiasi persona ragionevole ascoltando queste canzoni possa pensare che non sono state rubate, come hanno ammesso Page e Plant. Eppure, Page, Plant e Jones se le sono pienamente accreditate e nelle loro deposizioni hanno affermato il falso, rifiutando di assumersi ogni responsabilità”. Sono parole durissime, dette da un avvocato che comunque vuole vincere una causa, e finiscono per girare il solito coltello nelle ferite infette di una band alla quale sembra non possa essere perdonato nulla. Né i plagi consci, che ci sono, né le citazioni più o meno innocenti tollerate invece in altri casi. Per

Page e compagni il tormento sul tema, in ogni caso, inizia da subito. Nella sua celebre stroncatura di LED ZEPPELIN su «Rolling Stone», infatti, John Mendelsohn scrive che Black Mountain Side deriva da Down By Blackwaterside, un traditional irlandese ripreso da Bert Jansch, e così in effetti suona, e che Your Time Is Gonna Come, ma qui esagera, viene da Dear Mr. Fantasy dei Traffic. Ma nel disco c’è anche Dazed And Confused, che nasce nei giorni degli Yardbirds come cover del bellissimo e acidissimo pezzo omonimo di Jake Holmes del 1967. In breve, però, Page lo modifica nei versi e nella struttura. Tanto gli basta per appropriarsene, sebbene l’originale di Holmes rimanga pesantemente presente. All’epoca, l’autore rinuncia a far causa al gruppo ma più tardi tenta, vanamente, di intavolare una discussione sulle royalties.

Anche How Many More Times è oggetto di critiche: vengono notate similitudini con How Many More Years di Howlin’ Wolf, al quale peraltro la band rende evidente omaggio nel titolo. In realtà, i due brani si somigliano poco e semmai nel blues dei Led Zeppelin qualcosa potrebbe rimandare a The Hunter di Albert King. Un po’ differente è il caso della ballad Babe I’m Gonna Leave You. Page e Plant la scoprono grazie all’interpretazione di Joan Baez e la credono un traditional, come riportato nelle note di JOAN BAEZ IN CONCERT, PART 1. In realtà, il pezzo è stato scritto da Anne Bredon e quando negli Ottanta si scopre la verità c’è l’accomodamento: metà delle royalties vanno alla Bredon, metà a Plant e Page. Inoltre, la canzone non appare più segnalata nel disco come un traditional, ma è firmata da tutti e tre.

Nessun equivoco, invece, per Whole Lotta Love. Testo e performance vocale sono modellati su You Need Lovin’ degli Small Faces. Come riporta Paolo Hewitt in Small Faces: The Young Mods’ Forgotten Story, il cantante della band Steve Marriott ricorda ridendo per come Plant la cantava e si esprimeva come lui: “Anche gli stop alla fine erano gli stessi. Hanno solo messo un ritmo differente. Per anni la sentivo alla radio mentre ero in auto in America e mi prendeva, fino a quando un giorno ho pensato, ‘cazzo, che è, ma siamo noi. Che bastardi!’”.

Nulla, però, possono pretendere gli Small Faces, perché a loro volta il pezzo l’hanno copiato da You Need Love di Willie Dixon, del 1962. E i Led Zeppelin lo sanno. Nel 1990 a «Musician» Plant spiega che su come cantarlo all’epoca vi furono molte discussioni e alla fine si decise che siccome il blues di Dixon ormai era “un’influenza così vaga e remota nel tempo (erano già passati sette anni) che… be’, ti pizzicano solo quando hai successo. Funziona così”. Il brano, guarda un po’, ha successo, e pure tanto, così nel 1985 i Led Zeppelin sono costretti sia a compensare l’autore sia a inserirne il nome nei crediti delle ristampe del disco. Anche The Lemon Song, sempre da LED ZEPPELIN II, diviene materia legale. Nei suoi primi concerti la band presenta nel repertorio Killing Floor di Howlin’ Wolf e in studio la trasforma, ma non abbastanza, nella canzone del fallico limone. Ovviamente, accreditandosela.

Nel 1972 viene decisa una somma da versare a Chester Burnett, vero nome del “lupo che urla”, che finalmente viene aggiunto tra gli autori. Nel testo, i riferimenti al limone da spremere sono riconducibili a Travelling Riverside Blues di Robert Johnson che, a sua volta, li aveva ripresi da She Squeezed My Lemon di Arthur McKay e Roosevelt Sykes.

Bring It On Home, al contrario, è più una citazione che un plagio. Il titolo è lo stesso di un blues ancora di Dixon, ma le somiglianze nell’introduzione e nel finale sono quasi risibili. Gli avvocati però si muovono e i Led Zeppelin sborsano.

Nel riff di Moby Dick, invece, è lampante il richiamo a Watch Your Step di Bobby Parker, che secondo alcuni ha di suo debiti presumibilmente mai pagati con The Girl I Love She Got Long Curly Hair di Sleepy John Estes. È comunque da notare che il riff in differenti tempi è piaciuto anche ai Beatles (I Feel Fine) e ai Deep Purple (Rat Bat Blue). Nemmeno la grande Since I’ve Been Loving You, poi, si salva visto che in diversi suoi momenti si sente un’eco di Never, un brano del 1968 dei Moby Grape. Magari di vero plagio non si può parlare, però alcune idee della chitarra e della voce proprio provenienti da pianeti differenti non sembrano. Per di più, alcuni versi del testo si somigliano veramente troppo.

Come scrive Chris Welch in Led Zeppelin Dazed And Confused: The Stories Behind Every Song, “qualcuno sostiene che Never sia l’ispirazione per il brano; sicuramente i Moby Grape sono una delle band preferite da Plant”. E si sussurra che nel 2005 Bob Mosley, l’autore del pezzo, abbia ricevuto una compensazione.

In LED ZEPPELIN III c’è Bron-Yaur Stomp: ricorda molto la versione di Jansch, che non apprezza, del traditional The Waggoner’s Lad. Nel quarto invece è presente When The Levee Breaks. Titolo e parti del testo riportano all’omonimo blues sull’alluvione del Mississippi del 1927 di Kansas Joe McCoy e Memphis Minnie. L’ultima, autrice dei versi, però risulta accreditata assieme ai componenti della band. Poi indubbiamente l’attacco di Bonham in Rock And Roll è quello di Keep A Knockin’ di Little Richard, che in sede d’incisione il batterista stava provando, ma il riff è differente.

Peggio va a PHYSICAL GRAFFITI: In My Time Of Dying viene da un gospel di pubblico dominio noto anche come Jesus Make Up My Dying Bed, che dagli anni Venti in poi tanti artisti, Bob Dylan compreso, hanno interpretato. E l’intera band ci mette la sua firma per quanto, va riconosciuto, musicalmente il trattamento rende l’originale molto distante. Nel testo di Custard Pie spiccano furtarelli da Drop Down Mama di Sleepy John Estes, Shake ’Em On Down di Bukka White, Help Me di Sonny Boy Williamson e I Want Some Of Your Pie di Blind Boy Fuller.

Qualche problema, inoltre, lo dà Boogie With Stu: è una jam con Ian Stewart nella quale musica e versi sparsi riecheggiano Ooh My Head di Ritchie Valens che, a sua volta, un po’ somiglia a Ooh My Soul di Little Richard. Per garantire alla madre del rocker scomparso alcune royalties, la band la accredita come coautrice. E la società che detiene i diritti di Valens intenta causa. Anche su Trampled Under Foot il plagio è relativo: semplicemente, Plant cita qualcosa da Terraplane Blues di Robert Johnson rendendo un omaggio al grande bluesman. Oltretutto, i versi di quest’ultimo parlano dell’infedeltà, quelli di Plant raccontano la tentazione sessuale.

Un nuovo caso di canzone di pubblico dominio di cui il gruppo s’impossessa,
nel 1976, è Nobody’s Fault By Mine, su PRESENCE. Originariamente intitolato It’s Nobody Fault By Mine, il pezzo vanta una lunga lista di versioni. La prima registrazione conosciuta è quella di Blind Willie Johnson del 1927 ma probabilmente è quella di John Renbourn, del 1966, a ispirare Page. Il chitarrista s’inventa un nuovo arrangiamento e tanto gli basta per convincere Plant, che avrebbe voluto mantenere il testo originale e considerare il brano una cover, a scrivere nuovi versi e firmarlo in coppia.

Infine, tornando all’inizio, c’è Stairway To Heaven. Sì, le prime quattro note dell’arpeggio sono simili a quelle di Taurus. Però poi il pezzo dei Led Zeppelin va avanti sulla sua strada. Per di più, nel corso del dibattimento si è osservato come la progressione incriminata sia presente anche nella Sonata di chitarra, e violino, con il suo basso continuo di Giovanni Battista Granata, una composizione del 1659. E in varie forme la stessa è poi stata utilizzata parecchie volte, ad esempio dai Beatles in Michelle. Alla fine, la giuria del tribunale sentenzia che Page e Plant hanno ascoltato Taurus, a dispetto delle loro testimonianze reticenze, ma non vi è alcuna sostanziale somiglianza negli elementi intrinseci dei due pezzi. In altre parole, è possibile che i Led Zeppelin, consapevolmente o meno, si siano ispirati al pezzo degli Spirit ma poi hanno cambiato il giusto. E, in ogni caso, un concetto aleggia su tutta la discussione: nessuno ha inventato nulla.


PLAGIARI O PLAGIATI?

Sembrava conclusa la causa di plagio intenta ai Led Zeppelin dagli Spirit per Stairway To Heaven, a loro dire, palesemente ispirata a Taurus, brano registrato dal gruppo del chitarrista Randy California nel novembre del 1967 (quindi oltre tre anni prima del mega classico), e invece un tribunale ha accettato l’ennesimo ricorso degli eredi di California. La disputa prosegue e forse non finirà mai, forse nemmeno in presenza di una sentenza definitiva. A tal proposito, molto si è scritto e detto sui Led Zeppelin che hanno saccheggiato brani blues, per edificare la loro fortuna a inizio carriera (se volete divertirvi ecco un link https://www.youtube. com/watch?v=n4zcuNUfdsI, ma sbirciando sul web ne troverete altri), poco invece si dice sulle centinaia di plagi che i Led Zeppelin hanno subito. I più noti copioni sono i Kingdom Come del cantante Lenny Wolf, autori di alcuni furti clamorosi, al punto da indurre Robert Plant a sbeffeggiarli con il nome di Kindom Clone. E in effetti è impossibile non restare basiti davanti a Come Get It On e What Love Can Be, sorta di copia e incolla di Kashmir e Since I’ve Been Loving You. A voler essere onesti, l’intero album di esordio dei Kingdom Come s’ispira senza ritegno a umori zeppeliniani, tuttavia questo non gli impedisce di guadagnarsi la certificazione di disco d’oro. Allargando la visione, possiamo affermare con certezza che a oggi non c’è una sola rock band che negli ultimi trent’anni non abbia preso in prestito un riff, un assolo, un coro, un’atmosfera dei Led Zeppelin. Persino le popstar Coldplay, nel loro classico In My Place, hanno rielaborato tempo di batteria e note iniziali di When The Levee Breaks. Tra i giganti del rock, i Whitesnake non si sono vergognati di rielaborare il riff di Kashmir (probabilmente il più copiato della storia del rock), per Judgement Day, mentre due anni prima, nel 1987, la loro svolta per il mercato americano arriva con i capelli biondi di David Coverdale e il riff spezzato di In The Still Of The Night, che profuma molto di Zeppelin. È evidente che la lista potrebbe continuare all’infinito e lasciamo a voi il gusto di scoprire le similitudine disseminate in migliaia di dischi. Forse solo i tre ragazzotti de Il Volo non hanno copiato Page e soci, tanto da permettersi di dire che “chi ascolta i Led Zeppelin non può ascoltarci”. Sbagliato: non deve ascoltarvi.

FINE

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