
PICCOLETTI TUTTO PEPE: VOLPINO, SPITZ, SHIBA
A unire questi tre gioielli della cinofilia italiana, tedesca e giapponese è la taglia ridotta che si accompagna, però, a un carattere determinato, vivace, volitivo. Non sempre facile, dunque, ma ideale per chi non vuole semplici cani “da coccole”
Mentre affondiamo le mani nel loro soffice mantello, magari passando parecchio tempo ad accarezzarli e ad ammirarne la fiera eleganza, non pensiamo certo alla loro storia. Se non abbiamo mai indagato sull’amico che sta accoccolato al nostro fianco sul divano, forse ci stupiremmo di scoprire che Volpino Italiano e Spitz Tedesco erano apprezzati fin dalla Preistoria per il loro eccellente fiuto e per lo squillante abbaio, in grado di allertare immediatamente gli abitanti delle palafitte in caso di pericolo. E, in effetti, ci rendiamo conto che qualcosa di questo retaggio sopravvive nel nostro amico. Ancora più sorprendente lo Shiba Inu, che dell’antico cacciatore di cinghiali e orsi nelle foreste del Giappone conserva un’indole determinata, matura, riservata. Appartenenti al Gruppo 5 della FCI, quello denominato “Cani di tipo Spitz e Primitivi”, questi tre amici sono accomunati da bellezza, storia e selezione, ma non dal successo: numeri buoni e in crescita per lo Spitz Tedesco, presenze più contenute ma in crescita per lo Shiba Inu, quasi nessuna presenza in Europa per il Volpino. Un vero peccato per questo italiano doc!
Volpino Italiano: Gioiello dimenticato
È uno dei gioielli della cinofilia italiana, una nuvola di pelo soffice che nasconde non poche qualità. È il Volpino Italiano, la cui storia corre parallela a quella delle genti italiche fin dalla lontana Età del Bronzo. Elegante e bellissimo, allo stesso tempo rustico, è anche molto attivo, vivace, dinamico. I suoi sensi sono sempre all’erta, aspetto che lo rende un ottimo “avvisatore”, e il suo cuore è pronto a offrire una devozione totale alla sua famiglia. Non a caso la razza era molto apprezzata in passato, a più livelli della società, come cane da guardia nelle case di campagna e come cane da compagnia nelle corti signorili. Oggi, purtroppo, questo cane è stato quasi completamente dimenticato: poche le iscrizioni in Italia, in pratica nulle in Europa. In Gran Bretagna il Volpino Italiano non è nemmeno riconosciuto, tanto che l’Associazione Tecnica Amatori Volpino Italiano, che si occupa della tutela della razza, ha nuovamente fatto appello all’Enci per sollecitare la questione. Si spera che l’introduzione del nuovo standard, in vigore dal 2016, e l’interesse crescente dell’Unione Mondiale Associazioni Volpino Italiano possano migliorare la situazione. Anche perché questo bellissimo cane merita di essere riscoperto come amico di famiglia e di essere apprezzato per le sue grandi doti!
Un’antica alleanza: Amato da nobildonne e grandi artisti
Come per altri cani di tipo Spitz, le origini del Volpino Italiano si perdono nel tempo: ricerche compiute nei villaggi di palafitte dell’Età del Bronzo (sopra) hanno portato alla luce scheletri di cani molto simili a quelli odierni. Viaggiando in avanti con la macchina del tempo, nel Settecento ritroviamo il Volpino a guardia dei carri dei carrettieri della Toscana e del Lazio, così come nelle case di campagna del Centro Italia, dove era apprezzato per il suo istinto di guardia. Qui lavorava spesso in squadra con il Cane Corso o il Pastore Maremmano-Abruzzese, i sensi all’erta per avvisare al minimo segnale di pericolo. Il suo successo fu grande anche presso le corti signorili dove, per tutto il Rinascimento e anche oltre, fu molto amato dalle nobildonne. In particolare quelle romane e fiorentine, tanto che divenne famoso come “volpino di Firenze” o “del Quirinale”. Si racconta che a Roma un Volpino fosse sempre al fianco di Michelangelo Buonarroti, mentre il grande artista era intento ad affrescare la Cappella Sistina. Un’altra testimonianza arriva da Venezia, dove nel 1502 Vittore Carpaccio immortala una candida nuvola nel dipinto La visione di Sant’Agostino, oggi ospitata nella Scuola di San Giorgio degli Schiavoni. Un passato assai illustre che gli meriterebbe maggiore attenzione nel nostro presente.
Spitz Tedesco: Sempre più amato
Quando cammina per strada, i passanti rimangono ipnotizzati dal movimento elegante e aggraziato, sottolineato dal lungo pelo che ondeggia fluente. E lo Spitz Tedesco sembra essere consapevole del fascino che è in grado di esercitare: se ne va in giro fiero, avvolto in una morbida nuvola di pelo che attira carezze e lodi. Ma la bellezza non è tutto: a contraddistinguere questi cani sono la vivacità, il coraggio, la dedizione nei confronti dei loro compagni umani. In passato gli Spitz erano impiegati come cani “da allarme”, per avvisare gli abitanti dei villaggi di palafitte della Germania del Nord dell’avvicinarsi di possibili minacce. Oggi, pur conservando un ottimo istinto alla segnalazione di pericoli e intrusioni, sono apprezzati come compagni per tutta la famiglia e il loro successo è in costante crescita da qualche anno in Italia. Intelligenti e desiderosi di compiacere il loro proprietario, imparano velocemente i comandi di base e possono persino impegnarsi in attività quali l’Obedience. Che scegliamo uno Wolfspitz (piuttosto raro) o uno Spitz medio, piccolo o toy, avremo al nostro fianco un amico che ci farà innamorare di lui, vivace, morbido, dolce, deciso… come resistergli?
TANTI COLORI… stessa irresistibile morbidezza
Negli Spitz il colore del mantello varia in base alla taglia: nei Wolfspitz è grigio sfumato, in quelli di taglia grande è nero, marrone o bianco, nei soggetti medi, piccoli e toy può essere nero, marrone, bianco, arancio o grigio sfumato. In ogni caso, lo Spitz Tedesco è caratterizzato da un pelo di copertura lungo e diritto, tenuto sollevato da un sottopelo corto, fitto, simile all’ovatta. Molto affascinante è il collare di pelo attorno al collo, simile a una criniera. Per tenerlo pulito e in ordine è sufficiente spazzolarlo ogni dieci-quindici giorni.
Dalla notte dei tempi vegliava sul sonno dei nostri antenati
Lo Spitz tedesco condivide con il nostro Volpino la lunga storia, tanto che la razza è considerata una delle più antiche nel Vecchio Continente, e l’originaria funzione di cane “avvisatore”. Fin dall’Età della Pietra i progenitori di questi cani abitavano i villaggi di palafitte del Nord Europa: il vasto territorio compreso tra il fiume Reno in Germania e la Vistola in Polonia era coperto di paludi e zone umide. Gli uomini preistorici abitavano in piccoli villaggi su pali e piattaforme sospese sull’acqua che, di notte, venivano isolati dalla terraferma togliendo le passerelle d’accesso. Compito dei piccoli Spitz era di segnalare qualsiasi rumore sospetto abbaiando per avvisare gli abitanti del villaggio perché fossero pronti a reagire alla minaccia. Chiunque, uomo o animale, avesse tentato di avvicinarsi approfittando del buio sarebbe stato immediatamente colto sul fatto, grazie all’udito finissimo e all’olfatto eccezionale di questi cani.
Attenzione alle altezze
Le dimensioni contenute degli Spitz di taglia media, piccola e toy impongono qualche precauzione in più. Evitiamo le eccessive manipolazioni, soprattutto da parte dei bambini, e nel prenderli in braccio non teniamoli dalle zampe anteriori, in particolare quando sono ancora cuccioli: il modo giusto per sollevarli è infilare una mano sotto il petto con due dita poste sotto le ascelle che sporgono verso il muso, senza stringere, sollevando il piccolo con il corpo tenuto in orizzontale. Attenzione anche alle altezze: vigiliamo che non cadano da divani o tavolini perché potrebbero farsi seriamente male.
MOLTO LONGEVI: Due le patologie comuni
Gli Spitz possono vivere anche vent’anni, cosa che ci regalerà una lunga amicizia! Per quanto riguarda la salute, sono due le patologie comuni alla razza: la lussazione della rotula, che si verifica quando quest’ultima tende a uscire dalla sua sede, e il cosiddetto “collasso della trachea”, un progressivo restringimento del canale respiratorio, che può essere in parte prevenuto evitando di strozzare il cane con il guinzaglio (errore che comunque non andrebbe mai commesso!). Entrambi questi problemi possono essere risolti con un intervento chirurgico: chiediamo al nostro veterinario.
Shiba Inu, amico leale
“Shiba” in giapponese significa “piccolo”: non a caso, lo Shiba Inu è il più piccolo dei cani storici del Giappone. Le sue dimensioni ridotte, però, non devono trarre in inganno perché questo cane conserva un carattere determinato, volitivo e fiero che gli viene dal suo lungo passato di coraggioso cacciatore. Meno conosciuto del “fratello maggiore” Akita Inu, è in crescita nel nostro Paese in termini di presenze e successo. I numeri, comunque, rimangono bassi e questo perché lo Shiba non è un cane facile, per tutti. O meglio, servono rispetto e intelligenza, oltre alla capacità di entrare in sintonia con lui e di comprendere la sua natura profonda, perché ci apra il suo cuore. È in genere riservato anche con la sua famiglia, com’è tipico dei cani nordici: non ama coccole e vezzeggiamenti eccessivi, soprattutto da parte degli estranei, e proprio per questo motivo è spesso considerato un po’ “freddo”. Non è così: lo Shiba ha un modo tutto suo di dimostrare affetto e lealtà, impara a percepire il nostro stato d’animo e a farci sentire la sua presenza senza mai essere invadente. Se sapremo capirlo, avremo accanto un amico per la vita.
Abituiamolo fin da piccolo
Nonostante la taglia ridotta, lo Shiba ha una struttura muscolo-scheletrica molto sviluppata che deve essere tenuta allenata. Ha bisogno di proprietari attivi, che amino la vita all’aria aperta e le lunghe passeggiate. Anche perché questo cane è abituato ai climi rigidi del Nord del Giappone e niente lo farà più felice di una bella corsa nella neve. Il gioco è un capitolo a parte: essendo un cane molto maturo e riservato, in genere non ama i classici giochi che fanno impazzire i nostri amici. È, quindi, importante insegnargli a giocare fin da cucciolo, indirizzando la sua vitalità anche verso attività olfattive, per esempio le piste, in omaggio al suo retaggio di cacciatore.
È UN VERO CACCIATORE: La socializzazione è d’obbligo
Visto il suo passato di cacciatore, lo Shiba conserva un forte istinto predatorio. È quindi probabile che, se avrà modo di farlo, si lancerà all’inseguimento di piccole prede, topolini, uccellini, persino gatti. Mai come nel suo caso, dunque, l’educazione ha un’importanza fondamentale, in particolare per quanto riguarda il richiamo. Allo stesso tempo è d’obbligo avviare presto la sua socializzazione verso gli esseri umani, gli altri cani ma anche i gatti, che potrebbero facilmente diventare un suo bersaglio.
BELLO E FACILE! Il mantello richiede poche cure
Lo Shiba Inu può essere rosso, nero-focato e sesamo (miscela di peli bianchi e neri) anche nelle varietà sesamo nero e sesamo rosso. Deve sempre essere presente lo urajiro, pelo biancastro sui lati del muso e sulle guance, sul lato inferiore della mascella e del collo, su petto, stomaco e parte inferiore della coda, nella parte interna degli arti. Il pelo è fitto e corto e per essere tenuto in ordine è sufficiente spazzolarlo con una certa regolarità; durante il periodo della muta le spazzolate devono essere più frequenti. Una curiosità: lo Shiba si toeletta come i gatti!
Un cane storico: Oggi è “Monumento naturale”
Ricerche archeologiche condotte nei siti di insediamenti umani risalenti a circa 9.000 anni fa hanno portato alla luce resti di cani molto simili agli odierni Shiba Inu: ecco le prime testimonianze della presenza in Giappone di questo cane, che affiancava le popolazioni di cacciatori-raccoglitori in qualità di guardiano, avvisatore ed eccellente compagno di caccia. In particolare, nelle zone più fredde del Paese lo Shiba era impiegato nella caccia al cinghiale e all’orso: ciò spiega l’indole determinata e il forte istinto predatorio che questo piccolo cane conserva ancora oggi. Tra la seconda metà dell’Ottocento e il primo decennio del Novecento, con la progressiva apertura del Giappone alle relazioni diplomatiche e commerciali con l’Occidente, cominciarono a essere importati dalla Gran Bretagna Setter e Pointer e la caccia divenne uno sport sempre più diffuso in terra nipponica. Gli Shiba Inu cominciarono a essere incrociati con i cani inglesi e questo determinò una progressiva perdita di purezza da parte della razza. Solo negli anni Trenta fu avviato un percorso di tutela e selezione, attraverso l’accoppiamento delle migliori tipologie di cani autoctoni di piccola taglia: nel 1934 lo standard di razza fu unificato e nel 1937 lo Shiba Inu fu dichiarato “Monumento naturale del Giappone”.