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QUANTO SALE CI OCCORRE PER MANGIARE BENE E STARE BENE

Meno di 5 grammi al giorno. Lo dice l’OMS che calcola 1 milione di morti in meno per ictus e 3 milioni in meno per malattie cardiovascolari se viene rispettato questo limite. Noi italiani stiamo imparando la lezione: in dieci anni il nostro consumo di sale è diminuito del 12 per cento. Ma dobbiamo fare meglio

Il sale da cucina (cloruro di sodio) è la principale fonte di sodio nell’alimentazione. I dati scienti!- ci disponibili dimostrano che un consumo eccessivo di sale ha effetti negativi sulla salute perché un apporto elevato di sodio aumenta il rischio di malattie cardio e cerebrovascolari.

L’eccesso di sale, infatti, aumenta la pressione arteriosa (a tutte le età, a partire dall’infanzia), cioè favorisce l’ipertensione, che è una delle cause più importanti di ictus cerebrale, oltre che uno dei principali fattori di rischio per l’aterosclerosi e per l’infarto miocardico. L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) raccomanda per questo un consumo giornaliero di sale inferiore ai 5 grammi, che corrispondono a circa 2 grammi di sodio. In media nel mondo se ne consumano invece più del doppio. Se rispettassimo i limiti raccomandati, si calcola che potremmo evitare in tutto il mondo più di 1 milione di morti per ictus e circa 3 milioni di morti per malattie cardiovascolari. Negli ultimi dieci anni gli italiani hanno ridotto del 12 per cento il consumo medio giornaliero di sale, come evidenziato da uno studio condotto dall’Istituto superiore di sanità in collaborazione con l’Università degli studi di Napoli Federico II, promosso e !nanziato dal Ministero della salute – Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie. La notizia è buona, anche se non possiamo dirci virtuosi perché siamo ancora lontani dalle raccomandazioni dell’OMS.

I numeri dello studio

Gli uomini italiani in dieci anni sono passati dal consumare in media 10,8 grammi di sale al giorno a 9,5; le donne invece da 8,3 grammi sono scese a 7,2. I dati emergono da due indagini che fanno capo al Progetto Cuore: la prima ha analizzato, nel periodo 2008-2012, l’escrezione di sodio nelle urine di campioni di popolazione italiana di età compresa fra 35 e 79 anni, provenienti da tutte le regioni; nella seconda indagine la medesima analisi è stata invece condotta su campioni di popolazione italiana provenienti da 10 regioni nel periodo 2018-2019.

Il confronto tra le due indagini è stato fatto su campioni di persone dai 35 ai 74 anni in 10 regioni italiane da nord a sud: 200 persone per ogni regione (in totale 2.000 per ciascun periodo), una numerosità statisticamente necessaria a ottenere stime rappresentative del consumo di sale nella popolazione.

«La riduzione è stata rilevata, sebbene con ampiezza diversa, in quasi tutte le regioni esaminate e in tutte le classi di età, le categorie di indice di massa corporea (normopeso, sovrappeso, obesi) e in tutti i livelli di istruzione», afferma Chiara Donfrancesco, ricercatrice dell’Istituto superiore di sanità e responsabile dello studio, la quale aggiunge: «In entrambi i periodi i livelli medi di assunzione di sale sono risultati signi!cativamente più alti negli uomini che nelle donne, in quelli con sovrappeso e obesità rispetto alle persone di peso normale e in individui meno istruiti rispetto a quelli più istruiti, confermando l’importante ruolo delle disuguaglianze sociali».

Quanti sono invece i consumatori “virtuosi” che restano al di sotto del limite raccomandato dall’OMS? «Nel campione esaminato nel periodo 2008-2012 – risponde la ricercatrice –, il 4 per cento degli uomini ha mantenuto un consumo giornaliero di sale inferiore a 5 grammi al giorno, contro il 15 per cento delle donne; nell’indagine 2018-2019 sono stati riscontrati valori signi!cativamente più alti: 9 per cento degli uomini e 23 per cento delle donne».

Sulla buona strada

Servirà raccogliere ancora altri dati per confermare questo andamento positivo. «Tuttavia, al momento i risultati confermano l’importanza di proseguire e rafforzare le iniziative di prevenzione intraprese nella popolazione italiana attraverso il programma strategico del Ministero della salute “Guadagnare salute”, grazie a cui sono state promosse e sostenute anche diverse azioni per ridurre il consumo eccessivo di sale», sottolinea Chiara Donfrancesco. «Per esempio, dal 2009 sono stati siglati protocolli d’intesa tra Ministero e associazioni dei pani!catori artigianali e le aziende dell’industria alimentare, per ridurre il contenuto di sale nel pane artigianale e in alcuni prodotti industriali (pane, gnocchi confezionati, primi piatti pronti surgelati, zuppe e passati di verdure surgelati)».

Il pericolo invisibile

Se infatti per impegnarci a consumare meno sale possiamo partire dal modi!care alcune abitudini in cucina e a tavola (meno sale in cottura, niente saliera in tavola ecc., vedi box nella pagina a lato, in alto), è più dif!cile controllare il contenuto di sale di alimenti che non prepariamo da soli, ma acquistiamo già pronti al consumo, a partire dal pane: una fetta media può contenere quasi 1 grammo di sale. Le etichette, dove sono presenti, ci informano sulle quantità di sale negli alimenti, ma non sempre sono di facile lettura. Nel riquadro qui sotto riportiamo una piccola guida.

Meglio iodato

Non c’è differenza dal punto di vista chimico tra il sale marino, ricavato dall’acqua di mare, o il salgemma, estratto dalle miniere, né tra sale grosso e sale !no (se non nel grado di macinazione), oppure tra il sale normale e quello integrale, che è meno purificato e contiene altri elementi residui ma non per questo può vantare delle proprietà. Piuttosto, i medici, oltre a raccomandare di limitare le quantità di sale, consigliano di scegliere quello iodato, cioè il sale comune (marino o salgemma) a cui è stato aggiunto lo iodio, sotto forma di ioduro o iodato di potassio: è utile per prevenire o correggere le carenze alimentari di iodio che sono piuttosto diffuse nella popolazione, anche in Italia.


ALIMENTI RICCHI DI SALE DA CONSUMARE SALTUARIAMENTE

Salumi, formaggi, pizza, crackers, grissini, patatine, salatini, pesce sotto sale o marinato, conserve vegetali, piatti industriali pronti, ketchup, salsa di soia, senape, maionese, olive, capperi, margarina, dado per brodo.


ALIMENTI MENO RICCHI DI SALE DA CONSUMARE ABITUALMENTE

Frutta e verdura fresche, spremuta/succo, uova, carni fresche, pesce fresco, legumi freschi e secchi, pasta, riso, latte, yogurt, mozzarella, ricotta, olio, pane poco salato.


Quanto sale ci serve

Dipende dalla nostra età. In ogni caso le quantità necessarie sono già assicurate dal contenuto naturalmente presente nei cibi, senza bisogno di doverlo aggiungere.


Meno sale in 6 mosse

  • Aggiungiamo meno sale alle ricette: pasta e riso possono essere cotti in acqua poco salata; bistecche, pesce, pollo, verdure o patate (anche fritte) possono essere cucinati e conditi con meno sale o senza, da sostituire, per esempio, con le erbe aromatiche. Limitiamo l’uso di dado da brodo, ketchup, salsa di soia, senape ecc. che contengono sodio.
  • A tavola mettiamo solo olio e aceto per condire.
    Quando facciamo la spesa, acquistiamo alimenti poco salati: controlliamo le etichette, anche delle acque minerali. Riduciamo il consumo di piatti industriali, sughi già pronti o cibi in scatola.
  • Per gli spuntini, frutta o spremute sono un’ottima alternativa agli snack salati.
  • Nell’attività sportiva leggera reintegriamo con semplice acqua i liquidi che perdiamo attraverso il sudore.
  • Non aggiungiamo sale nelle pappe dei bambini almeno per il primo anno di vita e abituiamoli ad apprezzare cibi poco salati.

COME LEGGERE LE ETICHETTE

Diversi alimenti, che di per sé sarebbero naturalmente poveri di sale, subiscono trattamenti tecnologici di trasformazione o di conservazione che li rendono più salati. I nomi che indicano sull’etichetta la presenza di sale aggiunto sono: sodio o il suo simbolo chimico Na, cloruro di sodio, fosfato monosodico, glutammato di sodio, benzoato di sodio, citrato di sodio. Il sodio, infatti, è contenuto in diversi composti usati come conservanti, aromatizzanti, sali di fusione (per esempio nei formaggini) ecc. Molte etichette nutrizionali indicano solo la quantità di sodio che l’alimento contiene per 100 grammi o per porzione. Se si vuole conoscere il contenuto di sale (cloruro di sodio), si deve fare questo calcolo: 1 grammo di sodio = 2,5 grammi di sale

I medici raccomandano di consumare il più possibile alimenti con basso contenuto di sodio, inferiore a 0,1 grammi/100 grammi, che corrisponde a meno di 0,25 grammi di sale.
SODIO ALTO:
superiore a 0,4 grammi/100 grammi – più di 1,0 grammi di sale
SODIO MEDIO:
da 0,1 a 0,4 grammi/100 grammi – da 0,25 a 1,0 grammi di sale
SODIO BASSO:
inferiore a 0,1 grammi/100 grammi – inferiore a 0,25 grammi di sale
(fonte: SINU, Società italiana di nutrizione umana)

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