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SE USIAMO IL CELLULARE LO DOBBIAMO A MARCONI

Lo scienziato bolognese, noto per l’invenzione della radio, capì per primo come sfruttare le onde radio per comunicare a distanza. Scoperta che aprì la strada alle più grandi rivoluzioni tecnologiche, dalla tivù satellitare a internet senza fili

State leggendo sul divano. La musica della radio è un piacevole sottofondo. Il televisore è spento, ma più tardi vi godrete i programmi preferiti sul digitale terrestre o sulla pay tv satellitare. Nella stanza accanto, vostro figlio naviga internet grazie al sistema wi-fi; vostra figlia, invece, sta armeggiando come al solito sullo smartphone. Telecomandi, radio, televisione, pay tv satellitare e digitale terrestre, dispositivi wi-fi, wireless, bluetooth: tutte queste innovazioni tecnologiche, essenziali alla nostra vita quotidiana, sono legate allo sfruttamento delle onde elettromagnetiche e in particolare delle onde radio. Senza l’ingegno e il duro lavoro di uno dei nostri più importanti scienziati, Guglielmo Marconi (1874-1937), niente di tutto questo sarebbe mai stato possibile. Marconi, infatti, è stato il primo a sfruttare le onde radio per trasmettere informazioni a distanza: inventando il telegrafo senza fili e la radio, ha aperto la via all’epoca delle telecomunicazioni: «L’umanità può solo essergli grata: se ora il pianeta è più connesso, se le telecomunicazioni sono diventate più efficienti e veloci, se navi e aerei possono dialogare con la terraferma e chiedere soccorso in caso di incidente, tutto questo è in gran parte merito suo», scrive Riccardo Chiaberge nel libro Wireless. Scienza amori avventure di Guglielmo Marconi (Garzanti). Per il suo essenziale contributo, lo scienziato bolognese ricevette il premio Nobel per la fisica nel 1909.

Il geniale colpo di fucile

Guglielmo Marconi fu un geniale autodidatta: ricco e nobile di famiglia, aveva studiato per lo più a casa e non aveva né una laurea né uno straccio di diploma. Sin da giovane, aveva però una grande curiosità e un’idea fissa: usare le onde elettromagnetiche per comunicare a distanza.

A soli 21 anni capì come farlo e mise a punto il primo rudimentale telegrafo senza fili. L’esperimento chiave si svolse a Villa Griffone, la residenza di famiglia a Pontecchio (in provincia di Bologna), una mattina d’autunno del 1895: dopo aver costruito e progressivamente migliorato due strumenti per generare e captare le “onde hertziane”, com’erano chiamate all’epoca le onde radio, il giovane Guglielmo decise di verificare se era possibile trasmettere un segnale telegrafico senza usare fili, a una distanza di oltre 1,5 km e con una collina nel mezzo. Si mise perciò d’accordo con il fratello Alfonso e un mezzadro del padre: lui dalla villa avrebbe fatto partire un segnale radio dal trasmettitore, mentre il fratello e il mezzadro, appostati presso il ricevitore dall’altra parte della collina, avrebbero dovuto sparare un colpo di fucile nel caso di effettiva ricezione del segnale. Il colpo di fucile che il mezzadro Mignani sparò davvero in aria quel giorno è oggi considerato l’atto di nascita del telegrafo senza fili.

Nei mesi successivi, Marconi si recò in Inghilterra dove poteva contare sul sostegno di alcuni parenti materni; a Londra presentò la propria invenzione e nel giugno del 1896 depositò il primo brevetto. Il 20 luglio 1897, Guglielmo, che a dispetto dell’età non era affatto sprovveduto e mostrava già un notevole senso degli affari, cercò i capitali per creare la propria compagnia: nacque così la Wireless Telegraph and Signal Co. che dopo qualche anno diventerà la Marconi Wireless Telegraph Company. Sarà un grande successo commerciale: nel giro di qualche anno, diversi governi capiranno di trovarsi di fronte a un’invenzione rivoluzionaria.

L’esperimento delle “esse”

Il secondo esperimento chiave, che segna l’atto di nascita della radio, avvenne nel 1901. Il telegrafo senza fili del giovane Marconi funzionava bene, ma solo su brevi distanze, e molti scienziati, tra i quali il celebre matematico francese Henri Poincaré, ritenevano che le onde radio non avrebbero potuto essere trasmesse su grandi distanze perché incapaci di propagarsi seguendo la curvatura della Terra. Marconi, che di fisica e matematica sapeva il minimo indispensabile, era convinto invece che esse si propagassero a grandi salti lungo la superficie del pianeta. Su questa convinzione erronea investì moltissimo denaro. Fece costruire a Poldhu, in Cornovaglia, un trasmettitore la cui antenna era costituita da 20 piloni di legno, alti 60 metri, disposti lungo una circonferenza di 66 m di diametro; ai pali erano ancorati ben 400 cavi convergenti in un solo punto, collegato al trasmettitore.

Dall’altra parte dell’oceano, fece costruire una stazione ricevente a Cape Cod, nel Massachusetts, ma un uragano ne distrusse l’antenna. Migliaia di dollari andarono in fumo, ma Marconi non mollò: fece erigere una nuova stazione più a nord, presso il porto di San Giovanni di Terranova, in Canada e il 12 dicembre 1901 si apprestò a dimostrare quello che gli scienziati di mezzo mondo ritenevano impossibile. Trasmise una serie ripetuta di lettere “S” in alfabeto Morse da una sponda all’altra dell’Atlantico, superando d’un balzo tremila chilometri. L’età delle telecomunicazioni era cominciata. Fu un esperimento audace, tanto più che Marconi aveva torto: le onde radio non procedono affatto a salti. Aveva torto anche Poincaré: esse possono superare distanze enormi.

Qual è allora il principio che nel 1901 permise la trasmissione transoceanica? Lo si è scoperto molti anni dopo: alcune onde radio raggiungono la ionosfera (lo strato d’atmosfera tra 50 e 300 km dal suolo) dove vengono letteralmente “rimbalzate” e di rimbalzo in rimbalzo riescono a superare distanze e ostacoli enormi.


Così si propagano le onde radio e superano ostacoli come montagne, case o alberi

Nel vuoto, tutte le onde radio si propagano in linea retta e alla velocità della luce (300mila km/sec). Nell’atmosfera terrestre o nell’acqua, le cose sono più complicate. Innanzitutto sono necessari un’antenna trasmittente e un’antenna ricevente. Più bassa è la frequenza di un’onda e maggiore è la sua lunghezza, meno infiuenti sono i grossi ostacoli naturali, come le montagne, che si frappongono fra le antenne. Le onde lunghe si propagano seguendo la conformazione della superficie terrestre, adattandosi alla morfologia del terreno. Le onde medie aggirano facilmente piccoli ostacoli come alberi e case, ma non le montagne; anche le onde corte non sono in grado di oltrepassare i grossi ostacoli. Queste onde, perciò, vengono “lanciate” verso la ionosfera (lo strato dell’atmosfera fra 50 e 300 km di altitudine) dove “rimbalzano”, tornando indietro dopo aver aggirato gli ostacoli; con più rimbalzi, si propagano superando la curvatura del pianeta. Oggi, i mezzi più usati per la propagazione sono i satelliti per le telecomunicazioni in orbita attorno alla Terra: si comportano come potenti antenne alte quasi 36mila km, capaci di ricevere e far rimbalzare i segnali verso le antenne al suolo.



Donnaiolo ma geloso della moglie che fece anche pedinare: così visse Marconi

Suo padre era un possidente terriero bolognese, la madre una ricca ereditiera irlandese: Guglielmo Marconi, detto Billy, crebbe bilingue, protestante, cosmopolita e molto alto per la media dell’epoca. Fu un italiano anomalo, con un carattere ombroso, di poche parole e alquanto snob. Gran donnaiolo, si sposò due volte, la prima con Beatrice O’Brien, una baronessa irlandese dalla quale ebbe due figli e divorziò nel 1924, la seconda con Maria Cristina Bezzi Scali, una nobildonna romana da cui ebbe una figlia. Prima e durante i due matrimoni, non disdegnò le avventure – ne ebbe una anche con Francesca Bertini, la più celebre diva italiana del muto – e si prese parecchie cotte per donne di spettacolo, ricche borghesi o spregiudicate principesse. Fedifrago, fu però assai geloso e più volte fece pedinare la prima moglie.

Amava l’avventura, lavorava anche 16 ore al giorno

Dei suoi 63 anni di vita, almeno 40 li passò sul mare o in luoghi estremi, in una capanna tra i ghiacci in Terranova o sulle scogliere della Cornovaglia. «Marconi ha attraversato l’Atlantico 80 o 90 volte, ha fatto il giro del mondo e non c’è stato transatlantico che non lo abbia ospitato a bordo o su cui non abbia montato antenne e cabine radio», scrive lo scrittore e studioso Chiaberge. Capace di lavorare anche 16 ore al giorno, per condurre gli amati esperimenti si comprò uno yacht, l’Elettra, che divenne la sua seconda “casa”, tanto da battezzare la figlia di secondo letto con lo stesso nome. Oltre al Nobel per la fisica, ricevette croci al merito, titoli nobiliari, 25 onorificenze di alto rango, 13 cittadinanze onorarie e 16 lauree ad honorem; divenne senatore del Regno d’Italia nel 1914, marchese nel 1929, uomo potente e ricco grazie allo sfruttamento commerciale dei brevetti.

Divenne sostenitore di Mussolini e aderì al fascismo

Marconi aderì al fascismo un po’ per convenienza e un po’ per convinzione. Il Duce ne approfittò per farsi propaganda e presentarlo al mondo come una gloria patriottica e un fulgido esempio d’italico ingegno. Lui non protestò mai contro le “leggi fascistissime” che soppressero la libertà di stampa e il diritto di sciopero né contro le violenze squadriste; morto prima dell’approvazione delle leggi razziali (1938), non alzò mai la voce contro il vergognoso trattamento che il regime riservò agli scienziati ebrei.


Così Marconi ebbe l’idea di inventare la radio

Nel 1904 un collaboratore di Marconi, Ambrose Fleming, mette a punto un nuovo congegno detto diodo (o valvola termoionica) che viene brevettato nel 1905 e che Marconi mette subito in produzione. Grazie al diodo le onde radio possono trasmettere non solo le lettere dell’alfabeto Morse, ma anche la voce umana e la musica. Nasce così la radio. Nel 1922 in Usa sono attive 187 stazioni trasmittenti e 750mila famiglie hanno in casa un apparecchio radioricevente. In Ighilterra, nel 1923, la società di Marconi finanzia la nascita della British Broadcasting Company, la BBC, mentre nel 1924 a Roma fonda con altri soci l’Unione radiofonicaItaliana (URI) che nel 1928 cambierà nome e diventerà l’EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche), la “mamma” dell’odierna RAI. Infine, nel 1929, su richiesta di papa Pio XI, Marconi sovrintende alla creazione della prima stazione radio del Vaticano. Bastano pochi anni perché la radio diventi quello che è oggi: un importante mezzo di comunicazione di massa.


Ecco come i mezzi tecnologici “dialogano” con noi

La banda radio include una vasta gamma di onde elettromagnetiche usate nelle radiocomunicazioni; queste onde radio si distinguono le une dalle altre sia per la frequenza misurata in Hertz (il numero di oscillazioni che l’onda compie in un secondo), sia per la lunghezza misurata in metri (la distanza tra due creste dell’onda).

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