
SI PUÒ LEGGERE NEL PENSIERO
Secondo alcuni scienziati siamo sempre più vicini al momento in cui l’uomo diventerà telepatico, come dimostra un recentissimo esperimento svoltosi all’Università di Washington
Riusciremo un giorno a “leggere” i pensieri altrui come faceva Charles Francis Xavier, il più potente telepate della Terra, fondatore del mitico gruppo di mutanti degli X-Men o come il vulcaniano Spock di Star Trek che praticava la cosiddetta fusione mentale semplicemente appoggiando una mano sul volto di una persona? Alcuni scienziati pensano di sì, anche se la strada è ancora lunga.. Un primo passo in questa fantascientifica direzione è stato compiuto l’agosto scorso, quando per la prima volta due ricercatori sono riusciti a mettere in contatto via internet i rispettivi cervelli, in modo che uno dei due facesse muovere a distanza la mano dell’altro.
Penso dunque eseguo
Il curioso esperimento è stato condotto presso il Laboratorio sulla cognizione e la dinamica corticale dell’Università di Washington dall’americano Rajesh Rao, professore di informatica e ingegneria, e dal ricercatore italiano Andrea Stocco. Seduto di fronte al suo computer, Rao indossava una cuffietta come quella dei pallanuotisti ma dotata di elettrodi in grado di rilevarne l’attività elettrica cerebrale. Stocco, invece, stava in un’altra stanza situata dalla parte opposta del campus universitario e indossava un casco con elettrodi collegati a un dispositivo per la stimolazione magnetica transcranica posto direttamente sulla corteccia motoria sinistra che controlla i movimenti della mano destra. A Rao, che aveva di fronte uno schermo con un videogioco nel quale si doveva sparare a dei bersagli, si è chiesto di immaginare di premere un bottone per fare fuoco. A quel punto i segnali provenienti dal suo cervello sono stati mandati via internet a Stocco che, obbedendo a una specie di “tic nervoso”, ha mosso in modo involontario il dito sulla barra spaziatrice che indicava lo sparo.
Verso i soldati telepatici
Al momento, come ammesso dallo stesso Rao, questa specie di connessione mentale tra due cervelli funziona solo per segnali molto semplici e non per trasmettere veri pensieri. Tuttavia c’è già chi lavora per raggiungere anche questo ambizioso traguardo. In prima fila ci sono naturalmente gli Stati Uniti, dove il Pentagono ha investito 55 milioni di dollari per un programma chiamato “Silent talk” o conversazione muta. L’obiettivo è creare “soldati telepatici”, capaci di mettersi in comunicazione tra loro durante le operazioni belliche senza l’uso della voce, ma attraverso l’analisi e l’elaborazione dei segnali neurali. A occuparsi del progetto sarà la Darpa, l’agenzia per i progetti di ricerca avanzata per la difesa. Alla base dell’idea c’è la constatazione che le parole e le frasi si formano nella mente prima di essere pronunciate, mettendo in moto un complesso processo cerebrale il cui esito ultimo è l’emissione dei suoni. La cosiddetta telepatia artificiale comporterà di inserire su aree specifiche del cervello, al posto degli elettrodi tradizionali, milioni di connessioni senza fili di dimensione molecolare. Per trasmettere un segnale verso un computer esterno, tali connessioni potrebbero utilizzare il campo magnetico che un neurone, l’unità cellulare che costituisce il tessuto nervoso del cervello, genera quando emette un impulso elettrico. Interpretando lo schema dell’impulso neuronale come un insieme di istruzioni operative, il computer potrà poi convogliare gli impulsi elettrici ricevuti verso i neuroni di un’altra persona: il suo cervello potrà così “ascoltare” tramite il computer parole e frasi nel momento stesso in cui sono state pensate.
Che cosa riserva il futuro
Se portate a livelli più avanzati, queste interfacce neuronali potrebbero creare connessioni telepatiche tali da rendere menti distinte un’unica mente, dotata di tutte le esperienze e le capacità accumulate dai singoli individui. Un traguardo inquietante, ma non impossibile, già preconizzato nel 1994 dal Nobel per la fisica Murray Gell-Mann che nel suo libro Il quark e il giaguaro scriveva: «Un giorno – è da vedere se sarà un bene o un male – un essere umano potrebbe venire collegato direttamente a un computer avanzato, e attraverso tale computer a uno o più esseri umani. Pensieri e sentimenti sarebbero totalmente condivisi, senza la selettività o gli inganni permessi dal linguaggio. Quanto a me, forse lo sconsiglierei in generale pur riconoscendo che, se avesse successo, un tal metodo agevolerebbe la soluzione di alcuni degli enigmi più impenetrabili. Il risultato sarebbe comunque una nuova forma di sistema complesso adattativo, un vero composto di molti esseri umani». Uno scenario che ricorda l’allucinante mondo dei Borg, esseri metà biologici metà macchine cibernetiche dalle menti tutte collegate fra loro nell’alveare: una gigantesca struttura collettiva che non ammette l’esistenza dell’individualità che rende unico ogni essere umano.
COME FUNZIONA LA CUFFIA LEGGI-PENSIERO
Per trasformare le onde cerebrali in vere e proprie “azioni” si parte dall’analisi in tempo reale dell’elettroencefalogramma (EEG). L’EEG consiste nella registrazione delle correnti elettriche neuronali che si propagano nel liquido extracellulare con l’intensità di alcuni microvolt. Tale registrazione avviene attraverso un certo numero di elettrodi disposti in maniera uniforme sullo scalpo mediante una cuffia. I segnali captati dagli elettrodi vengono digitalizzati, amplificati ed elaborati da un calcolatore elettronico che ha anche il compito di eliminare i “rumori” di fondo, cioè i disturbi di natura elettrica presenti in ogni registrazione. Il calcolatore elabora quindi appositi algoritmi per “dialogare” e impartire comandi ai dispositivi periferici. Tali dispositivi possono variare da semplici schermi per la sintesi vocale, cioè che traducono i pensieri in parole elementari, a sedie a rotelle e arti artificiali che possono essere guidati e comandati da persone con disabilità motorie senza che queste debbano impiegare il loro apparato muscolare volontario. Oggi alcuni prototipi di queste apparecchiature esistono già. Il Politecnico di Milano, per esempio, sta sperimentando una carrozzella robotizzata dotata di un processore e collegata a un monitor dove sono visualizzati i “luoghi” che è possibile raggiungere: all’utilizzatore basterà guardare le immagini sul monitor e concentrarsi sulla meta per indirizzarvi la carrozzella. Altri laboratori stanno sperimentando con successo sistemi di comunicazione portatile dedicati ai malati di sclerosi laterale amiotrofica in grado di tradurre i segnali del cervello in comandi per accendere e spegnere la luce, aprire la porta, far apparire parole e frasi su uno schermo.