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UNA DEA MADRE ALIENA

Gli scienziati hanno appurato che nel nostro DNA sono presenti i mitocondri delle nostre ave preistoriche, alle quali possiamo risalire senza errori. Chi erano queste ave preistoriche? Da dove venivano? Chi le aveva create? Soprattutto, perché si riesce a risalire in massima parte alla memoria cellulare femminile e non a quella maschile?

Che la Natura, in tutte le sue manifestazioni, indichi solo la madre come “certa”, è cosa evidente in tutti gli animali mammiferi, ma qualcosa di biologicamente rilevante deve essere accaduto affinché questa discendenza rimanga evidente anche dopo millenni.

I mammiferi, nella scala evolutiva, rappresentano il più alto grado di complessità strutturale, e quindi non fa meraviglia il fatto che chi ci ha “creato a sua immagine e somiglianza” fosse un mammifero, anche se molto più evoluto di noi. Se ipotizziamo siano stati esseri evoluti provenienti dallo spazio a crearci, è logico pensare che fossero mammiferi anche loro.

Ora, seguendo il principio del Rasoio di Occam (“A parità di fattori, la spiegazione più semplice è da preferire ») si può postulare che sia decisamente più semplice creare un embrione in un utero di una femmina vivente, che fabbricarne uno artificiale con infinite difficoltà tecniche e biologiche.

L’utero è uno degli organi umani più complessi e misteriosi. Sicuramente, per i nostri antichi predecessori alieni era più facile immettere uno spermatozoo in un utero già esistente che fabbricane uno ex novo. Per logica deduzione, sarebbe stato molto più facile enucleare lo spermatozoo di un primate e, con quello, fecondare un ovulo di una dea aliena, piuttosto che il contrario. La dea, inoltre, sarebbe stata in grado, contrariamente a una femmina di animale, di monitorare e descrivere la crescita del feto con dovizie di particolari. Se ipotizziamo di essere stati stati creati da esseri extraterrestri, sicuramente la nostra ava più antica, la nostra Madre comune, era una femmina aliena. Ecco spiegato quindi, il fatto che per decine di migliaia di anni, gli esseri umani abbiano adorato e venerato solo una Dea Madre e il perché principalmente solo della madre rimanga un’impronta nel nostro DNA. Inoltre, tutte le raffigurazioni della Dea più antiche (paleolitico e mesolitico) in qualunque parte del Pianeta siano state ritrovate (Africa, Americhe, Cina, Giappone o Europa) hanno un’inquietante caratteristica in comune.

In qualsiasi di queste statuette sono messi in evidenza soprattutto seni, fianchi e vulva, che appaiono quasi sempre uguali alle forme umane che conosciamo, ma la testa no. La testa e il viso appaiono sempre molto, molto strane. Nelle figurine che rappresentano l’antica dea, o la testa non esiste affatto, cioè sono acefale, e il collo va a finire in niente, come una sorta di punta di violino oppure, quando la testa è rappresentata, ha lineamenti decisamente strani: occhi enormi, allungati, a forma di chicco di caffè ( statue Dogu) o il cranio presenta forme allungate, appiattite o globulari, con molti fori al posto degli occhi e spesso il naso è a forma di becco di uccello.

Alcuni tempi fa, ricercando queste antiche iconografie, ho letto l’interessantissimo libro di Andrew Collins sullo straordinario ritrovamento di Gobekli Tepe. La scoperta di Gobekli Tepe rappresenta una svolta per la conoscenza dell’intera storia umana. Nel plate 24 di questo libro ho trovato la foto di una delle statue principali rinvenute nel sito, che ora si trova al Museo di Sanliurfa.

Sono rimasta ore a guardarla perché ha fatto risvegliare in me una memoria ancestrale sopita e mai indagata. Immediatamente mi sono chiesta che cosa rappresentasse questo strano totem e ho cercato di ipotizzare il motivo per cui proprio le due prime facce, quelle più in alto, fossero state danneggiate frontalmente. Poteva sicuramente trattarsi di un evento naturale dovuto alla sepoltura nel terreno per migliaia di anni, ma questa spiegazione non mi soddisfaceva. Perché gli altri due volti in fondo, sicuramente più simili a quelli umani, si sono conservati?

Se si fosse trattato di erosione del tempo, avrebbe danneggiato tutta la parte anteriore del totem e non solo le teste superiori. Se ipotizziamo che le due facce superiori siano state distrutte di proposito, allora tutto potrebbe avere un senso. Sicuramente si tratta di 4 figure di esseri femminili, visto che le ultime due danno alla luce un bambino totalmente umano, con la testina rivolta all’ingiù, esattamente come vengono partoriti i bambini. E’ molto probabile che quindi si tratti di una sorta di “Storia delle Origini dell’Umanità” raffigurata in pietra.

La storia ufficiale interpreta la prima figura, quella più grande, come la testa di un orso, o di un enorme felino, probabilmente a causa di quelle due protuberanze che si vedono ancora sulla parte di testa rimasta. L’attribuzione è logica, ma non consequenziale, a mio parere. E’ logica perché tutto il sito di Gobekli Tepe sembra un enorme sito sacro dedicato ad animali di ogni specie, estinti o meno. Però non si capisce bene come la rappresentazione di un Orso non abbia le zampe, ma delle braccia e delle mani con 5 dita né si capisce come sia consequenziale la nascita di un bambino umano partendo da un orso.

La sequenza sembra suggerire altro, il che chiarirebbe anche il perché proprio le due facce più antiche siano state distrutte, molto probabilmente di proposito. E’ ormai fuori di dubbio che tutto il sito sia stato sepolto di proposito e questo ci dovrebbe fare riflettere. Perché? Evidentemente si voleva nascondere o non fare più sapere qualcosa di scomodo o di pericoloso.

Quali segreti sono stati sepolti con quelle migliaia di palate di terra? Quali misteri nascondevano le due facce distrutte dell’antico totem? Forse una risposta si trova proprio esaminando bene il totem stesso. Se prendiamo per vera l’ipotesi che l’essere umano sia stato generato da esseri alieni di sesso femminile e che queste antiche Madri abbiano fatto vari tentativi per mettere alla luce un essere umano come volevano loro, allora tutto appare chiaro nella sua evidenza.

La prima figura, quindi, rappresenterebbe una Dea aliena, probabilmente un essere molto grande, forse un Gigante, che dà origine al primo genere di femmina ibrida, anch’ella dotata di braccia.

Questa seconda figura, guardando di lato la statua, viene come toccata (morsa?) da due serpenti, uno a destra e uno a sinistra. Sulla simbologia del serpente non mi soffermo, ma chi mi legge sarà in grado di fare le opportune connessioni. Questa donna semi aliena e semi umana, toccata dal serpente, dà alla luce un altro essere più piccolo, sempre di genere femminile con forma già quasi umana. Infine questa donna di forma quasi umana partorisce un bambino/a completamente umano, facendo uscire a testa in giù come le donne partoriscono ancora oggi. La differenza di dimensione tra la prima figura e l’ultima è notevole. Interessante quindi accostare l’antico totem ad un graffito ritrovato nello stesso sito di Gobekli Tepe e raffigurante di nuovo una strana creatura che partorisce. In questa immagine si vede l’essere che partorisce già in modo umano, cioè a gambe divaricate e tutto il corpo ha delle fattezze squisitamente umane, come seni e natiche, ma…la testa no!

Il capo ha delle strane e larghe protuberanze ai lati che sembrano formate da tessuto molle, che si curva in basso, quasi a ricadere sulle spalle. Se riguardiamo un attimo il nostro totem vedremo che la prima testa, quella più grande, sembra avere qualcosa di molle appoggiato sulle spalle, come un cappuccio o un casco. Forse l’essere rappresentato era semplicemente fatto così, con delle protuberanze ricadenti ai lati della testa.

Le due Dee erano simili? Secondo me, sì! Forse erano addirittura la stessa Dea, quella dell’inizio. Dee con la testa a forma di mezzaluna rovesciata, molto simili a quella rappresentata a Gobekli Tepe sono state trovate in molte aree del Mediterraneo, soprattutto nelle isole Cicladi, a Cipro e in Mesopotamia.

Abbiamo ancora due dati importanti da esaminare.

Primo dato: se la mia ipotesi è vera, avremmo la conferma della tesi, portata avanti da molti scienziati, che anticamente la terra fosse abitata da Giganti , capaci di costruire siti megalitici e innalzare enormi piramidi. Se ipotizziamo che questa antica Madre appartenesse a razze aliene molto grandi, questo confermerebbe tutta la lettura del totem così come ho esposto.

Secondo dato: lo studioso Andrew Collins, nel libro già citato, afferma a pag. 271: “ Enki then provides clay to the womb goddess Nintu,also called Mami, who calls upon more womb goddesses to start molding togheter the blood of the god to create the first human beings… ”Chi era la dea Nintu? Chi erano le altre dee chiamate a lavorare l’argilla per creare gli esseri umani? Che cosa era questa strana argilla vivente che produceva altri esseri viventi? Forse Enki ha fornito alla Dea un altro tipo di materiale terrestre (la cosiddetta “argilla” appunto”) che consisteva in denso liquido seminale maschile, estratto dai primi ominidi?

L’argilla è un materiale vischioso, duttile, di colore marroncino…abbastanza simile al liquido seminale maschile, a mio parere. Se si fosse trattato di argilla vera anche Dei maschi avrebbero potuto portare a termine l’impresa, senza bisogno di Dee, ma Enki affida questo compito esclusivamente ad una dea, che era a capo di altre Dee, anzi di “womb Goddesses” cioè di “dee dell’utero”. La parola “utero” deriva dal latino “Uterus” che significa “otre, vaso”. Logico pensare, quindi, che queste Dee fossero preposte a fare nascere, nel proprio “vaso/utero” gli ibridi che erano stati programmati.

Probabilmente i tentativi furono vari, fino a che realizzarono il prototipo perfetto. Negli antichi testi mesopotamici, era scritto che, come gli artigiani, Ninhursag (detta anche Mami, Mama, Nintu o Nintur), impastò l’argilla per plasmare sette copie di sé stessa da mettere alla sua sinistra (donne) e sette, invece, alla sua destra (uomini). Appare semplice quindi pensare che le “womb Goddesses” fossero in numero di 14, sette preposte a fare nascere i maschi e sette le femmine. Inoltre, se è vero che la nostra antica progenitrice comune si chiamava Nintu o Nintur o, addirittura “Mami”, come non pensare anche al suono della parola che è rimasto invariato nei millenni e che risuona ancora nelle nostre orecchie con il nome più dolce che esista, cioè quello di “Mamma”?

A questo punto della nostra disamina, appare logico anche il fatto che, nel totem, proprio le due facce più antiche siano state distrutte: se le avessero lasciate, sarebbe apparso evidente a tutti (e senza bisogno di scritture varie), da dove tutti abbiamo avuto origine. Mi sembra altresì consequenziale che un tale totem fosse posto in un luogo così sacro. Se esso esprimeva in pietra l’origine reale della razza umana, nulla di più sacro si poteva concepire.

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